Il sogno e la rassegnazione: Vecchioni e Leopardi parlano alle loro coscienze

Il rapporto con sé stessi ammette diversi approcci: Vecchioni e Leopardi ci raccontano due prospettive antitetiche.

da komama.it

La vita molto spesso offre prospettive nuove e differenziate rispetto al rapporto che si ha con sé stessi. In qualche modo tutti gli eventi che si susseguono, lasciano un segno che condiziona l’approccio che ognuno ha con la propria coscienza.

Roberto Vecchioni e i sogni del ragazzo che ha dentro

Sogna, ragazzo sogna,
non cambiare un verso della tua canzone,
non lasciare un treno fermo alla stazione,
non fermarti tu […] Sogna, ragazzo sogna
piccolo ragazzo nella mia memoria […]

Un inno al sogno, un inno al coraggio, un inno alla determinazione: questo costituisce il testo di “Sogna ragazzo, sogna”. Il ragazzo di cui parla Roberto Vecchioni non è altro che sé stesso. Un ragazzo che il cantante si porta dentro, come fosse una coscienza alla quale rivolgersi. In un dialogo tra due facce della stessa medaglia, Vecchioni adulto e Vecchioni giovane si confrontano rispetto ad un argomento piuttosto frequente: le difficoltà della vita che sempre incombono. In modo molto incoraggiante, la parte matura dell’autore si rivolge alla parte giovane, creando un rapporto di complementarità. Da un lato la saggezza e la pazienza, dall’altro la vitalità e la freschezza. Una visione piuttosto realistica, che non nega le dure prove dell’esistenza, ma che propone un approccio pragmatico e fattivo di resistenza e resilienza.

da dayitalianews.com

Giacomo Leopardi e la rassegnazione di un cuore stanco

Posa per sempre. Assai
palpitasti. Non val cosa nessuna
i moti tuoi, né di sospiri è degna
la terra. Amaro e noia
la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.
T’acqueta omai. Dispera
l’ultima volta. Al gener nostro il fato
non donò che il morire

Un inno alla rassegnazione, un inno alla quiete emotiva, un inno all’inerzia del cuore: questo costituisce il testo di “A se stesso”. In una fase finale della sua vita e della sua produzione, Leopardi ci consegna questo capolavoro letterario. Colpisce sicuramente per la sua durezza e per un linguaggio crudo e disilluso. In modo del tutto antitetico con il testo precedente, Leopardi si rivolge a sé stesso e al suo cuore con grande rassegnazione. Esclude ogni prospettiva di futuro positiva e si accascia metaforicamente in uno sconforto quasi lancinante. Nessuno slancio vitale è presente in questo testo, neppure una luce in fondo al tunnel. A scuola abbiamo conosciuto Leopardi per il suo pessimismo, ma qui si tratta di uno stato d’animo che va al di là, poiché dimostra un’incapacità di reazione. Seppur risulti veramente difficile sintetizzare il pensiero leopardiano e inserirlo in una precisa categorizzazione, mi limito a riferirmi a questo testo dove tutto si riduce ad amarezza e noia.

da teatrogolden.it

 

Le dure prove dell’esistenza: tutta una questione di prospettive

Come abbiamo visto, Vecchioni e Leopardi parlano alle loro coscienze in termini completamente diversi. Tuttavia i presupposti dai quali partono si possono considerare molto simili. Ogni esistenza riserva una buona dose di dolore e di sofferenza, ma in qualche modo quel che conta è l’approccio che l’individuo ha rispetto a questi elementi negativi. Si può cadere nello sconforto, come ha voluto la sorte del poeta recanatese, che almeno in questo testo ha mostrato una profonda rassegnazione e consapevolezza della sua destinazione all’infelicità. Si può anche trovare una forza vitale per rialzarsi e per affrontare ogni tipo di prova, come fa Roberto Vecchioni, tra saggezza e determinazione. Tutti siamo umani, vortici di emozioni e di impulsi razionali. Tutti prima o poi, in diverse misure, conosciamo il dolore. Tutti però, possiamo conoscere e acquisire la capacità di tornare in piedi. Questo articolo è un elogio alla resilienza.

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