Il 24 agosto 2016, il Centro Italia trema. Un potente terremoto ha devastato i paesini di Amatrice e Accumoli. Come sono intervenute le istituzioni?
Furono le 3.36 del mattino. Una calda notte di agosto si trasformò, per gli abitanti del reatino soprattutto, nel loro incubo peggiore. Un terremoto di magnitudo 6 provocò 299 vittime, e altrettanti feriti. Un avvenimento catastrofico, la cui memoria non può certo diventare frutto di passerelle e sciacallaggi.
Il sisma: la natura che si risveglia…ancora
In quella tragica notte, i paesi di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto diventarono solo un cumulo di macerie. Una serie di scosse successive, tra cui una di magnitudo 5, registrata nei pressi di Norcia (Umbria), sono state registrate intorno alle 5 del mattino. L’epicentro fu individuato ad Accumoli, nelle zone circostanti, con un ipocentro profondo circa 8 km.
Sebbene i terremoti avvengono in maniera quasi del tutto spontanea, la zona considerata non è di certo nuova ad eventi del genere. Amatrice nella sua storia contò già 5 terremoti, di cui uno potenzialmente distruttivo nel 1639. Le vittime in quel caso furono però 500! Inoltre, nel 1997 si verificò un sisma simile nella zona umbro-marchigiana, i cui effetti però non furono così distruttivi. Non come lo fu certamente quello de L’Aquila nel 2009. 309 vittime e più di 1000 feriti, e una città quasi totalmente rasa al suolo. Ancora oggi si possono osservare i crolli sia nella zona del centro storico, sia nei paesi limitrofi.

Gli eventi successivi: come ha reagito il governo?
Tornando però al terremoto di Amatrice, appare evidente che il territorio degli Appennini centrali abbia un rischio sismico da non sottovalutare. La maggior parte di quelle zone, infatti, si classificano con il numero 1, il massimo grado di sismicità.
Tuttavia, ciò che invece è oggetto di discussione ancora oggi è il comportamento delle istituzioni, di fronte a questo evento. Gli aiuti arrivarono già da subito, ma furono bloccati sia dalla carenza di vie di comunicazione, sia dalle macerie che resero difficoltosa la traversata.
Probabilmente si pensò che il modello di gestione sia stato lo stesso del terremoto aquilano del 2009. Si sarebbero creati nuovi appartamenti e successivamente delle “cittadine nuove”, volte a sostituire i vecchi cumuli di macerie di ciò che furono i vecchi paesini. In più, la competenza sarebbe potuta spettare direttamente all’organo centrale (al capo della Protezione Civile, per esempio).
Quasi sorprendentemente, avvenne il contrario. Per evitare operazioni piuttosto sospette, si decise di seguire la procedura ordinaria. Le funzioni si decentrarono, mentre i poteri straordinari dei commissari diminuirono. Inoltre non ci fu alcuna intenzione di costruire le tanto famigerate new town fantasma. I sindaci chiesero, e ottennero, di riedificare i centri abitati originalmente allocati.
Il governo Renzi si trovò di conseguenza davanti ad una forte responsabilità. Ma non tutto andò secondo i piani.
Critiche e polemiche per i ritardi burocratici
Se da un lato, ci si poté aspettare che, come per L’Aquila, la burocrazia avrebbe, come al solito, tardato i lavori, dall’altra è pure vero che i risultati di questa gestione sono tutt’altro che ottimisti.
La copertura mediatica ebbe di certo una minor risonanza, e si provvide più che altro a stanziare una raccolta fondi a carico della Protezione Civile. La cifra raccolta, nonostante fu consistentemente alta, non migliorò di certo le procedure amministrative, per quanto riguardano le ricostruzioni. Si contò infatti, ad un anno dal terremoto, che le rinomate “casette” d’emergenza furono solo 400. Su 3800 richieste!
Le polemiche di conseguenza non si fecero attendere, e i sindaci denunciarono questa attesa estenuante, tanto per gli alloggi, quanto per il raccoglimento delle macerie. Per giunta, si alternarono ben 4 commissari straordinari, tutti nei 4 governi a susseguirsi.
Critiche arrivarono anche per ciò che successe prima del terremoto. In pratica, vennero denunciati i superficiali, quanto fantasiosi interventi di miglioramento sismico agli edifici. Uno di questi, si afferma, furono fatti su una palazzina di case popolari, la stessa che successivamente crollò, provocando la morte di 18 persone. Gli imputati furono arrestati con l’accusa di omicidio colposo. Così come avvenne, per quanto riguarda una RSA costruita, secondo la ditta appaltatrice (indagata anch’essa), con materiali antisismici. Ancora oggi, l’edificio risulta particolarmente danneggiato e perciò, inagibile. Tra il registro degli imputati, ci finì anche l’allora sindaco di Accumoli, colpevole di non aver utilizzato i fondi europei, dati in seguito del terremoto del 2009. Finì assolto tuttavia, così come i tanto famigerati responsabili, che in quel momento non si fecero più vivi.
