Quando le opinioni del pubblico vengono taciute da un diritto, quello di essere dimenticati.
Cancellare, come quando commetti un errore di ortografia. Anche una persona, in verità, la si potrebbe cancellare, senza tuttavia toccarla. Quando non incroci più i suoi occhi, quando non senti più il suo nome. Come il più abile degli assassini, eliminare qualsiasi traccia che potrebbe trasformarsi in un indizio, in una prova per renderti colpevole di quanto commesso. Ma quando un tribunale ti scagiona da ogni accusa, le leggi dell’opinione pubblica ti condanneranno.
UN CRIMINE SENZA COLPEVOLE: LA SCOMPARSA DI DENISE PIPITONE
Siamo a Mazara del Vallo, un comune che si affaccia sul Mar Mediterraneo e che deve il suo nome al fiume Màzaro. Soltanto 200 km separano la città dalle vicine coste tunisine del Nord Africa. Il clima però, è ben diverso, perché mentre sulle coste tunisine l’estate sembra non essersi ancora conclusa, a Mazara del Vallo i bambini tornano a scuola, gli adulti a lavoro. Kevin Pipitone, un bambino di 10 anni, cominciava ad andare a dormire presto, nonostante continuasse a svegliarsi tardi. La madre, Piera Maggio, si era iscritta ad un corso d’informatica. Il 1º settembre del 2004 le lezioni, infatti, sarebbero ricominciate anche per lei. Oltre Kevin, Piera ha un’altra figlia, di nome Denise. Per lei, al momento, niente asilo. Può godersi ancora i suoi giocattoli e il resto della famiglia. Quella mattina, saluta la madre che, a bordo della propria auto, si avvia per andare a quel corso d’informatica. Passa quella mattina prima con lo zio, che la porta in girò per la città, e poi con la nonna materna, con cui probabilmente comincerà ad annoiarsi. La nonna deve preparare il pranzo, mentre Denise vorrebbe ancora giocare. Ad un certo punto il cuginetto, coetaneo di Kevin, entra nella porta garage. Probabilmente, stava cercando proprio Kevin, che stava ancora dormendo. Non trovandolo, si allontana, ma Denise lo segue. Il cuginetto raggiunge casa, ma Denise non entra. Torna indietro. Gira l’angolo della propria abitazione in Via Domenico la Bruna e scompare nel silenzio di quell’incrocio, dove tutti erano intenti a preparare il pranzo. Anche la nonna di Denise, che ha appena messo a tavola i due piatti di pasta con le lenticchie. La chiama, ma non risponde. La cerca, ma niente. La pasta con le lenticchie inizia a raffreddarsi. Chiama la polizia. La notizia della scomparsa viene data nel primo pomeriggio da un telegiornale locale. Qualche giorno dopo sarebbe andato in onda Chi l’ha visto?, per la prima volta condotto da Federica Sciarelli. Tra i volti degli scomparsi, c’è anche il viso di Denise, una bambina di quasi quattro anni, con due codine e una canottiera colorata. Passano i mesi, gli anni, il primo decennio, ma di Denise nessuna traccia. Ci sarà un processo indiziario che vedrà sul tavolo degli imputati Jessica Pulizzi, la sorellastra di Denise, il primo nome che pronuncerà Piera agli inquirenti. Si, perché il padre biologico della bambina è in realtà Piero Pulizzi, non Toni Pipitone, marito di Piera. L’accusa è durissima: l’avrebbe rapita per gelosia, per dimostrare al padre che anche lei, Jessica, contasse come figlia. Con lei, anche la madre Anna Corona. Il processo durerà anni, ma porterà all’assoluzione dell’imputata in tutti e tre i gradi di giudizio. Il procedimento della madre andrà archiviato. Si volta pagina, ma non per Piera, tantomeno per l’opinione pubblica: la colpevole è lei con la complicità della madre. Partono inchieste parallele, ognuno si fa una propria opinione. Le piste parallele, come il ruolo dei rom e dell’imbarco di una bambina su una nave diretta in Tunisia, ma non convinceranno nessuno. Ci sono tutti gli elementi per condannarli, ma per il Tribunale non basta.
