Debutta sugli scaffali il primo libro di Carlo Farina “Pay me to do nothing – guida per aspiranti non lavoratori”, la prima guida per aspiranti non lavoratori.
Carlo Farina in arte Karmen, autore del libro.
Munito di una sdraio e di un cartello con scritto Pay me to do nothing il trentenne Carlo Farina in arte Karmen passa le proprie giornate su Via del Corso dove, tra gli sguardi sorpresi ed incuriositi dei passanti, è riuscito a guadagnare in poche ore quello che non guadagnerebbe un giovane lavoratore in settimane di lavoro. Il metodo? Ce lo ha spiegato con il suo primo libro.
L’INTERVISTA
Letizia: “Pay me to do nothing – guida per aspiranti non lavoratori” suona come provocazione. C’è anche della politica?
Karmen: Paradossalmente anche toccando il tema del lavoro, di politica nel libro c’è poco o niente. Ho un rifiuto quasi fisiologico per la politica. Sarà per com’è nel nostro paese, ma preferisco mettere l’accento su altri modi di approcciare la vita.
Letizia: Ancor prima che ti fotografassero in Via del Corso eri già stato “sulla strada”, ma in qualità di artista. Quanto ti ha aiutato la tua esperienza di artista di strada in questa tua nuova esperienza?
Karmen: Per quanto mi riguarda il Pay me to do nothing è stato e resta una performance di strada a tutti gli effetti. Vengo da quello: dal rap in metro e dai party illegali in piazza. Il messaggio c’è, ma c’è anche e soprattutto l’esigenza di fare soldi e di avere del tempo libero da vivermi. Devo dire che l’arte di strada in questo è stata la mia ancora di salvezza.
Letizia: Nel libro hai anche parlato di come si potrebbe mangiare gratis al ristorante. Sembra sia Jordan Belfort a dirlo. Queste tips di vita sono una filosofia che ti ha caratterizzato ancor prima di “Pay me to do nothing”?
Karmen: Aggirare le regole è sempre stato un tratto distintivo del mio carattere fin da quando ero bambino. Con tutto il rispetto per Jordan Belfort, se proprio vogliamo scomodare un truffatore, mi sento più di empatizzare con uno Slippin Jimmy, aka Saul Goodman. Una persona che non si riconosce nel sistema assordante delle norme e che sente il bisogno di far sentire anche la propria voce.
(O di giustificare qualche marachella di troppo con una supercazzola come questa).
Letizia: Consiglieresti il tuo libro a tutti quei ragazzi che si sono cimentati in precarie esperienze lavorative per mettere qualche soldino in tasca ma che a casa stanno portando soltanto insoddisfazione a causa dei numeri sempre più alti di giovani mal pagati?
Karmen: Sinceramente più che seguire i precetti del mio libro auguro a tutti di trovare la propria strada attraverso un lavoro gratificante e che li rappresenti. Purtroppo però spesso la realtà è ben diversa; io c’ho fatto i conti combattendoci e cercando delle soluzioni alternative per sopravvivere ma soprattutto per Vivere. Non pretendo di avere la verità in tasca, ma posso condividere la mia esperienza e sperare di far riflettere qualcuno.
Letizia: Eppure ci sono state volte in cui ti hanno anche cacciato. L’ultimo episodio è quello di Milano. Cosa ti spinge nel voler andar avanti?
Karmen: Sono stato cacciato mentre facevo il Pay me to do nothing, ma non solo. È successo quando facevo rap in metropolitana, quando organizzavamo i party clandestini di notte e in tante altre occasioni. Sono consapevole di aver fatto delle scelte di vita piuttosto radicali, ed è normale che quando uno si mette contro lo Stato debba aspettarsi anche le conseguenze. Ovviamente c’è un motivo se ho deciso di prendermi questi rischi, e il motivo è che credo fermamente nella dignità umana e nel diritto di prendersi il proprio tempo per vivere. Questo mi ha spinto a resistere fin ora.
Letizia: Pensa che i ragazzi dopo la lettura del libro faranno la loro “prima vera scelta da adulto”?
Karmen: Non so se sarò in grado di toccare qualcuno a tal punto. Sono però abbastanza sicuro di aver messo in evidenza un tema piuttosto comune: quello degli obblighi sociali e morali a cui sentiamo di doverci conformare. Per quanto mi riguarda, essere adulti non vuol dire necessariamente avere un lavoro stabile o metter su famiglia. Forse la responsabilità più grande che un essere umano può prendersi è quella di fare ciò che desidera. Mi piacerebbe che le persone dopo aver letto il mio libro si interrogassero quantomeno su questo. State vivendo la vita che volete, o la state impiegando per compiacere il prossimo e la società?
“Fu la mia prima vera scelta da adulto, e al tempo stesso, il motivo per cui a oggi non mi sento ancora pienamente tale, ma conservo, come diceva uno scrittore, quella piccola anima di fanciullino che mi rende fottutamente felice di vivere la vita.”
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