Ecco cosa lega il Professore de “La casa di carta” ed Ulisse

Statua di Ulisse

Ulisse è uno di quei personaggi che dalle profondità del tempo giungono fino a noi, perché è un personaggio chiave… è un tipo incredibilmente furbo. Possiede una qualità che i Greci chiamano métis, astuzia. Un’astuzia che gli consente di cavarsela tutte le volte che sembra ormai perduto. Ulisse ha tutto contro, combatte con forze più grandi di lui, eppure trova il modo, con astuzia, scaltrezza, bugie, di inventarsi qualcosa e avere, infine, la meglio ”  cit. J.Pierre Vernant, C’era una volta Ulisse

Proprio come un moderno Ulisse, il Professore della “Casa di Carta” usa l’astuzia come cavallo di battaglia. Come lui capisce che l’unico modo che ha per vincere non è usare la forza, ma l’intelligenza. Lui che ha passato anni a ideare un piano perfetto per la rapina più grande della storia: alla zecca di Stato spagnola! Così spiega ai suoi allievi-rapinatori che l’unico modo per mettere in atto il piano è fare come i Greci durante la guerra di Troia:

Dopo 10 anni di combattimenti senza fine, fu proprio la mente di Ulisse a permettere ai Greci di vincere la guerra. Egli pensò di ingannare gli avversari con un finto dono in onore di Atena: un enorme cavallo di legno in segno di resa. Così, i Troiani, avendo visto anche delle navi nemiche allontanarsi, accettarono il dono e lo portarono dentro la città. Questo fu la causa della loro rovina: dentro il cavallo, infatti, si erano nascosti i più forti eroi greci che di notte assalirono e diedero fuoco alla città.

Faremo credere che siamo entrati per rubare, che ci hanno impedito di fuggire con i soldi e il piano è saltato, che abbiamo reagito sparando all’impazzata e che non abbiamo potuto fare altro che ritirarci. E a quel punto, senza aver ferito nessuno, ci barrichiamo all’interno“.

Ma non si ferma qui. Come Ulisse il Professore capisce che in certe situazioni è importante non rivelare il proprio nome, ma nascondersi dietro un signor “Nessuno“. E per questo motivo si crea un alter ego così perfetto da non destare sospetti. Gentile, educato, all’apparenza un uomo qualunque, dietro il quale si cela però la mente della rapina più grande del secolo. Ma la sua astuzia non sta soltanto nel celare la sua identità come fa Ulisse con Polifemo. Sta soprattutto nel riuscire a prevedere ogni mossa dell’avversario, nel creare false piste, nel prendere tempo. Perché quando organizzi una rapina alla zecca di Stato il tempo è fondamentale e avere del tempo in più significava poter stampare più soldi. Ecco perché bisognava prendere tempo, distrarre in tutti i modi la polizia.

Come chiunque decida di intraprendere un viaggio, sa che uscirne vivi non sarà semplice e che molti saranno i pericoli, le insidie. Non Sirene, né altri mostri marini, né Dèi ostacoleranno il percorso, ma uomini. Semplici uomini della polizia o di altri ordinamenti che faranno di tutto per entrare alla zecca, per impedire a questi 8 pazzi che portano maschere di Dalì di fare delle vittime, di stampare altri soldi. Il Professore lo sa bene. E sa anche che più le indagini andranno oltre, più saranno in grado di scoprire le loro identità.

Non solo, ma, essendo l’unico con mente salda, sa bene che i suoi compagni potranno perdersi. Per questo motivo fissa delle regole: non uccidere, non stringere rapporti personali e non dire il proprio nome. Sapere il loro nome significava averli in pugno. Ecco perché hanno scelto tutti dei nomi di città: Tokyo, Rio, Mosca, Denver, Helsinki, Oslo, Berlino, Nairobi. Ma le regole, tanto care al Professore, non hanno impedito ai suoi compagni di perdersi. E così, come un eroe omerico, dovrà rischiare la vita più volte per salvare i suoi compagni, per salvare se stesso, la sua nave, il suo cavallo di battaglia.

Eleonora Raso

 

 

 

 

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