La Crimea in queste ultime ore sprofonda nel terrore. Una bomba è esplosa in un istituto scolastico a Kerch, causando 13 morti e 50 feriti. Dal Cremlino giungono notizie sull’apertura di un’indagine per atto terroristico. Inizialmente si pensava erroneamente all’esplosione di una bombola a gas, successivamente la squadra antiterrorismo ha analizzato l’ordigno non identificato, scoprendo dei frammenti di metallo all’interno. Inoltre, prima dell’esplosione sono stati uditi degli spari. Testimoni osculari riportano di aver visto uomini con il volto coperto, che correvano per l’edificio a sparare sugli studenti, uccidendoli.
Il Presidente Vladimir Putin ha già inviato le sue personali condoglianze per l’accaduto. Attualmente circa 200 militari del distretto e circa 10 mezzi pesanti sono stati inviati nella città di Kerch dal comandante delle forze armate. Lo scopo è quello di aiutare i servizi di emergenza a ripulire le macerie del college universitario.
La normalità della follia
Per la maggior parte dei casi, chi commette atti di terrorismo non è una persona sadica o psicopatica, molto spesso si tratta di individui ordinari condizionati dalle dinamiche del proprio gruppo di appartenenza – come sosteneva Haslam. Non bisogna tralasciare però la condizione iniziale di debolezza psicologica. Il gruppo controlla e decide, ma è giusto affermare che gli individui psicologicamente deboli sono più condizionabili di altri.
Grazie ad esperimenti condotti negli anni ’60-’70 in psicologia sociale, si è dimostrato che non si parla infatti di disposizione personale, ma di eventi e situazioni. Inoltre, si è scoperto che individui sani – senza alcun problema psicologico – sono in grado di poter infliggere danni ad altre persone, senza alcuna forma di rimorso.
Due sono gli psicologi da citare sicuramente: Milgram e Zimbardo. Hanno condotto due esperimenti davvero importanti che hanno portato a consapevolezze del tutto nuove nel mondo della psicologia e della sociologia. Nel caso di Milgram è la presenza di un’autorità a spingere l’individuo alla violenza, nel caso di Zimbardo è il ruolo che i soggetti ricoprono. Quindi, uno dei fattori che può far diventare una persona comune un terrorista – o anche semplicemente violenta – è la “dinamica trasformatrice che si stabilisce in un gruppo” – Atran.
La scienza dietro la crudeltà
L’esperimento dello psicologo Milgram sull’obbedienza all’autorità (1961) aveva come obiettivo lo studio del comportamento di soggetti ai quali un’autorità ordinava di eseguire delle azioni in contrasto con i propri valori. La maggior parte degli individui tendeva ad infliggere scosse elettrice – anche letali – solo perché veniva chiesto da ricercatori, violando così i propri principi morali. Ciò è avvenuto perché i partecipanti all’esperimento non si sentivano ‘carnefici’, ma dei semplici esecutori di voleri altrui.
D’importanza rilevante è stato anche l’esperimento condotto da Zimbardo (1971), volto ad indagare il comportamento degli uomini in una società in cui sono definiti solo dal gruppo di appartenenza. Due gruppi di studenti avrebbero vissuto l’esperienza di una prigione finta: ad alcuni era stato affidato il ruolo di guardie carcerarie, ad altri il ruolo di carcerati. I risultati drammatici hanno dimostrato che l’identificazione con l’ingroup e allontanamento dall’outgroup hanno portato ad una perdita di responsabilità e all’assenza del senso di colpa, dato che le finte guardie infliggevano qualsiasi forma di umiliazione ai finti prigionieri, senza vergogna o paura.
Uniti sono più forti
A questo punto si può iniziare a parlare di influenza sociale, ma anche di conformismo, cambiare cioè il proprio comportamento a causa di una pressione reale o immaginaria da parte di un gruppo. La domanda da porsi è:”Perché gli individui in un contesto di gruppo tendono a conformarsi alla maggioranza?” Sherif, Asch e Moscovici ci insegnano che, quando si è membri di un gruppo, si tende a rispondere alle attese positive che gli altri hanno nei propri confronti, conformandosi così all’opinione comune.
Per far agire tali fenomeni su un individuo, quest’ultimo deve necessariamente identificarsi con i membri del proprio gruppo (ingroup) e, allo stesso tempo, distaccarsi da coloro che non ne fanno parte (outgroup). Solo la non-influenza, la consapevolezza di una propria identità sociale permette di comprendere fin dove si è disposti ad arrivare. Anche se – come ha osservato Smith – in questi casi è proprio un’identità sociale che si va cercando. Cognizione questa estremamente connessa all’appartenenza al proprio gruppo, perché la stima di sé aumenta quando ci si identifica con un insieme preciso e definito. Si tratta di persone che hanno rotto i legami con la ‘vecchia comunità’ e ne stanno cercando di nuovi. Ecco perché si parla di ‘bisogno di affiliazione’, spesso collegato al concetto di anonimato. In rarissimi casi i terroristi – ad esempio – agiscono a volto scoperto. L’anonimato e il contagio sono due caratteristiche che causano negli individui una perdita assoluta di razionalità e di identità, basandosi su una mente unica e collettiva. Si scatenano così gli istinti più distruttivi e originari dell’uomo, provocando violenza e irrazionalità. Ed è proprio ciò che accade negli attacchi terroristici: il terrorismo suscita nelle persone il terrore di ciò che è invisibile e imprevedibile. Il terrorista ottiene, con la morte di civili innocenti, la diffusione di un panico ‘cieco’ e irrazionale.