Il cervello umano è indubbiamente uno strumento prodigioso: per quanto la scienza sia riuscita a creare computer con una velocità di calcolo superiore, non ha ancora capito come emulare artificialmente la complessità ed efficienza del pensiero umano.
Ma — come un campione di corsa che scivola su un’infame sassolino — il nostro cervello si lascia ingannare nei modi più stupidi dai sensi, principio per cui esistono le cosiddette illusioni ottiche. Per esempio, grazie alla “Leaning tower illusion” tu pensi di guardare due foto di marciapiedi diversi e invece no, sono i tuoi occhi che mandano al demonio la prospettiva perché per loro anche le rette parallele devono incontrarsi a un certo punto e il tuo cervello dice “ok, forse avete ragione voi”. Il cervello umano è intelligente, ma completamente ingenuo, insomma.
L’ennesima prova di questa verità è stata appena fornita dai ricercatori del Caltech Institute, tramite due esperimenti chiamati rispettivamente “The Illusory Rabbit” e “The Invisible Rabbit”, che spiegano per esteso in uno studio intitolato What you saw is what you will hear: Two new illusions with audiovisual postdictive effects e pubblicato sull’archivio dell’istituto.
Gli esperimenti
Come lascia intuire il titolo, i due esperimenti si basano su un difetto di calcolo del cervello: quando riceve due stimoli discordanti tra loro da due sensi differenti (vista e udito) troppo rapidamente (200 millesimi di secondo), il nostro cervello, in pratica, fa una media dei due fenomeni e ce la spaccia per buona.
Nel video del primo esperimento, vengono proiettati due flash luminosi consecutivi molto veloci, un punto a sinistra e poi uno a destra. Contemporaneamente, però, si sentono tre suoni (bip): mescolando queste due informazioni, il cervello decreta che al suono di mezzo debba corrispondere anche un flash di mezzo e — molto pragmaticamente — lo infila nella nostra percezione. Così, a una prima visione del video siamo convinti di aver appena assistito a tre flash, anziché due.
Nel secondo esperimento, i ricercatori hanno fatto un’operazione inversa: hanno fatto seguire a un flash muto un flash con bip, e il nostro cervello ancora una volta approssima le informazioni un po’ come gli pare e nasconde il primo flash.
Il “viaggio nel tempo”
Il motivo per cui — so che ve lo state chiedendo — i ricercatori hanno definito l’illusione come un “viaggio nel tempo” è perché, tecnicamente, si tratta di un effetto chiamato “postdictive,” per cui il cervello associa un significato a uno stimolo in modo retroattivo. “Quando si presenta l’accoppiata finale flash-bip [del primo esperimento], il cervello dà per scontato di aver perso il flash associato con il bip solitario, e letteralmente inventa la presenza di un secondo flash,” ha spiegato Noelle Stiles, una dei ricercatori che ha lavorato all’esperimento. “Questo rappresenta già un meccanismo retroattivo in atto. Ma, cosa ancora più importante, l’unico modo in cui potresti percepire il flash illusorio spostato è se l’informazione che arriva per seconda nel tempo — il flash-bip finale della composizione — è impiegata per ricostruire la posizione più probabile anche del flash illusorio.”
In altre parole, il cervello umano riscrive l’evento appena verificatosi, affinché abbia senso per lui. Non è esattamente come andare indietro nel tempo con una Delorean, ma più come un Vaticinium ex eventu: visto un fenomeno, ne traggo le conclusioni profetiche che preferisco.
Lo studio — oltre a rappresentare un ottimo modo per mandarci ancora una volta in paranoia su cosa sia effettivamente reale e cosa non lo sia — è significativo per la ricerca che si occupa delle interferenze cerebrali e di come processiamo le informazioni che riceviamo. Il fatto che, per una volta, sia l’udito a influenzare la vista (il senso più dominante per l’uomo), spiegano i ricercatori, è di per sé un dato importante.
“Queste nuove illusioni permetteranno ai ricercatori di identificare parametri ottimali per l’integrazione multisensoriale”, ha concluso nel post Shinsuke Shimojo, scienziato a capo del laboratorio, “che è necessaria sia per il design di protesi sensoriali ideali, che per il training delle persone ipovedenti”.
-Valto