Tiffany McDaniel incanta, emoziona e interroga. La domanda centrale è la stessa di Agostino e Arendt: cos’è il male?
Acclamato dalla critica, L’estate che sciolse ogni cosa sancisce la nascita di una nuova stella: Tiffany McDaniel. La narrazione alterna momenti di lirismo a passi di raccapriccio, in una prosa che scava nel lettore e lascia una traccia indelebile.
INVITARE IL DEMONIO: L’ESTATE CHE SCIOLSE OGNI COSA
La vicenda è bizzarra quanto profonda. Il giudice Bliss di Brethed pubblica sul giornale un annuncio in cui invita Satana a visitare la cittadina. Nessuno può immaginare che Lucifero accetta di buon grado, manifestandosi nei panni di un tredicenne dalla pelle “nera come il carbone”, Sal.
Ma Sal è davvero il demonio? Nessuno lo sa.
Il ragazzo sostiene di esserlo, la famiglia che lo accoglie lo ritiene un figlio e un fratello. A ogni modo, la sua presenza e il suoi racconti di Inferno e Paradiso, miseria umana e amore, scuotono profondamente la comunità e la famiglia adottiva. È così che un intero mondo va in frantumi, tra segreti mal celati e orrori efferati, durante una torrida estate che sembra distruggere non solo i raccolti, ma anche gli uomini. Un’ estate che sciolse ogni cosa, appunto.
Tutto il romanzo non è altro che una profonda riflessione sull’esistenza del male e sui meccanismi che ne permettono l’insorgere. In tal senso, Tiffany McDaniel sembra assestarsi sulle stesse posizioni di Agostino di Ippona e Hannah Arendt, che ora vorremmo esplorare.
IL MALE NON ESISTE: SANT’AGOSTINO
Il problema dell’esistenza del male è antichissimo. Trovare una giustificazione al dolore e alla cattiveria umana è un interrogativo che ossessiona l’uomo sin dall’inizio della sua storia.
La prima teorizzazione importante, che condizionerà tutta la filosofia occidentale successiva, ci è offerta da Agostino di Ippona.
Il problema del male è cruciale per il filosofo di Tagaste. Esso, infatti, assume i connotati di un problema teologico: se Dio è infinitamente buono, come può esistere il male?
La risposta è lapidaria quanto complessa: il male non esiste. Eppure nella vita di tutti i giorni lo sperimentiamo continuamente. Un paradosso? No.
Semplicemente Agostino intende dire che non esiste un principio del male. Il male non è un elemento a se stante, che si offre all’uomo e può essere perseguito. Esso, al contrario, è mera privazione del bene. Solo il bene esiste, il male è sua mancanza o allontanamento. Tutto questo ha un preciso fondamento teologico e metafisico: poiché non è possibile che da una causa perfetta derivi un effetto imperfetto, da Dio non può derivare il male.
Ma a questa prospettiva si aggiunge il risvolto morale: tutto in questo mondo fa parte del progetto di Dio, persino ciò che noi umani consideriamo male. È solo un problema di prospettive: quella di Dio è onnipotente e onnicomprensiva, la nostra è limitata.
Proprio per questo, sostiene Agostino, il vero scopo del male è interrogare l’uomo, affinché sia spinto a penetrare sempre di più i misteri divini.
IL MALE NON HA RADICI: HANNAH ARENDT
Hannah Arendt dedicò i suoi primi studi giovanili proprio a Sant’Agostino. Forse non è un caso, quindi, se si deve a lei una delle più famose teorie morali, il cui significato può essere riassunto nel titolo dell’opera principale: La banalità del male.
In questo saggio, ma anche in altre opere minori, la filosofa tedesca approda a una consapevolezza che in certa misura sorprende anche lei: il male non ha radici.
Così come il vescovo di Ippona, anche per la Arendt non è possibile individuare un principio del male. Solo il bene esiste di per sé e ha un fondamento morale.
Il male come tale insorge nelle piccole cose e dilaga in modo banale, inconsistente, attraverso il passaparola, lo scarico di responsabilità, fino a raggiungere dimensioni pericolose e terribili.
Quel che ora penso veramente è che il male non è mai “radicale”, […] e che non possegga né profondità né una dimensione demoniaca. Esso può invadere e devastare il mondo intero, perché si espande sulla sua superficie come un fungo. Esso “sfida” […] il pensiero, perché il pensiero cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici, e, nel momento in cui cerca il male, è frustrato perché non trova nulla.
Non esistono uomini malvagi, così come non esiste il demonio. Esistono solo uomini ordinari che hanno deciso di non pensare, abbandonanti al chiacchiericcio e assuefatti alla situazione.
Nel romanzo di Tiffany McDaniel sono presenti entrambe le tipologie di questo male inesistente.
Da una parte la folla inferocita che vuole la morte del giovane Sal. Nessuno di loro ha un reale motivo, alcuni neanche conoscono il ragazzo. Ma il potere della massa è più forte del ragionamento personale. È più facile conformarsi che distinguersi, specialmente per quanto riguarda le questioni morali.
Dall’altra parte c’è Sal. Il bambino sostiene di essere il Diavolo, ma non lo è. Non esiste il principio del male in lui. Eppure egli ne è convinto. Non per quello che fa, ma perché da sempre è considerato così dal mondo. Un mondo che per sopravvivere ha ancora bisogno di individuare cattivi assoluti.
A forza di essere chiamato diavolo, sai, diventi il Diavolo.