La Dora Maar di Picasso e le cause del masochismo in psicologia

“La pittura non è fatta per decorare gli appartamenti. È uno strumento di guerra offensiva e difensiva contro il nemico.” Fu Picasso a stravolgere il mondo dell’arte nel 1907, dando inizio a una nuova corrente pittorica, il “Cubismo”, con “Les demoiselles d’avignon”. A distanza d’anni viene ricordato come uno dei pittori più rivoluzionari di sempre, ma è noto ben poco della sua vita.                                                                La Dora Maar                                                                                                                                                                    «Morirò senza avere mai amato», dichiarò un furioso Picasso a Françoise Gilot, l’unica che si sottrasse al massacro psicologico cui l’artista sottoponeva tutte le sue conquiste femminili.
Persino una personalità come quella di Dora Maar, fotografa, poetessa ben introdotta nella cerchia dei Surrealisti, colta, spregiudicata, indipendente, si lascia a poco a poco sopraffare dalla sadica personalità di Picasso. Viene indotta ad abbandonare la fotografia per la pittura ed ecco che Donna Maar diventa uno dei suo tanti soggetti dipinti in una tela. Ciò che diverse fonti hanno rivelato è che, durante i loro incontri Picasso la picchiava, la violentava, privandola di vita, dignità e speranza, scatenando il lato fragile e masochista di lei  che non riusciva a dirgli di no. re. Quel quadro, celeberrimo, diventato uno dei più pagati di Picasso è l’incarnazione del dolore di Maar. Com’è finita la loro storia?  Dopo sette anni condivisi con altre amanti, Dora viene lasciata e cade in una depressione dalla quale si riprende a stento dopo gli elettrochoc e la psicanalisi cui la sottopone Lacan. Dirà poi nei lunghi anni trascorsi in totale solitudine, da autoreclusa. «Solo io so quello che lui è …è uno strumento di morte …non è un uomo.> Il masochista                                                                                                                                                                                Vi sarà capitato almeno una volta nella vita di parlare con qualche amico o qualche conoscente, e sentirvi inondati da tutti i suoi problemi. Talvolta problematiche come insoddisfazioni coniugali, lavorative o amicali ci vengono presentate come sofferenze insormontabili e senza soluzioni, ed eccoci, dunque, ad ascoltarli per ore e ore lamentarsi del proprio collega o datore di lavoro, attivandoci in noi l’esigenza di “risolvere il problema al posto loro”. Le persone autofrustranti hanno necessità di collocarsi in una posizione costante di “vittima” e solo mediante la sofferenza possono far tacere un loro senso di colpa inconscio costante. Il messaggio che lanciano all’esterno è “sono una povera vittima, la colpa è fuori di me”. La differenza sostanziale tra una personalità depressa ed una masochistica è proprio legata alla posizione della colpa: nel depresso la colpa è collocata dentro di Sé “ Al lavoro mi trattano male perché non valgo nulla, è colpa mia”, mentre nella personalità masochista la colpa è collocata all’esterno “al lavoro mi trattano male, sono una vittima, è colpa loro”. Essendo centrale per il masochista il suo ruolo di vittima, e proiettando all’esterno la colpa, difficilmente sarà in grado di attivare delle proprie capacità risolutive per districarsi da una situazione di sofferenza, preferendo, piuttosto, immolarsi per la causa, convincendosi, anche , di una propria superiorità morale; ed essendo votata al sacrificio, tende a diffidare e rifiutare le relazioni appaganti con persone positive e supportive.
Inconsciamente, una persona autofrustrante mette in atto comportamenti lesivi nei confronti di se stessa come il coinvolgersi in relazioni dannose o situazioni problematiche, con la convinzione, inconscia, di meritare tutta quella sofferenza
. E’ una persona che nei propri contesti di vita sperimenta costantemente delusione, frustrazione e fallimento; probabilmente la personalità auto frustrante è cresciuta in un contesto familiare dove la sofferenza era l’unico modo per ricevere attenzioni, ma anche dove chi aveva la colpa era anche a rischio d’abbandono (affettivo). Tali convinzioni li riproporrà per tutto l’arco della vita, nelle relazioni amicali e amorose.
Questo disturbo era presente nel DSM-III sino al 1987 ma attualmente è stato classificato come un disturbo di personalità non altrimenti specificato.                       I possibili rimedi per una personalità masochista                                                                                                      Il primo approccio possibile consiste nell’affrontare dal punto di vista psicologico il vissuto del soggetto, nel tentativo di riconoscere l’origine dell’impulso aggressivo represso e della necessità di autopunizione, derivante da un eccessivo ed inconscio senso di colpa.
La psicoterapia ad orientamento introspettivo consente, quindi, di prendere consapevolezza delle difficoltà emotive che stanno alla base di questa problematica. In seguito, gli interventi terapeutici consistono nell’utilizzare modelli specifici che devono essere adattati al caso particolare.
Per coloro che si trovano in una situazione di coppia, la sessuologia e la terapia di coppia permettono il ridimensionamento della sottomissione, sostituendo gradualmente il comportamento deviante con interessi adeguati, nei confini della disponibilità sessuale.
In base alla gravità del disturbo, alcuni psicoterapeuti possono consigliare di associare all’intervento psicologico anche un trattamento farmacologico; lo scopo è quello di ridurre gli impulsi masochistici e, conseguentemente, ridurre l’intensità e la frequenza delle manifestazioni tipiche della problematica.

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