Conviene davvero sfidare la natura?
Spiegazione di quella che molti chiamano “la potenza della natura” tramite la pittura del Sublime nei dipinti dei tre maggiori interpreti di questa ideologia filosofico-pittorica, il tutto comparato al racconto di Jon Krakauer (chi è? poi vediamo) “Aria sottile”.
Il Sublime in pittura
A ritroso, prima di spiegare di cosa si parla, i maggiori pittori appartenenti a questa categoria estetico-pittorica, sono: Kaspar David Friedrich, William Turner e John Constable.
Il sublime più che uno stile pittorico nel senso stretto, è un canone estetico, e quindi è teorizzato dai massimi filosofi del XVIII e XIX secolo (panico!), cerchiamo quindi di zuccherare questa amara pillola filosofica.
Secondo Edmund Burke, il sublime consiste in quel misterioso ed affascinante insieme di sensazioni che è possibile provare solo di fronte a grandiosi spettacoli naturali.
Secondo Kant, il sublime è prodotto dalla percezione di qualcosa di smisurato ed incommensurabile, nasce da una disarmonia tra immaginazione e ragione.
Schopenhauer: secondo lui il sentimento del Bello, non è altro che il piacere provato guardando un determinato oggetto, mentre il sentimento del Sublime è il piacere (quasi masochistico) che si prova osservando la potenza o la vastità di un oggetto che potrebbe distruggere chi lo osserva.
Spieghiamo queste nozioni con un piccolo esempio: nel Parnaso di Mengs, abbiamo l’esaltazione di quello che è il Bello ideale, un’atmosfera quindi tranquilla in un paesaggio ed in una situazione paciosa ed idilliaca, mentre ad esempio nel Mare di ghiaccio di Friedrich, nel Naufragio di Turner, o nel Dedham lock and mill di Constable, la situazione cambia, abbiamo una natura iraconda e collerica che si scaglia contro l’uomo comune e non divinizzato, la traduzione in pittura quindi, di ciò che teorizzarono i tre filosofi sopracitati.
NB: Constable rappresenta una lieve eccezione rispetto a Friedrich e Turner, i suoi dipinti non rappresentano quasi mai la piccolezza dell’uomo rispetto alla natura, ma rappresentano il momento esattamente prima o esattamente dopo una situazione naturale avversa ed aggressiva.
“Aria sottile”, la spedizione
Jon Krakauer, citato nel trafiletto, è un giornalista, scrittore e saggista americano, che ha scritto un paio di racconti (ed è il caso di dirlo), sublimi: Nelle terre estreme ed Aria sottile in particolare, i quali sono poi stati tradotti rispettivamente nei film Into the Wild ed Everest.
Cosa succede in breve in Aria sottile/Everest? Durante una lucrosa spedizione commerciale sull’Everest, avvenne una tragedia che causò la morte di 8 persone tra cui 3 guide, 2 clienti e 3 agenti della polizia di confine indo-tibetana, era l’11 maggio 1996.
Con “spedizioni commerciali”, si intende: agenzie specializzate nel portare clienti paganti non proprio scarsi, a compiere ascese alpinistiche su rilievi montuosi non proprio bassi (Everest, K2, Annapurna, Nanga Parbat ecc.), persone quindi con poca esperienza sul campo, e specialmente su quel campo, 8848 m.s.l.m., la “quota di crociera di un 747”, dove il corpo umano, per questioni di ossigenazione inizia lentamente e letteralmente, a morire.
Il libro ed il film si focalizzano su due agenzie rivali: la Mountain Madness e l’Adventure Consultant, “capitanate” rispettivamente da Scott Fischer e Rob Hall, più altre guide, alcune delle quali appunto persero la vita in quel tragico giorno assieme a due clienti dell’Adventure Consultant.
La tragedia e le controversie
Cosa durante la spedizione causò la tragedia? Difficile dirlo, ipotizzando: la ribellione meteorologica del rilievo montuoso più alto al mondo in primis, l’ostinata testardaggine di alcuni dei componenti dei due gruppi di spedizione ed i ritardi sulla tabella di marcia; questi furono senz’altro le cause principali.
A queste cause dobbiamo FORSE aggiungere la Hybris di una delle guide della mountain Madness, Anatolij Bukreev, che compì l’ascesa senza ossigeno supplementare, arrivò in cima per primo e scese troppo in fretta dalla vetta senza aspettare tutti i clienti, contro di lui infatti si scatenò un’accesa polemica lanciata dallo stesso Krakauer (che prese parte alla spedizione con l’Adventure Consultant di Hall) dovuta ad una presunta (ma non troppo) negligenza della guida russa.
La seconda controversia: Yasuko Namba, cliente dell’Adventure Consultant ancora respirava al passaggio della prima cordata che stava scendendo, cordata di cui faceva parte lo stesso Krakauer, quindi ingeneroso nello scatenare la polemica contro Bukreev, che tra le altre cose, arrivato al campo base risalì finché poté e salvò tutti i clienti della Mountain Madness in difficoltà, non riuscendo però a portare in salvo il suo capo-spedizione Scott Fischer.
Il confronto
Da una parte abbiamo uno stile artistico che presenta la potenziale letalità di una natura furibonda e scontrosa, mentre dall’altra abbiamo la dimostrazione di ciò che Friedrich, Turner e Constable rappresentarono nei loro dipinti, una natura che sfoderata la sua più brutale aggressività causò la morte di 8 persone in totale.
La verità è che probabilmente quel giorno sbagliarono un po’ tutti, sbagliarono le guide a speculare su clienti con poca esperienza e sbagliarono i clienti a voler salire in vetta ad ogni costo probabilmente sopravvalutando le loro stesse capacità.
Quando la natura quindi decideva, nei dipinti di Constable, Turner e Friedrich di rivoltarsi contro la sconcertante piccolezza dell’uomo, ciò successe anche nella realtà, in un terribile giorno di maggio del 1996, quando la natura non perdonò alcune piccole distrazioni, imperfezioni, mancanze di un gruppo forse un po’ troppo numeroso e disunito, forse un po’ troppo lento e forse un po’ troppo imprudente.
E qui viene automatico, citare quelle parole di De Andrè che in questo caso risuonano, come una violenta tempesta.
Cadesti in terra senza un lamento
E ti accorgesti in un solo momento
Che la tua vita finiva quel giorno
E non ci sarebbe stato un ritornoNinetta mia, a crepare di maggio
Ci vuole tanto, troppo coraggio
Ninetta bella, dritto all’inferno
Avrei preferito andarci in inverno