Un nuovo d.p.c.m. è già in atto e Confcommercio annuncia: decrescita su base annua del 5.1% per i settori del turismo e della “convivialità”
Oggi i tamponi risultati positivi al Covid-19 salgono oltre le 10 mila unità. La preoccupazione cresce sempre di più e il premier Conte viene assediato da indiscrezioni che parlano di un secondo lockdown. Ma fino a che punto, in un epoca come la nostra, è possibile sacrificare l’economia in favore della salute?
Si persegue veramente l’idea di bene se si sceglie la chiusura o l’inasprimento delle norme?
In prima battuta verrebbe quasi naturale rispondere affermativamente poiché la salute va prima di ogni altra cosa, prima del divertimento, prima delle serate in compagnia o delle nottate al pub. Però se ci si sofferma a riflettere, come già fatto negli ultimi mesi, su quelle categorie colpite, vediamo che l’ago della bilancia inizia a vacillare perché dove si chiude, dove si leva lavoro, automaticamente si crea disoccupazione e quindi crisi economica. Il premier ha rassicurato, proprio nelle ultime ore, che non ci sarà un seconda chiusura delle imprese su tutto il territorio nazionale. Infatti, secondo “il sole 24 ore” non possiamo consentirci un nuovo lockdown. I costi in termini di ulteriore impatto sulla nostra economia, già avviata a subire quest’anno una contrazione del Pil pari al -9%, sarebbero molto pesanti. Con un conseguente impatto negativo su un’auspicabile ripresa economica. È qui che bisogna approfondire la questione morale sulle scelte da prendere in periodi turbolenti come questi.
La questione morale: cosa è bene e cosa è male? Cosa è giusto e cosa è sbagliato?
La nostra idea di bene e male è legata a doppio filo con l’idea di utile, per noi e per gli altri. Oggi ciò che è bene è la massimizzazione del benessere sociale, quindi la massimizzazione della somma delle utilità dei singoli, secondo il noto motto benthamiano: “Il massimo della felicità per il massimo numero di persone.” Vediamo come la morale si riduca quindi ad un calcolo algebrico o “calcolo felicifico” che non può e non deve tener conto delle necessità o delle volontà del singolo a discapito della comunità. Proprio sotto questo aspetto bisogna riflettere cercando di utilizzare una buona prospettiva. Da un lato abbiamo la possibilità di salvare vite perché laddove ci dovesse essere una chiusura, come nel caso delle già citate norme nei confronti di ristoranti e bar, ci sarebbe anche una diminuzione di possibilità di contagio (non essendoci i luoghi di incontro), però dall’altro lato, con l’inasprimento di tali norme, si andrebbe ancor più ad affossare una categoria di lavoratori che ormai da un anno annaspa in un mare di guai. L’utilitarismo di Bentham inizia quindi a dimostrare la propria caratteristica fallace: la concezione che bene comune e bene individuale riescano ad unirsi sotto un’unica sfera perfetta e razionale.
L’utilitarismo e l’economia
Allora come potrebbe essere possibile un’unione delle due cose? Come si potrebbe salvare quella che appare come la categoria più “sacrificabile” e allo stesso tempo non rischiare una crisi sanitaria? La risposta la potremmo estrarre, usando una specifica chiave di lettura, dall’articolo del 1936 dell’economista Roy Forbes Harrod in cui definisce un “utilitarismo della regola”. Harrod sostiene che l’utilitarismo debba limitarsi allo stabilire quali sono quelle regole che, se seguite da tutti, garantirebbero effettivamente la produzione del massimo benessere collettivo. L’utilitarismo potrebbe in tal modo assumere un carattere che fonda regole “morali” che quindi caratterizzano il comportamento di ognuno di noi sulla base della nostra morale. Infatti, sul lungo periodo, l’osservanza di regole generali consolidate, come potrebbero essere le norme di distanziamento sociale, l’utilizzo della mascherina, la capacità di sacrificare una parte di quella socialità che ci appartiene, produce maggior benessere rispetto al compimento di atti che possono all’inizio apparire più benefici. A volte, cambiando la prospettiva, cambia la visione sul mondo. Possiamo giungere alla verità solo se conosciamo la totalità degli agenti in causa e questo vuol dire informarsi, interessarsi e argomentare. Spetta solo a noi adottare determinate regole per il benessere e poi perseguirle, solo così potremmo uscire da questo periodo di incertezze e dubbi.