Edgar Lee Masters e De Andrè ci raccontano le storie degli abitanti di Spoon River

Musica e poesia si fondono per proporci storie di vite nelle quali ritrovarci e dalle quali imparare.

 

Scopriamo attraverso i nove brani contenuti nell’album di Fabrizio De Andrè “Non al denaro, non all’amore né al cielo” le storie dei personaggi protagonisti dell’”Antologia di Spoon River” dello scrittore statunitense Edgar Lee Masters.

“NON AL DENARO, NON ALL’AMORE NÉ AL CIELO”

“Non al denaro, non all’amore né al cielo” è il quinto album di Fabrizio De Andrè pubblicato nel 1971 contenente nove testi per la stesura dei quali il cantautore si è ispirato ad alcune delle poesie contenute nell’opera “Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters.  “The Hill (La collina)”, la prima canzone, funge da prologo e parla della gente morta a causa di malattie, incidenti sul lavoro o risse che riposa nel cimitero di Spoon River. “Un matto (Dietro ogni scemo c’è un villaggio)” è ispirata al personaggio di Frank Drummer, un uomo internato in un manicomio perché considerato pazzo. Il matto in questione sarebbe stato considerato tale perché non riusciva ad esprimersi attraverso le parole, i primi versi della canzone sono infatti:

 “Tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci ad esprimerlo con le parole, e la luce del giorno si divide la piazza tra un villaggio che ride e te lo scemo che passa, e neppure la notte ti lascia da solo, gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro”.

Il terzo brano è intitolato “Un giudice” ed è tratto dalla storia di Selah Lively, un uomo che veniva deriso a causa della sua bassa statura. Per vendicarsi il personaggio in questione si laurea in giurisprudenza e diventa giudice, o meglio per citare i versi di De Andrè “arbitro in terra del bene e del male”. I ruoli allora si invertono e adesso è proprio lui che si diverte a giudicare e a condannare coloro che prima lo derivano.  Il quarto brano è ispirato alla storia di Wendell P. Bloyd, un uomo che aveva accusato in pubblico Dio di avere mentito all’uomo per timore che ormai non avesse padroni e per questo viene condannato e chiamato “blasfemo”, infatti il titolo della canzone è “Un blasfemo (Dietro ogni blasfemo c’è un giardino incantato)”. Il quinto brano è intitolato “Un malato di cuore” e parla di Francis Turner, un uomo malato di cuore fin dall’infanzia che muore a causa delle emozioni troppo forti che prova non appena bacia le labbra della donna amata. Il sesto brano è intitolato “Un medico” e parla della storia di Siegfried Iseman, un medico che amava così tanto la sua professione da decidere di voler curare i malati che non riuscivano a pagare anche in maniera gratuita; tuttavia cade in miserie e si vede allora costretto a vendere pozioni miracolose, questo lo porta però ad essere visto da tutti come un truffatore e a finire in prigione. Nel settimo brano, intitolato “Un chimico” De Andrè racconta la storia del farmacista Trainor che sapeva perfettamente come combinare gli elementi chimici ma non conosceva la formula per far combinare gli uomini tra loro “senza farli scoppiare, affidando ad un gioco la gioia e il dolore”. Il gioco di cui parla è il gioco dell’amore, proprio l’amore viene paragonato alla primavera che ad aprile “non bussa ma entra sicura”; il chimico però ha paura di innamorarsi così non cede mai all’amore, non si sposa e non ha figli ma muore in un esperimento sbagliato proprio come “Gli idioti che muoion d’amore” ed infine giunge all’amara conclusione che comunque ci sarà sempre qualcuno che dirà che per morire c’è un modo migliore. “Un ottico” è l’ottavo brano ed è incentrato sulla storia di un ottico di nome Dippold che voleva inventare degli occhiali speciali per aiutare i suoi clienti a vedere oltre la realtà. Il nono ed ultimo brano è intitolato “Il suonatore Jones”, un uomo che riesce a sentirsi libero solo quando suona; non curandosi della ricchezza o della posizione sociale che avrebbe avuto coltivando la terra decide di suonare la chitarra, alla fine muore poverissimo ma senza rimorsi.

L’ANTOLOGIA DI SPOON RIVER

L’Antologia di Spoon River è una raccolta di poesie scritta dal poeta statunitense Edgar Lee Masters pubblicata tra il 1914 e il 1915 sul “Mirror” di Saint Louis; la raccolta comprende 19 storie per un totale di 248 personaggi. A narrare le proprie vicende dal cimitero situato sulla collina del paesino attraverso gli epitaffi delle loro tombe sono gli stessi abitanti dell’immaginario paesino di Spoon River passati ormai a miglior vita. Il nome del paese, “Spoon River”, deriva da quello di un omonimo fiume realmente esistente che scorre vicino alla città in cui aveva residenza Masters, ossia Lewistown. Edgar Lee Masters voleva descrivere la vita quotidiana di un piccolo microcosmo come quello di Spoon River, i personaggi coprivano infatti praticamente tutte le categorie e i mestieri umani. Alcuni dei personaggi  sono realmente esistiti, se pur con nomi diversi, e le loro tombe sono identificabili nel cimitero di Oak Hill. In Italia la prima edizione dell’opera uscì il 9 Marzo del 1943, la traduzione fu curata da Fernanda Pivano, cosa che tuttavia ella pagò con il carcere dato che, come lei stessa dichiarò:

“Era superproibito quel libro in Italia. Parlava della pace, contro la guerra, contro il capitalismo, contro in generale tutta la carica del convenzionalismo. Era tutto quello che il governo non ci permetteva di pensare (…), e mi hanno messo in prigione e sono molto contenta di averlo fatto”

Il fotografo statunitense William Willinghton nel 2005 scattò delle fotografie nei luoghi in cui la raccolta era stata ambientata e le raccolse nel libro “Spoon River, ciao (Dreams Creek, 2006)”, accompagnate dai testi di Fernanda Pivano. 

EDGAR LEE MASTERS E DE ANDRÈ A CONFRONTO

L’intento del poeta statunitense era dunque quello di proporre al lettore, attraverso i suoi personaggi, un quadro d’insieme della vita quotidiana di una piccola realtà come quella di Spoon River. De Andrè attraverso i testi contenuti nell’album ci parla principalmente di due temi principali, la scienza e l’invidia. Il lato A del disco è dedicato al tema dell’invidia, la quale spesso è causa di comportamenti inappropriati e negativi, il lato B alla scienza, la quale spesso porta ad ambizioni pericolose e controproducenti. Tuttavia De Andrè ci aiuta a riflettere anche su altri temi importanti; nel testo di “Un chimico” infatti emerge il tema dell’amore, o meglio della voglia di innamorarsi ma allo stesso della paura di farlo per il dolore che potrebbe conseguirne. Ne “Il matto” ci parla della follia ma principalmente della cattiveria umana, ne “Il giudice” è presente il tema della vendetta e ne “Il suonatore Jonas” il tema della libertà come unica vera necessità dell’uomo. Così proprio come Edgar Lee Masters anche De Andrè si serve dei personaggi che ormai dormono sulla collina del cimitero di Spoon River per mostrare al suo pubblico di ascoltatori le storie di alcune persone nelle quali ognuno di noi avrebbe potuto in qualche modo rivedersi ma soprattutto imparare qualcosa.

 

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