Lo sterminio linguistico in 1984 di George Orwell e l’importanza del linguaggio per Fiammetta Ricci

George Orwell in 1984 ci offre un importante spunto di riflessione. Nella sua opera troviamo infatti il mondo diviso in tre super potenze, l’Eurasia, l’Estasia e l’Oceania. Quest’ultima è governata da un Partito basato sui principi del Socing, ovvero un socialismo estremo, il cui comandante supremo è un misterioso dittatore di cui si conosce solo il volto, ovvero il Big Brother. Fiammetta Ricci ne dà una lettura particolare, prestando attenzione al contaminarsi continuo fra utopia (o distopia) e ideologia attraverso la chiave di lettura dell’intervento politico sulla lingua e, più profondamente, sul linguaggio. In particolare viene prestata attenzione alla creazione di una Neolingua e all’assoggettamento del pensiero attraverso il linguaggio stesso.

Il potere del linguaggio

Il linguaggio e la lingua forgiano e tramandano la nostra visione del mondo, la grammatica stessa di ciascuna lingua dà forma alle idee, influenzando la formazione del pensiero. È infatti possibile, attraverso la lingua e i codici linguistici di una società (o di una forma di governo), orientare il pensiero e l’azione dei suoi membri. In 1984, infatti, il potere politico si insinua nei pensieri, nelle fantasie, nei desideri e in ogni forma di relazione e di possibilità d’immaginazione del soggetto e della realtà di cui fa parte attraverso la desimbolizzazione e la resimbolizzazione. Riprendendo Hannah Arendt, essa in Vita Activa ci presenta il potere di perdonare e quello della promessa come i requisiti fondamentali contro la disumanizzazione, mentre il programma politico del Socing ha come priorità mettere fuori gioco proprio la possibilità di concepire, e di condividere, sia il perdono che la promessa, perseguendo invece la politica dell’odio e dell’impossibilità progettuale, sia collettiva che individuale, con l’obiettivo di isolare l’individuo, di rendere i rapporti sociali deboli e instabili, caratterizzati da paura e incertezza. In questo modo è possibile creare una diffidenza nei confronti dei legami sociali, che porta a una cieca e totale fedeltà nei confronti del Big Brother.

Ideologia e Utopia del linguaggio

Nel romanzo orwelliano viene rivelata la stretta correlazione che c’è fra ideologia del linguaggio e utopia del linguaggio. Quest’ultima rappresenta il desiderio di un altrove immaginario e rappresenta la possibilità della parola di riscrivere il reale, la sua capacità di individuare un progetto futuro del qui e dell’ora. Infatti guardando alla progettazione di utopie, è possibile capire molto dei tempi e delle società nelle quali esse vengono concepite, in quanto rappresentano un’alternativa, un rifugio in qualcosa di altro da quello con cui si è a contatto. In questo senso l’ideologia ha la funzione di conservare la struttura sociale, mentre l’utopia quella di cambiare la struttura sociale, sono quindi i due lati di una stessa medaglia. In 1984 è evidente come, attraverso l’imposizione della Neolingua, si cerchi non solo di aggiungere nuove parole, ma soprattutto di eliminarne alcune. L’obiettivo è quindi quello di creare un vuoto di significanza, ovvero una forte riduzione della ricchezza e della differenziazione lessicale e delle sfumature semantiche e l’eliminazione dei termini oppositivi (come ad esempio la parola sbuono al posto di cattivo). Togliendo infatti il mezzo con il quale esprimere un’idea o un pensiero, questi diventeranno impensabili e si auto-dissolveranno in quanto indicibili.

1984 oggi

Orwell con 1984 vuole invitarci a prestare attenzione e a cogliere i segnali nel e del linguaggio (politico e non) come indizi e specchi del pensiero e soprattutto suggerirci di chiederci per quale motivo è stato usato un certo termine e non un altro in un determinato contesto.

Pietro Salciarini

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