Da George Orwell ai Pentagon Papers: quanto vale la libertà di stampa

«Soltanto una stampa libera e senza limitazioni può svelare efficacemente l’inganno nel governo. E di primaria importanza tra le responsabilità di una stampa libera è il dovere di impedire a qualsiasi parte del governo di ingannare le persone e di inviarle all’estero in terre lontane, a morire di febbri straniere e sotto le bombe ed il tiro forestiero»

13 Giugno 1971 

48 anni fa, durante la guerra del Vietnam, il The New York Times inizia a pubblicare per la prima volta i Pentagon Papers, documenti top-secret di 7000 pagine del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d’America. I fascicoli presentano uno studio approfondito sulle strategie e i rapporti del governo federale con il Vietnam nel periodo che va dal 1945 al 1967. Nel giugno 1967 il segretario alla difesa Robert McNamara commissionò uno studio confidenziale sulla storia della guerra del Vietnam, a cui collaborò tra gli altri Daniel Ellsberg, che lavorava alla RAND Corporation, una società specializzata in analisi delle politiche pubbliche. Lo studio, dal nome US-Vietnam Relations, 1945-1967: History of US Decision Making Process on Vietnam Policy, rimase segreto, tanto che neanche l’allora presidente Johnson ne fu a conoscenza prima della pubblicazione. Dall’ottobre del 1969 Ellsberg e il ricercatore Anthony Russo cominciarono a copiare i documenti con l’intenzione di diffonderli per rivelare le menzogne e gli omicidi di massa commessi nella guerra del Vietnam, nel sud-est asiatico, nei 23 anni presi in esame dallo studio. Nel febbraio 1971 Ellsberg consegnò le carte a Neil Sheehan del New York Times, che cominciò la pubblicazione nel giugno dello stesso anno, per un totale di 134 documenti.

L’articolo di apertura del New York Times recita “Archivio del Vietnam: testimonianze di studio del pentagono, tre decadi di crescente coinvolgimento americano”

Fuga di notizie 

Un sondaggio d’opinione fatto nel marzo 1971, indicava che la fiducia dell’opinione pubblica nei confronti dell’operato del presidente Richard Nixon era diminuita del 50%, perché il pubblico americano pensava che la guerra del Vietnam fosse moralmente ingiustificabile. Il presidente in carica Nixon, quando seppe della pubblicazione dei Pentagon Papers, andò su tutte le furie, perché pensava che la loro pubblicazione avrebbe ulteriormente danneggiato la fiducia pubblica nella sua leadership. Nixon mandò un’ingiunzione per bloccare la pubblicazione dei documenti, ma il New York Times fece appello portando il caso alla Corte suprema, che annullò l’ingiunzione, a favore della libertà di stampa. Nixon non contento, ordinò un’indagine per bloccare la fuga di notizie. Naturalmente nei controlli era compresa anche la sede del Comitato Nazionale Democratico, che aveva sede nell’edificio del Watergate. Questi controlli illegali portarono all’impeachment di Nixon nello scandalo Watergate.

Libertà di stampa

I Pentagon Papers rivelarono che il governo degli Stati Uniti aveva esteso il proprio ruolo nel conflitto con bombardamenti e raid aerei nel Laos, in Cambogia e in Vietnam del Nord e aveva intrapreso delle azioni di guerra. Grazie a quella che viene erroneamente definita fuga di notizie, il popolo americano fu informato di tutti gli avvenimenti e i crimini che il governo aveva taciuto. La libertà di stampa, il diritto che assicura l’esistenza della libertà di parola e della stampa libera, è un diritto che ogni Stato di diritto, assieme agli organi d’informazione dovrebbe garantire ai cittadini ed alle loro associazioni. Tuttavia un qualsiasi governo può decidere, in base alla costituzione ed alle leggi ordinarie o speciali inserite emanate dal legislatore, di non permettere la pubblica conoscenza di alcuni documenti, adducendo motivi di protezione dell’interesse nazionale e della sicurezza nazionale. Tali documenti sono sottratti alla stampa ed al pubblico dei ricercatori in genere. La legge definisce i limiti e le prerogative del concetto di interesse nazionale.

George Orwell, autore del saggio “La libertà di stampa”

A proposito di diritti 

In qualsiasi momento esiste un’ortodossia, un complesso di idee che si presume debbano essere accettate senza obiezioni da chiunque la pensi correttamente. Non che sia precisamente vietato dire questa o quella cosa, però «non sta bene» dirla, proprio come nel periodo vittoriano «non stava bene» menzionare i pantaloni in presenza di una signora. Chiunque sfidi l’ortodossia dominante viene ridotto al silenzio con sorprendente efficacia. Le opinioni autenticamente anticonformiste non trovano quasi mai spazio sulla stampa popolare quanto sulle riviste intellettuali. Sono queste le parole di George Orwell, scrittore e critico letterario britannico, nel saggio La libertà di stampa, scritto dal medesimo. Nonostante l’autore si riferisca in particolar modo meccanismi di censura e autocensura degli organi di informazione nell’Inghilterra della metà del ‘900, le sue parole sono ancora oggi attuali. Risuona ancora l’eco di questi pensieri in determinati contesti o situazioni, come nel caso dei Pentagon Papers. Se queste parole hanno un peso non indifferente, ancora più significativo è il fatto che, nel momento in cui il lavoro di Orwell è stato ultimato, sarebbe stato molto difficile farlo pubblicare. Quattro editori rifiutarono di inserire l’opera di Orwell come prefazione ne La fattoria degli animali, uno dei suoi romanzi più famosi. Due degli editori pubblicavano da anni libri antisovietici, mentre il quarto non aveva un orientamento politico identificabile. Inizialmente un editore aveva accettato il libro, ma dopo le intese preliminari aveva deciso di consultare il ministero dell’Informazione, che pare gli avesse intimato, o comunque consigliato energicamente, di non pubblicarlo. Dunque non ci resta che accettare la realtà dei fatti ed evitare di parlare di pantaloni di fronte alle signore.

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