“Furore” è il libro più famoso di John Steinbeck. I suoi protagonisti vagano da una parte all’altra degli USA per trovare una terra coltivabile.

Oggi, se il raccolto non è abbastanza fruttuoso, basta introdurre gli OGM.
John Steinbeck e “Furore”
La stesura del romanzo più famoso dell’autore richiese solo 100 giorni. Iniziato il 31 maggio 1938 venne pubblicato il 26 ottobre dello stesso anno. Lo scrittore trasse spunto per il romanzo da una serie di articoli del San Francisco News: migliaia di persone stavano abbandonando il Midwest per raggiungere le coste della California in cerca di migliori condizioni di vita. Si trattava dei nuovi poveri: bianchi, protestanti espropriati dalle loro fattorie non più redditizie e abbandonati dalle banche costretti a migrare in cerca di una nuova, seppur precaria, stabilità. All’origine di tutto la Dust Bowl, una terribile tempesta di sabbia che cambiò il clima e rese le terre delle fattorie aride e sterili. Per quanto riguarda i capitoli introduttivo, Steinbeck si ispirò a Hemingway, Faulkner, Thomas Wolfe, Dos Passos, Caldwell e Melville. Il libro valse allo scrittore il premio Nobel per la letteratura nel 1962.
Il tema del romanzo
Il romanzo esprime il dolore dell’abbandono della propria terra. I contadini, gente semplice e sicuramente non ricca, si ritrovarono a dover abbandonare tutto ciò per cui avevano lavorato duramente poiché le terre erano state rese inutilizzabili dalla tempesta di sabbia che a fine degli anni ’30 si abbatté sugli Stati Uniti. Così come accadde nella realtà, i protagonisti raccolgono le loro poche cose per avviarsi verso un futuro ancora incerto. L’abbandono della propria terra e il futuro ancora lontano e incerto rendono benissimo la drammaticità di quel periodo storico.
Oggi? Ci sono gli OGM
Oggi siamo molti, troppi sulla Terra. E come soddisfare il fabbisogno di tutti? Con gli OGM. I raccolti diventano abbondanti se bombardati da radiazioni. Nel Lazio, ad esempio, accanto ad una sorgente di cobalto viene piantato e distribuito grano percepito come “ottimo, abbondante e naturale”. Ad oggi, se una terra non è coltivabile o non è più coltivabile come un tempo, la risposta è semplice: basta introdurre sostanze che modifichino geneticamente i prodotti. Certo, suo momento otteniamo prodotti rigogliosi e abbondanti, ma quanto possiamo consumarne? La nostra salute è a rischio? Che cosa succederà se abusiamo della terra e spingiamo al limite il nostro corpo introducendovi sostanze dannose? Ormai l’uomo è giunto ad un punto di non ritorno. Il rispetto per l’ambiente e per se stesso, ormai, sono venuti meno da diversi anni. Forse le aziende guadagneranno nel breve periodo, ma che cosa succederà in futuro? Aumenteranno le intolleranze? Aumenteranno le malattie dovute a nuove intossicazioni? Che cosa sarà di noi tra 50 anni? Ormai si è innescato un meccanismo di autodistruzione e dovremo essere capaci di fermarci, finché è possibile, o rischieremo di pentircene amaramente.
