“Il primo bicchiere di vino” ci riporta al culto di Dioniso nell’antica Grecia

Nel 1968 usciva uno dei capolavori di Sergio Endrigo: Il primo bicchiere di vino. Il vino e Maria, protagonisti indiscussi di questo brano, ci portano indietro fino all’antica Grecia. 

Il mio primo bicchiere di vino /che ho bevuto in vita mia/ l’ho bevuto Maria alla tua salute. La prima volta che ho sentito questa canzone ho trovato assolutamente curioso il collegamento tra il vino e Maria. Al di là del riferimento indiscusso all’amore del poeta per questa donna di nome Maria, appare inevitabile sorridere pensando a come il nome Maria si accompagni a riferimenti religiosi. E così anche il vino è un innegabile rimando al sacramento della consacrazione, momento centrale della liturgia cristiana. Il vino però non è legato solo alla religione cristiana ma è anche strettamente legato a quella pagana.

Dioniso

Noto in Grecia con il nome di Dioniso e a Roma con il nome di Bacco, questa è una delle divinità sicuramente più particolari dell’intero pantheon, greco prima e romano in seguito. Il suo ricordo permane ancora oggi in alcune espressioni della nostra lingua, basti pensare al classico perbacco, ma la sua memoria si va via via perdendo. In origine era venerato come dio della ninfa vitale e, a dirla tutta, non aveva una forma esclusivamente maschile o femminile. Il nome di Dioniso deriva dal greco Diòs e secondo la leggenda è figlio dell’unione di Zeus con Samele. Era, legittima moglie, stanca dei continui tradimenti del marito, acconsentì a riconoscere Dioniso come figlio legittimo, ma lo punì con la pazzia. Così il giovane, insieme al suo tutore Sileno, iniziò a girovagare per la Grecia e per altri territori e fu il protagonista di numerose vicende come quelle che lo vedono combattere contro i titani.

Il culto di Dioniso, re del vino e dell’ebbrezza

Strettamente legato alla pazzia del dio, vi è l’associazione di Dioniso con il culto del vino. Dioniso è infatti ricordato come il dio dell’ebbrezza e durante le sue feste, i Baccanali, ci si abbandonava ai piaceri di ogni tipo. Le Baccanti, essenzialmente donne devote al dio, ne invocavano la presenza e i riti erano celebrati di notte e in luoghi lontani da quelli della vita pubblica, come ad esempio nelle foreste. Qui si offrivano sacrifici al dio e si cercava di raggiungere la liberazione dai vincoli della condizione umana, lasciandosi andare completamente ad istinti spesso animaleschi. Una caratteristica imprescindibile di questi momenti era la sensazione di ebbrezza, grazie alla quale si raggiungeva una spontaneità non più incatenata dalle consuetudini della comunità.

La diffusione del culto di Dioniso in Grecia

Tra le molte leggende legate a Dioniso, una di quelle che più mi affascina è quella legata alla nascita dell’altalena. Come confermano le testimonianze storiche, il culto di Dioniso è giunto in Grecia più tardi rispetto a quelli degli altri dei ed è stato importato dalla zona dell’Oriente. I Greci, rispetto ai Romani, erano più restii ad accettare nuove divinità e così si narra di come all’inizio questo culto non fosse accettato. Sono così nati nel corso dei secoli miti che ne raccontano la diffusione e l’accettazione. Uno di questi racconta la vicenda di Dioniso e di Erigone, la bellissima figlia di Icaro. Invitato infatti in casa di Icaro, Dioniso porta con sé un otre di vino per donarlo al padrone di casa. Icaro ne bevve un po’ e poi lo donò ai suoi vicini, dei contadini; questi ne bevvero troppo e si ubriacarono. All’iniziale sensazione di ebbrezza si sostituirono i sintomi dovuti all’eccesso consumo di alcool e i contadini, pensando di essere stati avvelenati, si recarono da Icaro e lo uccisero. Erigone, molto legata al padre, passò interi giorni cercandolo e ne trovò il cadavere solo grazie a Mera, la cagnolina che non abbandonava mai la ragazza. Icaro giaceva senza vita ai piedi di un albero ed Erigone, stremata dal dolore, si impiccò. Dioniso, innamorato di Erigone, mandò una maledizione su Atene: molte donne impazzirono e, in seguito, si suicidarono impiccandosi. I cittadini così, invocando il perdono del dio, punirono i pastori e iniziarono a celebrare una festa in onore di Erigone. Il culto di Erigone celebrava, tra le altre cose, il passaggio dall’infanzia alla pubertà e le ragazze erano solite dondolarsi su altalene mimando il gesto del suicidio per impiccagione.

La spiegazione del mito

Come succedeva spesso, anche in questo mito, la colpa di quanto è avvenuto è imputata a Dioniso. Il dio infatti ha dato agli uomini qualcosa di divino, che essi non erano in grado di controllare o di capire. A seguito però della colpa commessa da Dioniso, vi è anche la colpa commessa dagli uomini che consiste nell’uccisione di Icaro e che dà origine ad una vera e propria catena di morti. La prima a morire è la figlia Erigone e in seguito, a causa della collera del dio, le giovani ateniesi. A conclusione di tutto, grazie poi all’istituzione della festività in onore della ragazza, si ribilancia l’equilibrio vitale che era stato alterato. Il culto di Dioniso viene così accettato nella penisola greca e a noi rimane l’altalena. Questo gioco infantile implica infatti già di per sé un’oscillazione, che si fa metafora di quell’oscillazione fatale dell’impiccagione.

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