“Impermanenza” la chiamano i Buddhisti, “Divenire” invece i Greci antichi. Si tratta del continuo subbuglio che lo scorrere del tempo causa alla realtà. L’uomo possiede la speranza vana nel suo subconscio, che sia possibile trovare un equilibrio nella propria vita, che sia possibile che le cose rimangano tali e quali a come sono per sempre. E per corroborare ciò fa a pugni con il divenire, cercando con tutto sé stesso di ignorarlo, ma venendo infine inesorabilmente trascinato dal fiume degli eventi da un capitolo all’altro della sua vita. Che questo sia un bene è indubbio, o la vita perderebbe di fascino. È altrettanto evidente però che si tratti di un’arma a doppio taglio.
Elio, il diciassettenne protagonista dell’ultimo film di Luca Guadagnino, “Call me by your name”, sedutosi di fronte al fuoco del caminetto di casa, nell’ultima profonda scena della pellicola, lascia scorrere nella sua mente i ricordi dell’estate precedente, quando per scaldarsi bastava il sole.
Due stagioni, estate ed inverno e due Elio differenti. In mezzo ai colli Cremaschi, in un paesaggio verdeggiante, il ragazzo passava le sue vacanze studiando musica, finché l’entrata in scena di Oliver, un americano di qualche anno più maturo, ora suo coinquilino sconvolge la sua vita ed i suoi sentimenti. L’amore che Elio prova per Oliver non è mai esplicito, forse anche impedito dalla concezione delle relazioni omosessuali che negli anni 80 imperversava in un’ Italia ancora intrisa dal pregiudizio. Una concezione che però non è propria dei genitori del ragazzo, una coppia di ebrei molto colti, impegnati nel settore dell’archeologia e dagli ideali parecchio aperti, tanto da incitare piuttosto che sedare l’amore tra i due.
Ciò che inizialmente blocca Elio è la gelosia per l’americano, il quale sembra disinteressato e più propenso al libertinaggio. Ma dopo svariate illusioni e disillusioni, ripicche e contrattacchi, al termine di una romantica gita in bici nelle campagne lombarde, il fatto che i sentimenti del ragazzo siano condivisi risulta chiaro ed il film si trasforma in una camuffata corsa contro il tempo in cui i due cercano di godersi l’ultima manciata di giorni assieme dando sfogo alla loro passione. Infatti l’estate è agli sgoccioli ed il viaggio di Oliver in Italia sta per finire.
Arriva qui la riflessione angosciata di Elio: “avrei dovuto capirlo prima”. Sarebbe potuto durare di più. Eppure tutto termina dopo tre giorni romantici a Bergamo, che i due passano in solitudine. Tutto termina quando il treno lascia la stazione e nemmeno un bacio tra i due viene concesso per salutarsi. Subito dopo la voce singhiozzante di Elio telefona alla madre per chiedere di riportarlo a casa, quella casa che è sempre la stessa ma che non sarà più come prima, perché le sue pareti sono ora impregnate di eventi che l’arrivo dell’autunno spazzerà via con una sferzata di vento.
“Quando meno te lo aspetti la natura trova subdolamente i nostri punti deboli” esordisce il padre esibendo un saggio monologo per riassumere la trama intera del film “Forse ora non vorresti provare nulla o non avresti mai voluto provare nulla. Adesso c’è dolore, pena, soffocamento e ovviamente gioia per ciò che è stato.“.
È giusto soffrire, non è giusto passare sopra ai sentimenti. Questo è il significato ultimo del film. Elio vestito in maniera più pesante si fa strada in mezzo alla neve, quella stessa acqua che ora gelida, evita coprendosi con un cappotto ma che l’estate prima concedeva che lo bagnasse mentre si tuffava in piscina. Tornato a casa riceve la telefonata da parte di Oliver, il quale gli annuncia che a breve si sposerà e qui comprende quanto il tempo gli ha portato via, ma anche quanto è bello ricordare. Accucciato al caminetto, che rievoca in lui il calore dell’estate, Elio osserva quello stesso fuoco che per il filosofo Eraclito era il simbolo della vita e del cambiamento e che con sole due parole sarebbe riuscito a riassumere l’intera pellicola: panta rei, tutto scorre.
Willard Zanini