[ALLERTA SPOILER]. La Casa di Carta è finita. Nel suo finale, per quanto criticato, l’ennesima trovata del professore coinvolge nel furto metallurgia e inganno.
Durante tutta la serie, spesso le avventure della banda erano corredate da spiegazioni ingegneristiche e/o scientifiche del perché facessero certe cose. A partire da Berlino fino a Palermo, infatti, mettere in mostra i fondamenti scientifici delle proprie azioni era diventato un mood consolidato. Nell’articolo ci saranno pesanti spoiler riguardo la quinta stagione de “La Casa di Carta”. Se non volete anticipazioni non proseguite con la lettura.
Oro e ottone: il trucco più vecchio del mondo
Nel finale di stagione, come preannunciato in uno dei flashback di Berlino e del figlio Rafael, la riserva d’oro spagnola viene completamente sostituita da lingotti in ottone placcati in oro. Come tutti voi ben sapete, oro e ottone sono materiali diversi. L’oro è un metallo puro, molto denso ed incredibilmente costoso, mentre l’ottone è una lega di rame e zinco che si trova in molti oggetti quotidiani. Lo scambio di oro con altri materiali che hanno in comune con il prezioso metallo solo colore e lucentezza, è qualcosa di assodato da secoli. La pirite, ad esempio, detta “oro degli stolti” è un minerale che presenta del solfuro di ferro, FeS, che le dona il caratteristico colore dorato. Peccato che, come potete immaginare, nemmeno questa abbia nulla a che vedere con le proprietà fisiche e chimiche dell’oro. L’oro infatti non è solo un ottimo regalo per il proprio partner, ma un materiale dalle ottime qualità. Questo metallo è infatti molto duttile, ossia facilmente riducibile in lamelle, ma ha anche un ottima conducibilità elettrica, superiore a quella del rame che viene normalmente utilizzato per ovvie ragioni di prezzo, ottima conducibilità termica e svariate applicazioni in ambiti ingegneristici. La cosa curiosa però, è che lo “scambio” eseguito da parte del professore, prevede che i lingotti in ottone siano placcati in oro. In cosa consiste esattamente la placcatura? Se vi è capitato di collezionare oggetti metallici per qualche ragione, sapete che spesso e volentieri è presente la frase “placcato in argento” o “placcato in oro”. La placcatura, fondamentalmente, pone sopra un oggetto di metallo un sottile strato composto da un’altra lega o metallo, in modo tale che le proprietà, e in particolare l’apparenza, in superficie siano proprio quelle del sostituto. Quello che il professore fa quindi è rivestire tutti i lingotti d’ottone con un velo d’oro, in modo tale da far sembrare che tutti i lingotti siano fatti d’oro. Inutile dire che chiunque prenda in mano un pezzo d’oro e un pezzo d’ottone senta l’enorme differenza di densità dei due, così come con un po’ di cura si possa rimuovere senza problemi lo strato superficiale per mettere “a nudo” l’inganno della banda più famosa della televisione. L’oro, a differenza dell’ottone, è anche molto resistente agli attacchi chimici, proprietà questa che condivide con altri metalli pesanti, ed è anche poco sensibile all’ossidazione. Questo può sembrare un concetto un po’ astruso, ma se si parla di “ossidazione” nei metalli, si fa semplicemente riferimento a quella che volgarmente chiamiamo ruggine. Andiamo allora a capire quali sono le proprietà che tutti i metalli condividono, e quali invece differenziano così pesantemente alcuni materiali dagli altri, come quelle che abbiamo capito differenziano ottone e oro.
