Dove sta andando la nostra identità di essere umani? Che scelte siamo chiamati a fare per avere ancora un posto in questo mondo? Cos’è veramente il nostro corpo? Queste sono le domande che fondano il nostro guardare al domani e il nostro agire oggi.
In questa riflessione prendiamo spunto dalla serie tv Westworld per analizzare alcune tematiche della linea postumanista. La miglior guida che ci permette di fare questo percorso con la giusta lente è il filosofo Michel Serres.
Westworld, un mondo di trasformazioni
La serie tv Westworld è ambientata in un parco artificiale creato da Robert Ford e dal suo collega Arnold. Il parco è concepito al fine di permettere ad ogni visitatore di intraprendere vere e proprie storie immersive vestendo i panni di un cowboy nel selvaggio west e interagendo con dei cyborg con fattezze perfettamente umane. Ovviamente questi cyborg, pur rispettando la massima realisticità in aspetto e comportamenti, non sono altro che software programmati, sequenze di codici atti ad indirizzare ogni azione in base ad ogni reazione esterna. Per la gran parte dei visitatori del parco il vero divertimento non sono tanto le migliaia di quest offerte quanto l’esprimere ogni loro pulsione animalesca sui cyborg, che da ora chiameremo “abitanti”. Omicidi, torture, stupri e molto altro sono costretti a sopportare gli abitanti a causa delle angherie dei visitatori, ecco che gli umani sono sempre meno umani ma gli abitanti? Che storia hanno gli abitanti? Si potrebbe pensare che essendo loro dei programmi informatici hanno già tutto prestabilito ma la serie riserverà molte sorprese proprio in questo senso. In questo scritto non entriamo nei dettagli della trama ma evidenziamo solo degli aspetti fondamentali al fine del discorso. Con questi cenni di contesto si vuol far intuire che durante la storia uomini e cyborg non intratterranno solo interazioni indipendenti ma istituiranno un vero e proprio scambio vitale, permeando così le loro identità reciproche con caratteristiche dell’uno e dell’altro mondo. Chiunque guarderà questa serie con sguardo critico noterà che le problematiche di ricerca che da essa sgorgano sono molteplici. Cos’è la coscienza? Qual è il ruolo dei ricordi? La mente è un navigatore ai posti di comando o dobbiamo parlare di mente incorporata? L’informatica può programmare una consapevolezza? Davvero tante domande, alcune folli, altre meno, ma in questa sede prendiamo in esame solo una domanda ovvero “Qual è il confine che esiste oggi tra uomo e macchina?”.
Il postumano e Michel Serres
Michel Serres, il filosofo francese del postumano che da poco ha abbandonato questo mondo lasciandoci in eredità la visione più adeguata per interpretarlo. Come premessa al nostro discorso occorre capire su quale sfondo si staglia il problema, quale sia lo scenario inteso da Serres, nel quale si va ad inserire la nostra domanda. Secondo Serres occorre estendere il contratto sociale e stabilire un contratto naturale, un contratto di rispetto della natura al fine di garantire la salvaguardia reciproca dei due contraenti ma soprattutto al fine di giungere ad una visione nuova. Non dobbiamo interpretare questa posizione come una mera istanza ecologista ma come una vera e propria rivoluzione ontologica. Tale visione intende annullare i tipici dualismi uomo-natura, uomo-tecnica, natura tecnica e porre nel segno della natura tutto ciò che fa parte dello scorrere del tempo come evoluzione non lineare. Nella prospettiva serresiana svanisce l’impostazione gerarchica soggetto/oggetto come svanisce la distinzione stessa tra soggetto e oggetto. Tutto è soggetto che interagisce con altri soggetti, che con altri soggetti instaura scambi continui e che con altri soggetti partecipa all’evoluzione. Un soggetto che intende rispondere a tutto questo non può essere monolitico, non può avere un’identità rigida e definita ma deve essere uno sfondo di continui scambi informativi ed evolutivi, una porta di accesso verso l’altro che con l’altro va facendosi di volta in volta. Leggendo queste parole dobbiamo avvertire una vera e propria miscela della vita che si insinua nel nostro essere come nel nostro camminare più concreto. Ogni interazione genera scambio e trasformazione, un essere aperti per andare e un incontrare per tornare a noi stessi rinnovati. Per fare un esempio concreto che chiarisca il concetto di evoluzione non lineare che si fonda sulla miscela, parliamo dell’uomo primitivo che scopre il fuoco. Tipicamente gli uomini primitivi erano provvisti di una densa peluria per proteggersi dal freddo, ma dopo la scoperta del fuoco e l’invezione dei vestiti questa peluria è andata sempre più rarefacendosi ridefinendo totalmente la sua funzione e la sua rilevanza proprio dal punto di vista biologico. Questo esempio ci permette non solo di far vedere l’evoluzione fondata sulla miscela nella sua parte più tangibile ma anche di rivelare l’intreccio di uomo, natura e tecnica che ormai ha portato a tre soggetti inscindibili.
