La figura di Narciso è sicuramente una tra le più interessanti del mondo classico e da sempre ispira riflessioni negli scritti di filosofi e letterati. Ma cosa significa davvero essere narcisisti?
Il mito di Narciso, grazie al suo carattere etico ed estetico, ha trovato ampio spazio in ambito filosofico, artistico e letterario. Ad oggi, però, il termine narcisista ha assunto una connotazione prettamente negativa delineando individui totalmente disinteressati all’altro.
Il mito
Esistono più versioni del mito che riguarda Narciso: una proveniente dai papiri di Ossirinico attribuita a Partenio, una è presente nelle Narrazioni di Conone e, infine, la più nota, contenuta all’interno delle Metamorfosi di Ovidio. Nel racconto del poeta romano una ninfa dei monti di nome Eco si innamorò perdutamente di un giovane vanitoso, Narciso, figlio di una divinità fluviale e di una ninfa. Quando Narciso raggiunse il sedicesimo anno di età era dotato di una bellezza tale da far innamorare chiunque lo incontrasse. Un giorno, mentre era a caccia di cervi, Eco seguì il giovane nel bosco desiderosa di parlare con lui; mostratasi a Narciso, però, la ninfa venne allontanata in malo modo dall’uomo che desiderava essere lasciato solo. Triste e con il cuore infranto Eco trascorse il resto della sua vita in valli solitarie, sofferente a causa di quel rifiuto, finché il suo corpo non si consumò e di lei rimase solo la voce. La sofferenza della ninfa fu ascoltata dalla dea Nemesi che decise di punire il crudele comportamento del giovane: Narciso, infatti, fu condannato ad innamorarsi della sua immagine. Compresa l’impossibilità di possedere quell’amore che tanto agognava il ragazzo si lasciò morire. Quando le Naiadi e le Driadi cercarono il corpo del giovane per collocarlo sul rogo funebre riuscirono a trovare soltanto un fiore al quale fu dato il nome di narciso. Si tramanda che quando Narciso attraversò lo Stige si affacciò sulle acque sperando di poter ammirare per l’ultima volta l’unica cosa che abbia mai amato: se stesso.
La nascita del “narcisista”
Fu Havelock Ellis ad utilizzare per la prima volta il termine “narcisista” in uno studio psicologico sull’autoerotismo del 1892. In seguito fu Näcke ad utilizzare il termine per delineare una perversione sessuale. Fu però “Introduzione al narcisismo”, importante lavoro di Freud del 1914, a segnare la nascita di questo concetto in psicanalisi. Con la costruzione della seconda topica Freud distinse due forme di narcisismo: primario e secondario. Il narcisismo primario è legato alla prima fase dello sviluppo dell’individuo che vive in uno stato di indifferenza poiché non riesce a distinguere tra sé e l’altro. Il narcisismo secondario, invece, è una situazione psichica tardiva che comporta l’investimento libidico nei confronti di un oggetto esterno che viene vissuto come il proprio “io”. In una lettera scritta ad Abraham dopo la stesura del suo saggio del 1914 Freud afferma: “Il narcisismo è stata una dura fatica e porta tutti i segni delle relative deformità”. Attuale oggi più che mai, l’affermazione di Freud vuole indicare come, nonostante i numerosi progressi compiuti, il narcisismo rimanga un campo d’indagine ancora da esplorare, infatti, solo in anni recenti, più precisamente nel 1980, grazie al DSM-III la personalità narcisista entra a far parte della diagnostica psichiatrica.
La quintessenza del male: il narcisismo maligno
Il termine “narcisismo maligno” venne coniato nel 1964 dal Erich Fromm e venne utilizzato per descrivere una condizione in cui la persona è caratterizzata da comportamenti magniloquenti, antisociali e ostili. La disumanizzazione di qualsiasi ambiente e la mancanza d’empatia sono i tratti principali della personalità narcisistica; per Fromm, però, il narcisismo maligno va ben oltre. Protagonista degli orrori della seconda guerra mondiale, il filosofo tentò di far comprendere come il narcisismo sia solo il germe di molti comportamenti dannosi per l’essere umano. In genere la scarsa autostima che caratterizza le persone afflitte da un disturbo narcisistico esige continuamente conferme esterne, ma nei “narcisisti maligni” questo non accade. La personalità “maligna” dà per scontata la sua superiorità e desidera soltanto raggiungere la vetta, sempre e comunque. I narcisisti maligni vennero così descritti da Fromm: <<si sentono potenti per via delle qualità che, secondo loro, sono state date loro alla nascita. Sono più grande e superiore di te, quindi non ho nulla da dimostrare.>> L’unica cura possibile per questo male che attanagli la società moderna è la psicanalisi, la sola arma in grado di guarire le ferite emotive che causano o potrebbero causare un distacco totale dalla società e l’impossibilità di provare emozioni.