William James (1842 – 1910) è considerato uno dei padri della psicologia americana e uno degli studiosi più influenti del XIX secolo.
William James è stato uno psicologo e filosofo statunitense, fondatore del funzionalismo; egli ha contribuito a fondare la psicologia come disciplina formale, moderna e scientifica, ha promosso la diffusione e il rinnovamento del pragmatismo. I suoi interessi spaziano dalla filosofia alla medicina, dalla psicologia alla religione.
Vita e opere
William James nasce a New York l’11 gennaio 1842, dopo essersi dedicato temporaneamente all’arte, si iscrive alla Lawrence Scientific School, dove studia chimica e fisiologia, e nel 1864 alla Harvard Medical School. Ben presto si interessa allo studio della psiche umana e dopo la laurea decide di non esercitare la professione medica, infatti, nel 1872 inizia a insegnare prima fisiologia e successivamente psicologia a Harvard.
Nel 1890 pubblica la sua opera più nota, intitolata “I principi della psicologia“, un vero e proprio capolavoro, che ancora oggi rappresenta una pietra miliare della storia della psicologia.
Successivamente viaggia in Europa, si dedica allo studio delle esperienze religiose e mistiche (pubblica “Le varie forme dell’esperienza religiosa. Uno studio sulla natura umana”) e poi rivolge i suoi interessi alla filosofia.
Nonostante i crescenti problemi di salute, continua a insegnare (fino al 1907), tenere conferenze, scrivere saggi e articoli, collabora con diversi psicologi famosi a livello internazionale e nel 1909 incontra Sigmund Freud.
Il 26 agosto dell’anno successivo muore a Chocorua, nel New Hampshire, all’età di 68 anni, per insufficienza cardiaca.
Emozioni e reazioni fisiologiche
Gli studi di James hanno riguardato anche l’emotività: nel 1884 pubblica l’articolo “What is an emotion?” (=”Che cosa è un’emozione?”): è l’inizio della psicologia scientifica delle emozioni.
Nel definire l’emozione, William James riconosce l’importanza centrale dell’attivazione dell”organismo. Per James provare un’emozione vuol dire sentire (ossia percepire) i cambiamenti neurovegetativi che si verificano nel corpo a livello somatico-viscerale in seguito a uno stimolo. Le emozioni sono causate dai cambiamenti fisiologici che si verificano nel nostro corpo in risposta a un evento o stimolo. Alla base dell’emozione c’è la percezione di un cambiamento fisiologico nel nostro corpo: aumento del battito cardiaco, sudorazione, tremolio…
In altre parole, è l’attivazione dell’organismo (del sistema nervoso autonomo) a determinare le emozioni e non viceversa, come normalmente si potrebbe pensare. L’attivazione fisiologica ha il primato ed è la condizione necessaria affinché si possa esperire un’emozione.
situazione/ evento/ stimolo :> risposta fisiologica del sistema nervoso simpatico :> emozione
Proviamo a fare degli esempi pratici: non tremiamo perché abbiamo paura, ma abbiamo paura perché tremiamo; non piangiamo perché siamo tristi, ma siamo tristi perché piangiamo; non urliamo perché siamo arrabbiati, ma siamo arrabbiati perché urliamo…
Il superamento della teoria di James
La teoria elaborata da James è definita teoria periferica delle emozioni. Essa è stata fortemente criticata – e superata- dalla teoria centrale di Cannon-Bard che assegna, invece, il primato al sistema nervoso centrale. Per Walter Cannon e Philip Bard la risposta fisiologica e l’emozione si verificano simultaneamente, non prima l’una e poi l’altra, a differenza di quanto aveva affermato James (reazione fisiologica :> emozione).
La teoria di James è stata ripresa più recentemente da Damasio per superare il cosiddetto “errore di Cartesio“, ossia la netta separazione tra corpo e mente. Damasio propone, infatti, la mentalizzazione del corpo e la somatizzazione della mente, suggerendo una visione organica, unitaria. Le emozioni sarebbero dunque il frutto di una complessa convergenza sinergica tra mente e corpo.
Sia la teoria periferica, sia quella centrale sono corrette solo parzialmente, tuttavia colgono aspetti importanti dell’esperienza emotiva da un punto di vista biologico. Si tratta, infatti, di teorie neurofisiologiche, ma ne esistono altre che mettono in rilievo aspetti diversi della natura -per l’appunto- multicomponenziale delle emozioni: come quelle cognitive (ad esempio, quella di Arnold, o quella di Schachter-Singer), neuroevoluzionistiche (ad esempio, quella di Tomkins) o neuroculturali (Ekman).
Sono modelli che guardano all’analisi emotiva da prospettive diverse e che per tale ragione risultano, per certi versi, complementari.