L’asteroide potenzialmente pericoloso 1998 HL1 si è avvicinato alla Terra alle 19:21 del 25 ottobre ed è stato una vera attrazione per gli astrofili italiani.

La sera del 25 ottobre l’asteroide 1998 HL1 ha compiuto un passaggio ravvicinato col nostro pianeta, transitando a 6.2 milioni di chilometri di distanza, circa 16 volte lo spazio che separa la Terra e la Luna (un’unità di misura definita LD – Lunar Distance) viaggiando a una velocità di 40 mila chilometri orari.
Il passaggio dell’asteroide e l’osservazione dell’Unione Astrofili Italiani
Il 1998 HL1 viene definito “potenzialmente pericoloso”. Con questa terminologia si vuole indicare una categoria di asteroidi dal diametro di almeno 100 metri che transitano entro la distanza di 7.5 milioni di chilometri col nostro pianeta. Negli ambienti dell’Unione Astrofili Italiani l’avvicinamento dell’asteroide era noto da tempo. Le sue caratteristiche lo rendevano particolarmente adatto all’osservazione al telescopio. In situazioni come questa, il contributo fornito dall’associazione risulta determinante. I potenti telescopi professionali, infatti, non possono seguire tutti gli asteroidi in avvicinamento, mentre lo può fare una rete di piccoli telescopi gestita da un gruppo di appassionati. Le informazioni ricavate dall’osservazione sono poi utilizzate per migliorare i dati e le conoscenze circa questi corpi celesti. Sarà possibile scoprire la forma tridimensionale dell’asteroide (al momento si sa solamente che il suo diametro è compreso tra 400 e 900 metri), la sua origine e i materiali di cui è composto.
Il ritorno di un passaggio ravvicinato dell’asteroide è previsto per la fine di ottobre del 2051. Tale previsione è disponibile grazie alla meccanica orbitale, materia che permette lo studio dell’energia gravitazionale dei corpi celesti e ne ricava le orbite. In questo articolo non ci occuperemo di questo aspetto. Semplicemente, sfrutteremo il passaggio dell’asteroide per poter illustrare il concetto di inerzia dei corpi.
Il concetto di inerzia: perché i corpi nello spazio non si fermano?
La domanda con la quale iniziamo la nostra trattazione è: come mai i corpi nello spazio non si fermano? L’esperienza quotidiana, infatti, ci dice che per mantenere un oggetto in movimento è necessario applicargli una forza. Un’automobile, per esempio, si muove solo se c’è un motore che la spinge. Se il motore si spegne, dopo un po’, il veicolo si fermerà. Allo stesso modo, una bicicletta si muove solamente se il ciclista continua a pedalare. Se dovesse improvvisamente smettere, prima o poi la bicicletta finirà col fermarsi. Sembra quindi chiaro che per mantenere un corpo in movimento sia necessaria l’azione di una forza (come quella sviluppata da un motore).
Ciò che abbiamo appena ipotizzato non è vero. È un’impressione sbagliata che abbiamo perché gli oggetti, quando si muovono sulla Terra, incontrano la resistenza delle forze di attrito. Nel caso dell’automobile essa incontra l’attrito tra le ruote e l’asfalto, nonché l’azione di resistenza dell’aria (detta forza di drag). Se riuscissimo a eliminare l’attrito, il nostro modo di concepire il moto dei corpi muterebbe radicalmente.
Immaginiamo, per esempio, un pattinatore sul ghiaccio. Il sottile film d’acqua liquida che si forma tra la lama del pattino e la superficie ghiacciata della pista genera una condizione di bassissimo attrito. In queste condizioni, il pattinatore tenderà a muoversi di moto rettilineo uniforme. In parole più comprensibili, il pattinatore si muoverà lungo una traiettoria rettilinea e a velocità costante. Questa constatazione è il motivo per cui i corpi nello spazio non si fermano. In natura, in assenza di forze di attrito (come nello spazio o su una pista di ghiaccio) se un corpo si muove in una certa direzione, con una certa velocità, continuerà a farlo. Questa tendenza naturale dei corpi si definisce inerzia.

La cintura di sicurezza: tre esempi di inerzia legati all’automobile
Il concetto di inerzia, sulla Terra, è tutt’altro che scontato. La sua osservazione, in un mondo governato dagli attriti, risulta praticamente impossibile, o molto rara. Un esempio di inerzia risulta visibile in un’automobile, in tre situazioni distinte. La prima è quando si sta viaggiando a velocità sostenuta e, improvvisamente, si è costretti a frenare. La tendenza dei passeggeri è quella di essere sbalzati in avanti rispetto al sedile. Quello che sta succedendo è molto semplice: mentre l’automobile subisce la decelerazione, il passeggero tende a proseguire con la velocità iniziale del veicolo, quella precedente alla decelerazione. Questo è il motivo dell’importanza delle cinture di sicurezza. Il secondo esempio è la controparte di quello appena illustrato. Se l’automobile è ferma e all’improvviso accelera bruscamente, i passeggeri si ritrovano incollati al sedile. Questo perché il passeggero tende sempre a proseguire con la velocità iniziale del veicolo (in questo caso nulla), mentre il veicolo stesso sta accelerando. Infine, il terzo esempio è il comportamento dell’automobile quando approccia una curva. Mentre il veicolo modifica la sua traiettoria, passando dal rettilineo alla curva, la tendenza dei passeggeri è quella di continuare a muoversi lungo una linea retta. Questo è il motivo per cui, durante una curva, ci si ritrova sbalzati all’esterno della curva stessa.
Questi tre esempi, oltre a illustrare il principio di inerzia, si rifanno a un’unica teoria, di fondamentale importanza per la meccanica classica. Stiamo parlando della relatività galileiana.

Il primo principio della dinamica: Aristotele, Galileo e Newton
Fu infatti Galileo il primo a intuire che la dinamica dei corpi fosse governata dall’inerzia. Prima di allora, come riportato nel secondo paragrafo, l’osservazione aveva portato a concludere che un corpo potesse muoversi solo in presenza di forze e che la sua naturale tendenza fosse lo stato di quiete. Questo principio era stato illustrato da Aristotele nel suo trattato di otto libri dal titolo Fisica. Con il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, invece, Galileo introdusse i concetti che poi avrebbero dato origine al primo principio della dinamica. Fu infine Newton a formalizzare il principio in un modo simile a quello che conosciamo oggi.
Infine, furono sempre Newton e Galileo a scoprire che l’inerzia di un corpo era collegata alla sua massa. Maggiore è la massa di un corpo, maggiore è la sua inerzia. Per poter comprendere questo concetto è sufficiente un semplice esempio. Un tir, quando frena, fa molta più fatica a fermarsi rispetto a un’automobile di piccole dimensioni. Questo perché la massa del tir, collegata alla sua inerzia, è molto maggiore di quella dell’automobile e quindi maggiore sarà la sua tendenza a proseguire di moto rettilineo uniforme.
Qui si potrebbe aprire un capitolo interessante su cosa sia la massa. Ci potremmo chiedere se la massa legata all’inerzia sia la stessa massa legata alla gravità. Dubbi più che leciti, visto che assillarono anche Galileo e Newton. Questa, però, è un’altra storia.

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