Con queste premesse ci possiamo già immaginare quale idea di “confine” aspettarci. Un confine non di barriera ma di incontro biologico-percettivo, socio-culturale, un incontro ontologicamente fondato e non legato alle circostanze. Il confine è terra d’incontro, per questo le sue caratteristiche più autentiche sono l’apertura, l’elasticità, la mutevolezza, l’adattabilità. Eppure il confine non deve mai svanire perchè senza confine non c’è scambio, ecco che non vi è movimento perciò nemmeno evoluzione. L’esempio classico di confine che troviamo in Serres è la nostra pelle, lo sfondo in cui si staglia ogni scambio percettivo, la porta bidirezionale che ci fa, come direbbe Heidegger, “abitare il mondo”. Anche solo dal concetto di pelle come terra così fondamentale e centrale si può immaginare come una mente intesa come coscienzialità pura non sia adatta a queste categorie. Per entrare pienamente in questa atmosfera dobbiamo pensare ad una mente incorporata, una mente-corpo che si fa col corpo, che è corpo. Ecco che non ha neanche più senso parlare di psicosomatica perchè anche solo parlare di interazione tra mente e corpo significherebbe porre una distinzione che non esiste.
Il corpo del futuro
Continuando con i nuovi strumenti appresi sul percorso della nostra domanda iniziale “qual è il confine che esiste oggi tra uomo e macchina?”, notiamo come questo confine come terra di incontro sia, in questo momento, più affollato che mai. Gli esseri umani hanno di base tre caratteristiche che li distinguono dalle macchine ovvero la creatività, il senso dell’ironia e soprattutto la gestione delle metafore. Nonostante ciò anche noi esseri umani abbiamo da sempre programmati e programmato degli automatismi che possiamo osservare nella nostra vita quotidiana, ci sono automatismi di base come il respirare e automatismi inseriti da noi stessi come l’imparare a guidare. Con l’era della tecnologia questa ibridazione con l’uomo è sempre più permeante e gli oggetti della tecnologia sono sempre più prolungamenti del corpo umano, parti del corpo umano più che meri accessori sostitutivi di certe funzioni. Pensiamo a cosa sia per noi lo smartphone oggi, se davvero gli possiamo dare il carattere di utilizzabilità del telefono nei decenni passati. La nostra vita è trasformata da questi incontri, il nostro essere è trasformato da questi incontri, la tecnologia è dentro di noi e lo sarà sempre di più. Pensiamo alla ricerca medica sui nanobot, piccolissimi robot che circoleranno nel nostro sangue per riparare ogni cellula difettosa, con questa tecnologia si immagina di poter eliminare ogni malattia e addirittura l’invecchiamento andando ad intervenire su parti specifiche del nostro dna. Esplorando nuovi orizzonti possiamo anche lasciare il postumano e la sua mente incorporata per giungere ad un transumano che nella ricerca concreta sperimenta l’uploading mind, già oggi nei topi bianchi. L’uploading mind è il caricamento di ricordi da una mente ad un’altra, l’intento sarà non solo di trasferire ciò negli esseri umani ma anche di estendere questo trasferimento a tutta la mente, ovviamente per questa prospettiva il retroterra è una mente navigatore in cabina di comando con una sua purezza esclusiva. Si sogna un mondo in cui saremo corpi digitali inseriti in un metaverso virtuale contenuto in degli hardware mastodontici. In questo modo potremo spostarci ovunque nello spazio e nel tempo, potremo possedere all’istante ogni conoscenza, potremo utilizzare ogni conoscenza con il potere di una coscienza globale, potremo assaporare la vita eterna. In ultimo potremo condannare Dio alla solitudine eterna…ma saremo ancora umani?