“Dove finiscono le parole. Storia semiseria di una dislessica”. La storia di Andrea Delogu e della dislessia

Negli ultimi anni si parla sempre più spesso di disturbi dell’apprendimento (DSA) a carico di bambini e adolescenti. Oltre alle difficoltà nel funzionamento sociale e scolastico del bambino, tali disturbi tendono a rendere la vita molto difficile, spesso caratterizzata da disagio e malessere, oltre ad una celata vergogna. Ma com’era visto in passato? Le cose erano ben diverse perché il problema di questi bambini spesso veniva sottovalutato, non era compreso e questo aveva delle ripercussioni importanti sulla loro vita. Oggi fortunatamente le cose stanno cambiando, ma è un processo che richiede ancora del tempo.

Dislessia
Cos’è la dislessia?

La dislessia fa parte dei disturbi dell’apprendimento ed è definita come l’incapacità di riprodurre il linguaggio con la rapidità e le abilità normali che un soggetto dovrebbe possedere in funzione dell’età. In altre parole le persone dislessiche hanno difficoltà nell’elaborazione e nella riproduzione del linguaggio. Il termine è di origine greca e viene tradotto come “linguaggio mancante o inadeguato”. Nell’immaginario collettivo la dislessia è associata a deficit cognitivi e scarse capacità intellettive, ma si tratta di una credenza non vera perché non solo non è mai stata confermata dagli studi, ma anche perché sembrerebbe che molte menti brillanti del passato fossero dislessiche (si pensi per esempio a Leonardo Da Vinci, ad Albert Einstein o a Pablo Picasso). Il dislessico quindi ha una mente creativa, produttiva e florida, solo che apprende diversamente dagli altri.

 

Le possibili cause

Trattandosi di un disturbo relativamente giovane, la ricerca è ancora agli inizi e per questo al momento sono solo state ipotizzate alcune possibili cause della dislessia. Al momento la ricerca sostiene l’idea che la dislessia sia legata alla genetica, all’attività cerebrale e all’anatomia del cervello. Si tratterebbe infatti di un problema genetico, tramandato di generazione in generazione, dovuto ad una mutazione del cromosoma 15. Inoltre sembra che la struttura cerebrale dei dislessici sia diversa da una struttura cerebrale normale perché il planum temporale (che svolge un ruolo nella comprensione del linguaggio) è uguale in entrambi gli emisferi, cosa che invece non si osserva in un cervello “normale”. Infine sembrerebbe che nel bambino dislessico le aree deputate all’elaborazione dei simboli e della scrittura ed alla loro trasformazione in suoni non lavorino in modo integrato, per cui è necessario compensare tale mancanza.

 

Come riconoscerla

Come molti disturbi, la dislessia non si manifesta nel giro di una notte perché il suo esordio è lento e presenta anche una serie di segnali precoci che permettono di poterla riconoscere, basta esserne consapevoli. Si tratta di piccoli segnali che spesso possono passare inosservati, ma conoscerli rappresenta sicuramente un buon modo per intervenire agli esordi del disturbo, prima che possa portare a conseguenze più gravi. Compaiono in concomitanza con l’inizio della scuola, più precisamente durante la seconda o la terza media. In alcuni casi questi segnali possono anche comparire mentre il bambino frequenta ancora la scuola materna. Il bambino dislessico quindi potrebbe presentare problemi nel riconoscere le lettere dell’alfabeto, difficoltà nell’apprendere nuove parole, di riprodurre parole e di unire suoni a lettere. Inoltre presenta un vocabolario ridotto rispetto ai suoi coetanei.

Sarà poi compito di un esperto capire se si tratta di segnali precoci che potrebbero portare allo sviluppo della dislessia o se si tratta di difficoltà temporanee che possono essere risolte in altro modo. Ciò non toglie però che la prevenzione sia importante e che conoscere le sue possibili manifestazioni permetterà al bambino di ricevere prima un trattamento adeguato.

 

Possibili trattamenti

Il primo aiuto per un bambino che soffre di dislessia proviene certamente dal contesto scolastico. Bisognerebbe adottare dei metodi che facilitino i processi di apprendimento e di lettura del piccolo, come ad esempio l’utilizzo di programmi informatici specifici. I dati a sostegno dell’efficacia di questi programmi sono in continuo aumento, ma c’è bisogno che il bambino sia seguito anche al di fuori del contesto scolastico affinché le sue abilità possano realmente migliorare. Si tratta di interventi semplici che i genitori possono mettere in atto in qualunque momento della giornata ed anche più volte al giorno se necessario. Leggere ad alta voce tutti i giorni libri di animazione o comunque libri che catturano l’interesse del bambino, fornirgli validi supporti tecnologici come ad esempio gli audiolibri (in questo modo il bambino collegherà i suoni che sta ascoltando con le parole che sta vedendo), lodarlo spesso quando riesce a svolgere correttamente un certo tipo di compito (per aumentare la sua autostima e per tenere alta la sua motivazione) sono tanti piccoli accorgimenti che tutti insieme rappresentano un aiuto ed un sostegno molto efficace.