I metalli: così simili ma così diversi
I metalli sono (quasi) tutti dei solidi a temperatura ambiente, sono materiali lucenti e formano moltissimi composti con i non metalli, in particolare ossigeno, idrogeno e alogeni. Vediamo qualche esempio. Il sale da cucina è formato da sodio (metallo) e cloro (non metallo), l’acciaio che troviamo in molti oggetti è un misto di ferro (metallo) e carbonio (non metallo), il solfato di rame, utilizzato in agricoltura, è invece l’insieme di rame (metallo) ossigeno e zolfo (non metalli). Tre composti quelli appena nominati, totalmente diversi, e tutti formati da metalli. Analizziamo adesso questi tre metalli separatamente. Cominciamo con il sodio. Il sodio è un metallo biancastro, dalla consistenza quasi burrosa, che a contatto con l’acqua reagisce in modo violentissimo: basta un pizzico di questo metallo messo in una bacinella d’acqua per scatenare un’esplosione con tanto di fiamma. Il ferro, forse il metallo più famoso di tutti, è invece uno degli elementi più abbondanti sulla terra e uno dei più conosciuti a livello industriale. Le sue applicazioni sono le più svariate ed è un materiale innocuo, che può essere tranquillamente maneggiato senza rischi. Il rame è ancora una volta diverso: ha delle proprietà fisiche mediocri in fatto di resistenza e temperatura di fusione, ma è facilmente lavorabile ed estremamente importante per la conduzione di corrente elettrica. Per quanto riguarda invece la sua pericolosità, basti pensare che teniamo ogni giorno dei dischetti di rame nelle nostre tasche sotto forma di monete, senza alcuna precauzione nel maneggiarle o scambiarle tra noi. Sono quindi tre materiali dalla proprietà molto diverse, colore differente e con diverse pericolosità. Eppure sono solo una minima parte degli esempi che si possono fare: dal gallio che si fonde se tenuto in mano, fino al polonio che può essere letale anche con esposizioni limitate, passando per il tungsteno che con la sua straordinaria temperatura di fusione viene usato nelle lampadine. Oltre però a legarsi con non metalli o altri elementi, i metalli si legano anche fra di loro. In questo caso, si parla di leghe. Le leghe più famose sono il bronzo, formato da rame e stagno e conosciuto da migliaia di anni; l’ottone che come abbiamo già visto è formato da rame e zinco; ma anche ferrovanadio o cromovanadio, i cui nomi dicono tutto sulla loro composizione. Ogni lega ha proprietà diverse in base non solo ai due o più metalli che la compongono, ma anche secondo la percentuale dell’uno o dell’altro che si trova al suo interno. Le leghe sono però di solito delle miscele omogenee, in cui la miscelazione avviene in tutto il volume del solido. Come può invece la sola superficie cambiare le proprietà di un oggetto?
Placcatura e chimica delle superfici: dal grande schermo alla quotidianità
Una branca della chimica si occupa esclusivamente dello studio delle superfici dei materiali. Uno degli esempi più importanti di come la superficie possa cambiare le proprietà del materiale si trova nell’acciaio INOX. Come detto prima, una delle problematiche dei metalli è l’ossidazione, con conseguente formazione (ad esempio) di ruggine. L’acciaio INOX, che trova larghe applicazioni nel culinario ma non solo, altro non è che un acciaio ricoperto da cromo. Il cromo, che spesso viene usato in combinazione con altri metalli o materiali, costituisce un vero e proprio scudo per l’acciaio da parte dell’attacco dell’ossigeno, il primo ad ossidarsi è infatti proprio il cromo, che grazie però ad una serie di reazioni chimiche, crea uno strato inossidabile, proteggendo così l’acciaio sottostante e rendendo tutta la struttura immune agli attacchi dell’ossigeno. Ma i metalli possono essere rivestiti solo con altri metalli? Ovviamente no. Prendiamo un esempio semplice: i cavi elettrici. Spesso e volentieri, sia per questioni di sicurezza ma anche di efficienza, i cavi vengono rivestiti da uno strato di altro materiale. Questo materiale deve, normalmente, essere facilmente deformabile, in modo che il cavo possa piegarsi senza problemi, ma più di tutto deve avere proprietà isolanti elettriche e, se possibile, anche termiche. Inutile dire che le dimensioni di questa guaina sulla superficie dei cavi variano notevolmente in base a tipo di cavo e utilizzo. Si passa dai decimi di millimetro presenti nei cavi delle case, fino anche a diversi centimetri per il rivestimento di cavi sottomarini. Spingiamoci ora ancora più in là. La chimica delle superfici si ferma alle superfici solide? Di nuovo la risposta è no. In molte branche dell’ingegneria chimica si stanno facendo strada le membrane: grazie a questo sistema le reazioni chimiche avvengono nelle dirette vicinanze di una superficie, e la composizione chimica e fisica di questo strato e dello strato di liquido o di gas appena superiore, sono fondamentali per comprendere il processo e migliorarlo. Insomma, dagli oggetti di tutti i giorni fino all’industria, passando per le serie tv, la superficie degli oggetti può ingannare come può essere la chiave per capire processi e reazioni chimiche. Dopo tutto questo, potete dirlo: l’apparenza spesso inganna, o meglio, spesso può ingannare: mai giudicare un libro dalla copertina, o un lingotto dalla placcatura.