Una nuova ricerca ci fa dubitare delle nostre scelte politiche. E se alla base del voto ci fosse solo la genetica e in realtà non avessimo alcun libero arbitrio?
“L’ideologia, l’ideologia credo ancora che ci sia…” Così cantava Gaber nei primi anni ’90. La differenza fra destra e sinistra nel periodo di mani pulite, dell’ascesa di uno fra i personaggi più controversi della politica italiana moderna, quel Silvio Berlusconi degno seguace di Bettino Craxi. Il grande Giorgio canta di queste divisioni, le banalizza, elenca molti luoghi comuni e si scopre che la nutella è di sinistra, ma il cioccolato svizzero è di destra; il blue jeans un classico dello stile sinistrorso che con la giacca si trasforma in un abbinamento tipico dell’orientamento opposto. Sono realmente le ideologie o gli uomini che con i loro discorsi ci rimbambiscono di parole che fanno sì che il nostro voto si sposti in una direzione piuttosto che l’altra? Si crede davvero a ciò che si sta scegliendo, a prescindere dalla motivazione o forse, semplicemente, c’è a chi piace visceralmente il colore rosso e a chi il blu? Uno studio prova a dimostrare che alla base dell’orientamento politico c’è nientemeno che la genetica.
Le ricerche
John Alford, ricercatore, ha approfondito un tema che ha posato le sue fondamenta ben 30 anni fa: i geni svolgono un ruolo incisivo sulle scelte emozionali e istintive che si compiono quotidianamente. Non che tutte le nostre opinioni siano scritte nel DNA, piuttosto si può asserire che siamo portati geneticamente ad affrontare certi argomenti più apertamente o meno. Così in Alford, ma anche negli scienziati dell’Università della California è diventata sempre più pressante l’idea e gli studi a sostegno che l’orientamento politico non dipenda da fattori sociali, bensì biologici. Addirittura il gene MAOA pare determini la volontà di andare a votare. Così come i gruppi religiosi con il gene 5HTT sono più propensi ad andare a votare rispetto ad altre comunità con una diversa variante del gene. Un team di neuroscienziati dell’University College di Londra ha valutato le idee politiche di 90 studenti con una scala da 1 a 5; successivamente, tramite una risonanza magnetica, hanno osservato le risposte del cervello. I ricercatori hanno appurato che i conservatori tendono ad avere un’amigdala più grande, mentre i liberali hanno una corteccia cingolata anteriore più estesa.
Fattori biologici vs ambientali
Negare l’importanza che la biologia ha sull’orientamento politico è forse un po’ troppo, ma è davvero così incisivo come pare essere dalle ricerche sopra citate? La genetica, sicuramente una delle più grandi conquiste dell’ultimo secolo, ha interessato diverse materie. La psicologia dello sviluppo è una di quelle che s’interroga: sono più importanti i fattori ambientali o è l’ereditarietà ad essere predominante? La crescita si compone di due aspetti fondamentali, la maturazione e l’apprendimento. La prima segue il naturale corso della specie, mentre il secondo riguarda le esperienze individuali che si affrontano quotidianamente. Jean Piaget, psicologo e biologo svizzero, fu uno dei massimi conoscitori della psicologia dello sviluppo. Postulò una teoria a tappe, in cui la funzione cognitiva cresce seguendo un processo di quattro fasi:
- Stadio senso-motorio. Il bambino passa dall’uso dei soli riflessi, dall’egocentrismo radicale a quello di rappresentazione dell’oggetto. Ripete una serie di comportamenti per osservare come ciò si ripercuote sul proprio corpo ed in seguito sugli oggetti.
- Stadio pre-operatorio. Durante questo stadio, l’infante pensa che tutti possano conoscere i suoi pensieri e desideri. Inizia a potenziare il linguaggio, il gioco simbolico e l’imitazione, ma il suo pensiero è ancora egocentrico.
- Stadio operatorio-concreto. In questo periodo vi è un importante sviluppo cognitivo. Il simbolismo e l’oggetto, prima utilizzati senza un senso, vengono adesso sfruttati utilizzando la logica. Riesce a compiere delle operazioni mentali, quali sommare, sottrarre. Questo stadio corrisponde all’età che va dai 6/7 agli 11 anni.
- Stadio operatorio-formale. Dopo i 12 anni vi è un ulteriore e grande passo avanti. In questa fase si sviluppa il pensiero, soprattutto quello astratto. Si fantastica, s’immagina.
Sulla base di questa teoria, Piaget costruì una serie di attività, giochi e materiali adatti ad ogni determinata fase. Se questo costrutto sembra essere troppo standardizzato, lo psicologo non dimenticò di citare i fattori ambientali che potrebbero influire e rallentare la normale evoluzione. Alla fine, in questo “scontro” tra genotipo e fenotipo sembra proprio non esserci una netta prevalenza. E se alla base del voto c’è davvero la biologia, non si può far altro che fare una profilazione genetica per scoprire chi ci governerà negli anni a seguire.
Sonia Felice