La società di Black Clover: un esempio perfetto dell’aristocrazia naturale descritta da John Rawls

Black Clover non è solo un semplice shōnen ma mette in scena un modello di società che fu descritto quasi cinquant’anni fa da uno dei più importanti filosofi politici del ‘900.

Asta, il protagonista di Black Clover (Fonte: Project Nerd)

Black Clover è un manga scritto e disegnato da Yūki Tabata pubblicato sulla rivista Weekly Shōnen Jump dal 2015, nel 2017 ha ricevuto un adattamento anime prodotto da Xebec. La storia segue la trama di un tipico shōnen: è l’avventura di Asta, un ragazzo che sogna di diventare l’Imperatore Magico, ovvero la più alta carica dei Cavalieri Magici: i guerrieri che hanno il compito di proteggere il Regno di Clover. Il problema è che Asta (tipico “underdog” alla Naruto / Deku) non ha poteri magici ma nonostante ciò riuscirà comunque nella sua impresa. Ovviamente (essendo uno shōnen) i combattimenti e i poteri la fanno da padrone: non ci aspetteremmo mai nulla di intellettualmente profondo… E invece ci sbagliamo! Infatti, la società rappresentata in Black Clover è l’esempio perfetto dell’aristocrazia naturale: una concezione di giustizia descritta dal filosofo John Rawls nel suo saggio “Una Teoria della Giustizia“, che ha rivoluzionato la filosofia politica della seconda metà del ‘900.

Alcuni dei personaggi di Black Clover (Fonte: NerdLog)

La società di Black Clover

La storia di Black Clover si svolge all’interno del Regno di Clover: una monarchia che ricorda molto il sistema feudale o l’ancien régime francese, anche se molto peggio. Il territorio del regno è letteralmente diviso in tre aree concentriche che rispecchiano la tripartizione sociale della popolazione tra: gli Abbandonati (Forsaken), i Cittadini comuni (Commoners) e i Nobili (Nobles). La tripartizione è gerarchica: dagli Abbandonati che sono i più poveri e vivono nelle aree meno protette, ai Nobili che detengono tutta la ricchezza e il potere e vivono nella parte più interna e protetta del regno. Questa gerarchia, però, non è ingiustificata: i nobili non sono privilegiati per un diritto di sangue ma per la funzione protettiva che svolgono all’interno della società. Infatti, la maggior parte dei Cavalieri Magici o comunque i più potenti provengono tutti da famiglie nobili. Ma attenzione, questo accade non per una selezione fatta a priori su chi possa entrare al loro interno: chiunque ne abbia le capacità, può entrare nell’ordine dei Cavalieri Magici. Questo accade per il semplice fatto che i nobili hanno statisticamente una maggiore quantità di potere magico (detto anche mana). Perché? Molto semplicemente il mana si trasmette per via ereditaria, perciò è naturale che i nobili ne sia più provvisti.

Ovviamente questo rende la gerarchia giustificata ma non per questo la rende più giusta. Il diritto di sangue, che era stato buttato fuori dalla porta, rientra dalla finestra. Anche se formalmente chiunque può diventare un Cavaliere Magico (con i relativi doveri e privilegi), di fatto se non si è nati nobili questo è quasi impossibile. E infatti il viaggio di Asta, nato senza alcun potere magico, sarà molto faticoso. Dovrà lottare contro i forti pregiudizi nei suoi confronti e dimostrare costantemente il suo valore e soprattutto la sua utilità. Infatti, a dispetto delle apparenze, la società di Black Clover è una società meritocratica. Quel che importa sono i risultati pratici, effettivi che si sono raggiunti a prescindere che si sia nobili o cittadini comuni. È questa “apertura nel sistema” che permetterà ad Asta di salire la scala sociale fino alla sua sommità. Come gli dice Julius Novachrono (l’attuale Imperatore Magico), quando Asta gli chiede come si diventa Imperatore Magico:

Le persone vogliono solo una cosa dall’Imperatore Magico: risultati che lo mostrino come il più forte.

 

La letterale tripartizione del regno di Clover (Fonte: Black Clover Wiki)

I due principi di giustizia di John Rawls

Questa società molto particolare (niente male per un shōnen vero?) in realtà era stata già descritta nel 1971 in “Una Teoria della Giustizia” del filosofo statunitense John Rawls (1921-2002). John Rawls è stato dei filosofi politici più importanti del ‘900, sopratutto per la sua revisione del liberalismo presente proprio nel saggio che ora andiamo ad esaminare. In “Una Teoria della Giustizia“, Rawls pone come fondamentali per una società veramente democratica, libera e giusta due principi di giustizia. Prima di elencarli dobbiamo dire che i due principi: regolano l’attribuzione di diritti, doveri e vantaggi sociali ed economici e sono ordinati “lessicograficamente”, ovvero il secondo non può essere applicato senza aver prima completamente soddisfatto il primo.

  1. Il primo principio di giustizia è il principio di libertà e recita così: “Ciascuno ha eguale diritto al più esteso schema di eguali libertà compatibile con quello altrui“. In pratica, ogni cittadino ha diritto alla libertà fino a quando questa non compromette la libertà altrui. Esistono poi vari “tipi” di libertà (politica, di parola, di riunione, …) e nessuna libertà è assoluta: si possono ridurre certe libertà per altre libertà, ma solo per altre libertà (per esempio, non si possono  ridurre delle libertà per dei beni).
  2. Il secondo principio di giustizia è il principio distributivo e recita così: “Le uniche diseguaglianze sociali ed economiche ammesse sono quelle collegate a posizioni e/o cariche che siano egualmente aperte a tutti e a vantaggio di ciascuno“. Sia l’espressione “egualmente aperte a tutti”, che l’espressione “a vantaggio di ciascuno” possono avere due diverse interpretazioni. Queste, combinate tra loro, danno origine a quattro diverse interpretazioni del secondo principio di giustizia. Tra queste troviamo l’aristocrazia naturale di cui la società di Black Clover è l’esempio perfetto.
Uno schema delle quattro possibili interpretazioni del secondo principio di giustizia