Interventi genitori
Lodare il bambino quando riesce a svolgere correttamente un certo tipo di compito è un buon modo per aiutarlo ad affrontare la sua dislessia.

Infine esistono diverse strutture esterne specializzate nel trattamento dei disturbi dell’apprendimento, dislessia compresa, dove degli esperti utilizzano tecniche comportamentali e neuropsicologiche che consentono al bambino di sviluppare strategie di apprendimento alternative e di gestire il disagio che potrebbe derivare dalla percezione del suo problema. Inoltre esistono degli interventi rivolti anche ai genitori, per aiutarli ad affrontare il problema del bambino e per permettergli di sostenerlo al meglio in ogni momento.

La teoria spesso però non corrisponde alla pratica a causa della disinformazione relativa all’argomento. Nella maggior parte dei casi i bambini dislessici infatti vengono considerati come “intelligenti, ma che non si applicano” senza comprendere che in realtà non è una questione di essere pigri o svogliati. La vita di questi bambini potrebbe essere di gran lunga più semplice se solo la scuola e gli insegnanti fossero in grado di riconoscere i segni precoci della dislessia e di sostenere i bambini durante il loro percorso scolastico. Sarebbe più semplice se anche le famiglie avessero le conoscenze necessarie per riconoscere i segnali che potrebbero essere collegati alla dislessia.

 

La dislessia nel DSM-5

Il Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali fornisce tutte le informazioni utili per poter diagnosticare la dislessia. Il soggetto deve innanzitutto presentare un livello di lettura inferiore rispetto a quello che normalmente ci si aspetterebbe in base alla sua età (misurato attraverso test standardizzati appositi). Inoltre il deficit deve interferire in modo significativo con l’apprendimento scolastico o con tutte le altre attività che coinvolgono le abilità di lettura. Bisogna anche accertarsi del fatto che non sia presente nessun altro deficit di tipo sensoriale perché le difficoltà del bambino potrebbero dipendere da quest’ultimo e non dalla dislessia ed infine bisogna differenziare le normali variazioni della lettura dalla vera e propria dislessia. Purtroppo spesso la dislessia non si presenta mai da sola perché può essere accompagnata da altri disturbi quali  la disortografia, la disgrafia e lievi difficoltà nel linguaggio orale.

Il bambino dislessico si distingue da un bambino che invece presenta solo un ritardo nell’acquisizione della capacità di lettura perché purtroppo nel suo caso tale processo rimarrà sempre lento, faticoso e poco automatico nonostante la continua e crescente scolarizzazione. Ciò non significa però che queste competenze non si svilupperanno mai, anzi al contrario, ma purtroppo non potranno mai essere definite completamente normalizzate.

 

La dislessia negli adulti: Andrea Delogu

Come detto precedentemente si tratta di un disturbo relativamente giovane, per cui la ricerca è ancora agli inizi e per il momento si sta concentrando prevalentemente sui bambini. La dislessia però è un disturbo del quale non ci si libera mai del tutto, rimane sempre attaccato alla vita del bambino e dell’adulto che sarà. Purtroppo al momento in Italia la domanda di diagnostica relativa agli adulti non ha ancora una risposta adeguata perché le strutture ed i servizi che si occupano di diagnosticare la dislessia non trattano pazienti di età superiore ai 18 anni, mentre i servizi che si occupano della neuropsicologia dell’adulto raramente trattano la dislessia. Come se non bastasse, non esistono ancora strumenti adeguatamente validati per diagnosticare la dislessia negli adulti e si hanno pochi dati circa le difficoltà degli adulti dislessici.

Andrea Delogu
Andrea Delogu, conduttrice televisiva e radiofonica italiana molto apprezzata. Recentemente ha scritto un libro intitolato “Dove finiscono le parole. Storia semiseria di una dislessica”, nel quale racconta della sua dislessia.

Nonostante ciò un adeguato percorso riabilitativo può fare la differenza perché porta a significativi miglioramenti non solo della sintomatologia e delle difficoltà legata alla dislessia, ma contribuisce anche alla riduzione della sintomatologia ansioso-depressiva che potrebbe manifestarsi come conseguenza della dislessia stessa.

