L’identità nell’anonimato: Banksy e il concetto di individuo in Hannah Arendt

La notizia che scatena discussione

Risale a pochi giorni fa la notizia secondo cui l’artista inglese Banksy si sarebbe trovato a Venezia per esporre in Piazza San Marco una sua opera. È lo stesso pittore a rivendicare il blitz veneziano tramite la pubblicazione di un video, il quale oltre all’opera in sè mostra l’ntervento di alcuni agenti di polizia che, dopo aver verificato la mancanza di autorizzazione, hanno allontanato il writer costringendolo anzitempo a interrompere la sua esposizione.

Tale accaduto ha portato il nome di Banksy sulla bocca di molti e ha creato accese discussioni sui social, spostando l’attenzione dall’opera esposta, raffigurante una nave da crociera in Canal Grande, alla figura dell’artista.

Nella foto l’artista viene costretto a lasciare la Piazza.

Il paradosso dell’anonimato

È utile innanzitutto tracciare un contorno della figura dell’inglese: conosciuto per le sue opere di critica sociale e per l’originalitá nelle sue esposizioni, viene considerato da molti un artista geniale e ricco di significati e messaggi, i quali vengono trasmessi direttamente dai suoi lavori, resi protagonisti di tutta la sua produzione grazie alla volontá dell’autore di rimanere totalmente anonimo.

Proprio quest’ultima caratteristica della sua attività porta tuttavia alla creazione di quello che può essere a tutti gli effetti considerato un paradosso: in che modo il writer inglese riesce, in una società come la nostra così legata al culto dell’immagine, a essere una figura senza volto e senza identità e allo stesso tempo una delle persone più influenti e più discusse degli ultimi anni?

La spiegazione della Arendt

Per rispondere è utile domandarsi innanzitutto che cosa sia l’identitá e come essa venga a costituirsi: la soluzione a questo problema si può trovare nel modello esplicativo operato da Hannah Arendt all’interno del suo saggio “Vita Activa”.

La filosofa tedesca nel momento in cui si interroga riguardo a cosa sia ciò che caratterizza un uomo e lo rende diverso all’interno delle relazioni sociali da tutti gli altri, traccia infatti una sottile distinzione tra i due tipi di attività che si possono compiere: opere e azioni.

Mentre le prime si caratterizzano per essere indirizzate a un fine e prendere da quest’ultimo il loro statuto particolare, le seconde nascono da una situazione priva di alcun tipo di necessità o bisogno, provenendo dall’intenzionalità incondizionata del loro artefice. Caratteristica fondamentale dell’azione è inoltre il suo essere indissolubilmente legata a chi la compie e, proprio per questo, essa, e non l’opera, è ciò che rende l’uomo un individuo particolare e non più parte della massa indistinta.

Utilizzando questo modo di vedere le cose è ora opportuno dire che il paradosso per cui Banksy si trova in una situazione di anonimato e allo stesso tempo di enorme popolarità è risolto: la sua attività infatti si configura in ultima analisi come espressione contemporanea delle caratteristiche proprie sia di opere che di azioni.

In questo modo da una parte il messaggio sussiste senza bisogno del suo autore e permette all’artista di rimanere anonimo, dall’altra esso si trova ad essere inestricabilmente legato al suo artefice e diventa così portatore diretto dei concetti di quest’ultimo e della sua identità.

Visto attraverso il concetto di azione come qualificante l’artista inglese non solo non risulta più propriamente anonimo ma anzi, attraverso la doppia caratterizzazione del proprio messaggio, egli riesce a costruisce la propria identità mettendo sotto i riflettori le proprie idee pur rimanendo dietro a un sipario che non si è ancora mai aperto e forse mai si aprirà.

Davide Zanettin

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