IL PROCESSO GIUDIZIARIO (E QUELLO MEDIATICO)
Jessica Polizzi e la madre Anna Corona, non sono due estranee che si sono introdotte improvvisamente nella vita di Piera Maggio. La accusarono di essere una sfascia famiglie, una poco di buono, perché sottrasse alle loro vite l’uomo di casa, il padre di famiglia. La seguono, le bucano le ruote della macchina. Bruciano persino l’erboristeria della sorella. Ma Piera sembra non piegarsi a nulla. Finchè non toccano i suoi due bambini, tutto è sopportabile. Il PM pensa che, data l’indifferenza che Piera dimostra nei confronti di Anna Corona e della figlia, decidano di colpire ciò che le sta più a cuore, ovvero la bambina ‘’con gli occhi come i miei’’ dirà Jessica in commissariato non sapendo di essere intercettata dagli inquirenti. Sempre in quella circostanza dirà ‘’a casa cia purtai’’ che per l’accusa è più che una prova: è una confessione. Inizia il processo, quello giudiziario, e, nel mentre, se ne apre un altro, quello mediatico. Programmi come il già citato Chi l’ha visto? cominciano a raccogliere prove, testimonianze, tutti elementi che sarebbero stati utilizzati come prove durante il processo. Molte cose, infatti, non tornano: Anna Corona, che non è solita fare spostamenti, la sua cella telefonica la registra a Carini, Palermo, a più di 100 km da Mazara, nella notte tra il 1º ed il 2 settembre. Il giorno della scomparsa della bambina, Anna Corona firma sul registro presenze del lavoro di essere uscita alle 15:30. A seguito di una perizia grafica, si scoprirà che quella non fosse la sua calligrafia. Quando i carabinieri le fanno visita per una perquisizione, li fa accomodare nella casa della vicina, spacciandola per propria. Vengono fuori gli stretti rapporti che aveva stretto con persone che lavoravano presso il commissariato di Mazara. Jessica, la principale sospettata, cambierà più volte versione. Anche il fidanzato dell’epoca, Gaspare Ghaleb, sarà indagato, ma soltanto per false dichiarazioni al PM. Nel Tribunale di Marsala entrerà anche il sordomuto Battista Della Chiave, che testimonia di aver visto la bambina in braccio al nipote e che quest’ultimo ebbe numerosi contatti con Anna Corona. Nonostante le pesanti prove e le ambigue coincidenze, per il Tribunale di Marsala non sono colpevoli. Le prove si trasformano in indizi, mentre il movente sarebbe facilmente contestabile. Non ci sarebbe connessione tra l’odio di Jessica nei confronti di Piera Maggio e la scomparsa della bambina. Giacomo Frazzitta, l’avvocato di Piera Maggio, dichiarerà di rispettare la sentenza perché, come tale, non può essere commentata. Jessica Pulizzi verrà assolta in tutti i tre gradi di giudizio, scomparendo dagli occhi della gente e dalle telecamere. Per il suo avvocato Giacchino Sbacchi, ha il diritto di ricostruirsi una vita e di essere dimenticata. Esiste un diritto che potrebbe persino tutelarla?
CANCELLARE UN NOME, UNA PERSONA, UNA VICENDA
Nel 2021 il nome di Jessica e della madre tornerà sulla bocca dei giornalisti e nelle carte della Procura. Dopo anni di silenzio, arriva una segnalazione di Denise in Russia. L’occasione è perfetta per tornare a parlare del caso e per scrivere articoli che ricostruiscono la tortuosa storia giudiziaria della minore, una delle più costose nella storia del nostro paese. La rabbia dell’opinione pubblica per questa amnesia finalmente conclusosi, sarà talmente tanta da cercare i profili social di Jessica per insultarla e per far quasi perdere il nuovo lavoro da bidella alla madre. Le informazioni sulla vita privata delle persone, che possono ledere alla loro reputazione, non dovrebbero circolare in rete a tal punto da poter provare paura per la propria incolumità. È stato così riconosciuto per via giurisprudenziale, un diritto all’oblio, l’unica carta che resta da giocare per una persona che vorrebbe ricominciare a vivere. Quando parliamo di diritto all’oblio, quest’ultimo era molto più facile da comprendere nel mondo analogico, poichè nel mondo digitale diventa difficile da applicare. Siamo tutti esposti a tutto. Il diritto all’oblio è diventato ancora più complesso e si è arricchito di ulteriori temi come il diritto all’ aggiornamento dell’informazione, che obbliga la notizia ad essere aggiornata, facendo viaggiare fake news e malformazione sul medesimo binario. Se i giornalisti avessero sottolineato l’innocenza della ragazza poiché assolta in tre gradi di giudizio, probabilmente ciò non sarebbe accaduto. Infatti, dopo il buco nell’acqua creatosi per quella segnalazione risultata poi errata, i principali programmi di cronaca nera italiana sono tornati sulla vicenda. Giornalisti che attendevano Anna Corona davanti casa, Jessica Pulizzi nel mirino dei social network. L’opinione pubblica difficilmente riesce ad applicare tale diritto, soprattutto quando c’è di mezzo una bambina a cui è stato sottratto l’amore di una madre. L’ambiguità del diritto in questione sta nel fatto che mentre le sentenze restano incontentabili poiché tali, il diritto all’oblio ci obbliga a non indagare ulteriormente nella vita della principale sospettata. Scompare quindi anche lei, oltre Denise. Tuttavia, mentre il diritto all’oblio ci obbliga a dimenticare Jessica Pulizzi, lo stesso non vale per Denise, per quei suoi due occhietti vispi, per la sua voce di bimba che canta ”Palloncino blu, su su su” e per quel viso da bambina che non ha conosciuto la vecchiaia.