Annamaria Cisint, sindaco leghista di Monfalcone, ha stabilito un tetto massimo per il numero di extracomunitari nelle scuole pari al 45% di alunni per classe per combattere il fenomeno delle “classi-ghetto”. Questa iniziativa porterà all’esclusione di 60 ragazzi dalle scuole materne della città. Immediata la critica dei sindacati che rivendicano l’istruzione come diritto di tutti.

Annamaria Cisint, sindaco leghista di Monfalcone (Gorizia), in accordo con l’Istituto Comprensivo “Ezio Giacich” e l’Istituto Comprensivo “G. Randaccio” ha stabilito una tetto massimo da rispettare nelle scuole pari al 45% di alunni extracomunitari per classe. Questa iniziativa nasce con l’intento di contrastare il fenomeno delle “classi-ghetto”, classi a maggioranza extracomunitaria che secondo alcuni potrebbero essere ostacoli per un sano percorso d’integrazione nelle scuole. Secondo il sindaco i dati attestano che un numero sempre maggiore di monfalconesi ha optato per mandare i propri figli in scuole delle città limitrofe a causa dell’elevato numero di extracomunitari presenti negli istituti del comune di Monfalcone.
Questa decisione amministrativa ha scaturito numerose polemiche perché da settembre sarà la causa dell’esclusione di 60 bambini stranieri dalle scuole materne della città. Le polemiche sulla questione sono emerse prevalentemente da Flc Cgil il cui segretario regionale Adriano Zonta ha dichiarato che «lo Stato ha l’obbligo di fornire l’istruzione a tutti, indistintamente. Non c’è un vincolo e non può crearlo il sindaco». Le critiche non tardano ad arrivare anche dal Consiglio Comunale la cui consigliera Cristiana Morsolin (lista civica “La sinistra per Monfalcone”) sostiene che «i posti per questi bambini che vivono a Monfalcone ci sono e non si deve fare campagna elettorale e speculare sui bambini che vivono nella nostra città», dichiarazione rilasciata per Radio Radicale. Sulla questione è intervenuto anche il segretario della Uil Scuola Fvg sottolineando l’importanza di evitare la formazione di classi ghetto ma ribadendo che la scuola italiana è in grado di affrontare il tema integrazione senza il bisogno di leggi e propaganda e che le quote dovrebbero essere propositive, non prescrittive.
Per rispondere alle critiche il sindaco ha dichiarato di avere messo a bilancio fondi per offrire un servizio di scuolabus e dirottare i bambini nelle scuole dei comuni limitrofi.
Monfalcone conta meno di 30.000 abitanti e il 20% di questi sono stranieri. La comunità di bengalesi di Monfalcone è la seconda d’Italia dopo Roma, ma la città ospita in realtà più di 100 etnie diverse. La quota di stranieri presenti in città è salita molto negli ultimi anni in risposta alla necessità di manodopera a basso costo richiesta da Fincantieri, uno dei cantieri navali più importanti al mondo presente in città.

In un’area con una concentrazione di stranieri così alta non è semplice e scontato costruire un progetto d’integrazione efficace. Ne è consapevole Marco Orioles, sociologo presso l’Università di Udine ed esperto di politica internazionale, flussi migratori e Islam, che ha commentato l’iniziativa del sindaco Cisint tramite un post su Facebook riportato dal quotidiano Trieste Prima. In questo post Orioles sottolinea come la presenza di immigrati in loco sia una diretta conseguenza della domanda di manodopera espressa dal tessuto produttivo locale, spiegando quanto il territorio di Monfalcone dipenda economicamente dalla presenza di stranieri. Il gesto del sindaco viene giudicato dal sociologo come irrispettoso nei confronti dei lavoratori stranieri i cui figli saranno esclusi dalle scuole materne a settembre. Ma oltre a fare del male ai genitori di questi bambini secondo Orioles questa iniziativa fa male anche ai bambini stessi, non solo a quelli che saranno esclusi dai servizi ma anche ai bambini italiani che tramite questa iniziativa il sindaco sostiene di “tutelare”. I bambini italiani cresceranno infatti in contesti scolastici che fungono da “schermo” e non rispecchiano la realtà sociale locale nella quale la convivenza tra etnie diverse è assodata da anni.
Il provvedimento sembra quindi essere stato presentato come un’iniziativa volta a favorire l’integrazione nelle scuole, ma l’esclusione dei 60 bambini extracomunitari sembra dire il contrario. Probabilmente la risposta al quesito è insita nella prospettiva con cui si legge lo stesso. Fare in modo che le scuole siano il primo luogo a partire dal quale possa avviarsi un processo di integrazione è tanto necessario quanto difficile. Le scuole devono riuscire a valutare l’ambiente nel quale sono collocate e creare le condizioni per permettere un regolare processo di integrazione al loro interno, ma perchè questo risulti efficace l’amministrazione comunale deve in primis garantire a tutti la stessa possibilità di accedere ai servizi che offre. Finchè esisteranno cittadini di serie A e cittadini di serie B l’integrazione rimarrà un lontano miraggio. Fare integrazione escludendo suona parecchio contraddittorio.
Edoardo Dal Borgo