Un approfondimento del concetto filosofico di aleph in Borges in relazione al teorema di incomplettezza di Godel, da cui trae ispirazione.
L’Aleph nella versione italiana edita da Adelphi
Aleph: non è solo una fra le più belle raccolte di racconti di Borges o lo zero dell’alfabeto ebraico, ma una vera e propria idea filosofica. Per Borges è il numero più piccolo che si può concepire, una sorta di atomo, un punto di inizio verso cui tutte le cose fanno ritorno e a cui tutte le cose tendono: lo ‘’specchio’’ che racchiude ogni cosa. E anche se può racchiudere ogni cosa, però, ce n’è una che non potrà mai contenere: se stesso. L’Aleph è contenitore incompleto che tiene in sé tutto il mondo ma non se stesso, e non contenendo se stesso non può – effettivamente – contenere davvero tutto. Rimane sempre, perciò, uno scarto. Ed è in quello scarto che risiede la nostra libertà: e la sola libertà che abbiamo, secondo Borges, è quella di dare alla vita il senso che vogliamo. Se lo specchio-Aleph racchiude tutto, se lo specchio-Aleph spiega tutto ciò che può racchiudere, non potrà mai spiegare se stesso. E questa per Borges è la vita. Un’idea che ha a che fare con la matematica di Gödel e con l’arte di Escher, e con l’idea che l’incompleto può avere un suo senso: e anzi, è solo nel momento in cui qualcosa manca di senso che ci è data la possibilità di conferirgliene uno.
L’Aleph
L’Aleph, da cui il titolo della raccolta di racconti del maestro argentino, è l’immagine del mondo che contiene se stessa, un contenitore al cui interno c’è tutto quanto l’universo. Ma costituisce un paradosso: perché il contenitore con dentro l’universo non contiene se stesso e quindi non contiene, propriamente, tutto: il che ci riporta ad un continuo rimando, a un contesto infinito. L’infinito a questo punto non è nulla se non la realtà: poiché, di fatti, la realtà non riesce mai a includere completamente se stessa e per questo cerca continuamente di andare oltre se stessa. E questo la rende infinita.
Jorge Luis Borges (1899-1986)
Il teorema di incompletezza di Gödel
Kurt Gödel era un logico, matematico e filosofo del Novecento convinto che tutti i sistemi matematici fossero in qualche modo incompleti. Per capire cosa intendeva con ‘’incompletezza di tutti i sistemi matematici’’ dobbiamo fare un piccolo esperimento di logica. Come segue. Nel momento in cui dico ”questa frase è falsa”, la frase che ho appena detto è vera o falsa? Si capirà molto velocemente che in effetti si incappa in una contraddizione: poiché se è vero che ‘’questa frase è falsa’’, e quindi se la frase è vera, essa è falsa; al contrario, se è falsa quel che dice di sé è vero. Cosa ci vuole dire Gödel con questo piccolo test di logica? Che dimostrare la coerenza di un sistema non può essere fatto all’interno del sistema stesso; esso potrà anche dimostrare tutto, ma mai se stesso. Esattamente come l’Aleph-specchio di Borges, tranne che Borges la riferiva alla vita.
Kurt Gödel (1906-1978)
Il senso delle cose
Anche se vi fosse un sistema in grado di racchiudere ogni singola cosa dell’universo, anche se vi fosse un sistema in grado di contenere ben chiari tutti i singoli eventi, persone, oggetti della nostra vita, questo contenitore non sarebbe mai completo perché non può contenere se stesso. L’unica cosa che perciò rimane inspiegata è il contenitore stesso: l’Aleph. Esattamente come nei sistemi matematici dichiarati incompleti da Gödel, così anche la vita può spiegare ogni suo contenuto ma mai se stessa. E tuttavia è proprio questa sua incompletezza, questa sua mancanza di un senso prestabilito a darci la possibilità – o meglio, la libertà – di essere noi stessi a decidere il significato che vogliamo attribuirle. A decidere che cosa è effettivamente il nostro contenitore, il nostro senso, il nostro Aleph.