Le quattro interpretazioni del secondo principio di giustizia

L’espressione “egualmente aperte a tutti” può essere interpretata in questi due diversi modi:

  1. Come apertura ai talenti. In pratica, ci sono cariche desiderabili da tutti (per i vantaggi che assicurano) ma non occupabili da tutti (perché limitate) ma, grazie all’apertura ai talenti, tutti possono aspirarci. A nessuno è negata la possibilità di tentare e la carica sarà data al più meritevole.
  2. Come eque opportunità. Secondo quest’altra interpretazione l’apertura ai talenti non basta perché assicura un’eguaglianza solo formale. Anche se le cariche sono aperte a tutti, di fatto solo chi ha le giuste opportunità (di studio, di conoscenze, …) potrà occuparle. Bisogna quindi assicurare a tutti eque opportunità attraverso politiche che azzerino la “lotteria sociale” (per esempio con politiche che garantiscano a tutti l’educazione, supportino i portatori di handicap, …)

A sua volta, l’espressione “a vantaggio di ciascuno” può essere interpretata in questi due diversi modi:

  1. Come un principio di efficenza. Questa interpretazione (tipica del mercato economico) afferma che una distribuzione è efficiente se si raggiunge uno stato di equilibrio. Ovvero, se non è possibile migliorare la posizione di chiunque senza peggiorare la posizione di un altro.
  2. Come un principio di differenza. Secondo quest’altra interpretazione, il principio di efficienza non basta perché è un principio formale che mantiene uno status quo di partenza. “A vantaggio di ciascuno” deve essere interpretato come “a vantaggio di tutti e in particolare modo degli svantaggiati“. Solo in questo modo si può azzerare la “lotteria naturale”, ovvero il fatto che alcuni siano nati con doti / talenti speciali che li privilegiano. Queste arbitrarietà naturali vanno considerate come una dotazione collettiva di cui i dotati devono trarre beneficio solo nella misura in cui avvantaggia anche i non-dotati.

Dalla loro combinazione nascono quattro diverse interpretazioni del secondo principio di giustizia

  1. Il sistema della libertà naturali, dalla combinazione dell’apertura ai talenti e del principio di efficienza. In questo sistema la distribuzione dei diritti, dei doveri e dei vantaggi sociali ed economici è interamente affidata alla lotteria naturale e sociale. Per questo motivo, esso è moralmente arbitrario. Questa è l’interpretazione tipica delle prime società industriali.
  2. L’eguaglianza liberale, dalla combinazione delle eque opportunità e del principio di efficienza. Questa interpretazione cerca di applicare un correttivo sulle arbitrarietà sociali offrendo eque possibilità di accesso alle cariche. Però, resta comunque moralmente arbitrario, perché dipende ancora dalla lotteria naturale. Questa è l’interpretazione tipica del welfare state.
  3. L’eguaglianza democratica, dalla combinazione delle eque opportunità e del principio di differenza. Questa è l’unica interpretazione che non è moralmente democratica. Garantendo le eque opportunità e applicando un principio che avvantaggi tutti, ma soprattutto gli svantaggiati si sono eliminate tutte le arbitrarietà (sia naturali sia sociali). Questa è ovviamente l’interpretazione adottata dallo stesso Rawls.
  4. L’aristocrazia naturale, della combinazione dell’apertura ai talenti e del principio di efficienza. Rawls dedica poco tempo a questa quarta interpretazione poiché ha effettivamente avuto pochissimi esempi storici. Se solo avesse saputo dell’esistenza di Black Clover!
John Rawls (Harvard Gazette)

La società di Black Clover: un esempio perfetto dell’aristocrazia naturale

L’aristocrazia naturale è una strana bestia. Infatti, da un lato “non si compie alcuno sforzo per regolare le contingenze sociali al di là di ciò che è richiesto dall’eguaglianza formale di opportunità“. Dall’altro lato, però, “i vantaggi delle persone dotate di maggior talento naturale devono essere ristretti a coloro che migliorano la situazione dei settori più poveri della società“. Una società del genere è difficile immaginarsela nel nostro mondo. Per fortuna esiste la fiction che può andare oltre la nostra realtà e per fortuna che esiste Black Clover, che ci offre un così perfetto esempio dell’aristocrazia naturale. Infatti, è evidente che le posizioni nei Cavalieri Magici siano aperte ai talenti ma non con eque opportunità. Anche se tutti possono diventare Cavalieri Magici, i nobili, grazie alla loro naturale maggiore quantità di mana (chiaro esempio di arbitrarietà naturale) sono molto più avvantaggiati rispetto ai cittadini comuni. Ma dall’altro lato, la distribuzione non è basata su un principio di efficienza ma su un principio di differenza. C’è la possibilità (seppur minima) di scalare la gerarchia sociale, poiché l’obbiettivo non è tanto il mantenimento di uno status quo ma piuttosto la protezione del regno. E di questo ne beneficiano tutti, ma soprattutto i più svantaggiati (ovvero quelli con un minore quantitativo di mana) che da soli non sarebbero assolutamente in grado di proteggersi. Ma è bene ripeterlo: questo rende la gerarchia giustificata ma non per questo giusta. Questo Asta lo sa bene e infatti il suo obbiettivo una volta diventato Imperatore Magico è annullare questa arbitrarietà naturale e creare una società più giusta. Una società che probabilmente sarà molto simile all’eguaglianza democratica descritta da Rawls.

Non si poteva che concludere con le parola di Zora

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