Al giorno d’oggi in tanti si battono affinché la gente ne sappia di più sulla dislessia e tra di loro non mancano personaggi di spettacolo come Andrea Delogu. Conduttrice televisiva e radiofonica italiana molto apprezzata, recentemente ha scritto un libro intitolato “Dove finiscono le parole. Storia semiseria di una dislessica”, nel quale racconta della sua dislessia con ironia, intelligenza e sincerità, sottolineando quanto sia importante riconoscerla e conoscerla.

 

La dislessia come opportunità

Andrea racconta di aver scoperto di essere dislessica all’età di 26 anni; ora ne ha 37. Tutto è avvenuto in modo assolutamente casuale perché un bel giorno la madre le ha girato un link in cui si parlava della dislessia, chiedendole se poteva essere “quella cosa là”. Da quel momento tutto è cambiato. Prima di questa scoperta si era sempre sentita diversa, in ritardo rispetto ai suoi coetanei. Nonostante il suo forte desiderio di leggere ed apprendere, incontrava difficoltà che per una bambina sembrano insormontabili. Nonostante il suo impegno, gli insegnanti la definivano con la classica frase “è intelligente, ma non si applica”, espressione della quale oggi si abusa e che nasconde i reali problemi che qualunque bambino potrebbe avere. Quest’atteggiamento ha delle conseguenze importanti perché un bambino sarà naturalmente portato a credere che sia colpa sua e che non si applica abbastanza, causando problemi perfino a livello psicologico, sociale e familiare.

Dare un nome alle proprie difficoltà, capire che la colpa non è del poco impegno o della pigrizia può davvero fare la differenza. Per questo Andrea definisce la dislessia come un’opportunità, perché saperlo apre un mondo all’interno del quale finalmente è possibile (ri)trovare se stessi. Per lei è fondamentale condividere la sua esperienza affinché le persone imparino a conoscere meglio la dislessia, a capire il mondo di un dislessico. Si tratta di un bambino o di un adulto esattamente come tutti gli altri perché è intelligente, spiritoso ed amichevole, ciò che lo distingue dagli altri è solo il suo modo di apprendere e di vedere il mondo.

 

EasyReading, un font che permette a tutti la lettura del libro

La dislessia intacca la capacità del bambino di riconoscere le lettere e di leggere le parole e proprio in virtù di questa cosa Andrea ha deciso di utilizzare un font molto particolare per il suo libro: EasyReading. La scoperta è stata completamente casuale perché le è capitato di leggere un articolo su un giornale e da quel momento non è più andato via dalla sua mente. Da lì l’ispirazione di scrivere utilizzando proprio questo particolare font ed il motivo è molto semplice. Siccome facilita la lettura per le persone dislessiche, non poteva scegliere modo più appropriato di scrivere il suo libro visto che si parla della sua dislessia. In questo modo il libro può essere letto non solo da chi vuole saperne di più su questo disturbo, ma anche da chi ne soffre per cercare un conforto, un sostegno, per vedere che si può vivere bene anche con la dislessia.

EasyReading è anche il font utilizzato da Topolino che casualmente è il supereroe di Andrea. Da piccola, tornata a casa dopo la scuola, leggeva sempre le avventure del topo più amato da grandi e piccini, seppur con delle difficoltà. Ma questo non l’ha mai buttata giù, ha sempre affrontato le difficoltà proprio come faceva il protagonista del suo fumetto preferito, imparando da quest’ultimo che esiste una soluzione ai problemi e che alla fine finisce tutto bene. La dislessia non le ha mai impedito di leggerlo così come non le ha impedito di entrare nel mondo dello spettacolo. Paradossalmente la sua dislessia le ha permesso di essere considerata da una prospettiva diversa perché la sua conduzione era nuova, fresca e moderna rispetto a quella di tanti altri suoi colleghi. È solita improvvisare, non legge il gobbo e segue molto il suo istinto e questo suo modo di fare le ha permesso di fare carriera.

Font EasyReading
EasyReading è un font che facilita la lettura per le persone dislessiche.

Il messaggio che vuole trasmettere è semplice: bisogna parlare. Parlare agli insegnanti, ai genitori e perfino ai bambini perché solamente attraverso la comunicazione e la diffusione di informazioni circa la dislessia è possibile fare realmente qualcosa. Se tutto questo manca, un bambino dislessico si sentirà sempre inadatto, sbagliato, fuori posto, come se fosse tutta colpa sua. È un bel peso da portare per un bambino che a malapena ha iniziato ad affacciarsi alla vita, per cui condividerlo con lui non potrà far altro che giovargli, permettendogli di acquistare fiducia in se stesso e di non farsi fermare dalla dislessia.

 

Martina Morello

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