
Da quando i New Media sono entrati prepotentemente nelle nostre vite, abbiamo costruito un’agora virtuale che, secondo Bakardijeva, è popolata da infosumer, lurker, chatter e communitarian. Entriamo in questo mondo insieme alla sociologia dei New Media e Nev Shulman.
IDENTITÀ DA SVELARE
Come una lente d’ingrandimento in grado di analizzare e scrutare l’oggetto che ha davanti a sé e che, in caso, potrebbe costituire una prova importante per la risoluzione del caso, il conduttore Nev Shulman cerca di osservare, studiare ed analizzare il profilo utente dell’imputato senza volto, per arrivare alla persona che realmente si nasconde sotto un altro nome. La scelta del conduttore non è nemmeno casuale perché, oltre ad aver ideato lui stesso il programma, è stato anche lui vittima di un catfish, la cui esperienza lo porterà alla realizzazione di un programma in cui ogni catfish potesse esse finalmente “pescato”. Ma cosa vuol dire catfish? il termine tradotto significa “pescecane” e fa riferimento ad una pratica diffusa sui social network che prevede la creazione e l’utilizzo di un account in cui vengono utilizzate foto e dati rubate, allo scopo di raggirare altri utenti. Ma perchè proprio un pesce gatto? il termine catfishing deriva dal fatto che i pescatori siano soliti mettere i merluzzi pescati in vasche insieme a dei pesce gatto. Quest’ultimi hanno il compito di infastidire i merluzzi mordendo loro la coda affinchè all’arrivo sulla terraferma il pesce, che si è mantenuto attivo, risulterà essere più fresco. Ma torniamo al programma, andato in onda per la prima volta il 12 Novembre 2012, dove Schulman e il suo amico Max Joseph si occupano in ogni puntata di una storia diversa, in cui i protagonisti sono sempre due: da un lato, la vittima, ovvero colui che crede di chattare con una persona al tal punto da poter instaurare un rapporto di tipo amoroso ma che, una volta che l’utente chiedeva al suo amico di penna di incontrarsi dal vivo eliminando definitamente questa barriera elettronica che li separava, veniva costantemente rifiutato, arrivando a sospettare che dietro il profilo potesse in realtà nascondersi una terribile quanto amara verità. Dall’altro lato, il catfish, che attraverso immagini rubate finge di essere qualcun altro per poter approcciare qualcuno. Un fenomeno in constante aumento che social network come Facebook, Instagram e Snapchat sono riusciti a marginare attraverso l’applicazione di norme sulla privacy quali, ad esempio, la segnalazione di un profilo ritenuto come rubato, ma non ad eliminare il fenomeno che negli anni, ha portato alla nascita di altre problematiche quali il phishing, il gender swap, truffe romantiche ecc. Insomma, persone dalla doppia vita che, come Superman, di giorno vivono la propria vita e, una volta arrivata la notte, si trasformano nell’utente che vogliono.

ALFABETIZZARE UN LUOGO ANALFABETIZZATO
Lo spazio del web che ci è stato assegnato è un tipo di luogo dove i nostri ruoli possono essere molteplici. Questo non si limita semplicemente a possedere un profilo, creare un nickname ed impostare un’immagine di profilo, poichè nell’agora virtuale puoi essere un laker, un tipo di utente che si limita ad osservare quello che accade in questa piazza quasi fosse un vecchietto seduto al bar. Puoi essere un chatter ed il nome parla sa sè, ovvero quel tipo di utente che interagisce con gli altri tramite chat o scambio di email. Restano infine l’infosumer, che usa il web come pentolone da cui estrarre ogni informazione sul mondo, ed il communitarian, che rappresenta un pò tutti noi che attraverso i nostri profili social cerchiamo di raccontare noi stessi, trasformando i social in un diario fatto di quotidianità pensieri ed attimi resi eterni da un post. Tutti questi tipi di utenti sembrano molto distanti l’uno dall’altro, eppure possono interagire ed è proprio qui che scatta il problema: fra un utente che pubblica innocentemente una sua foto ed un lurker che comincia a spiare il suo profilo dallo spioncino di una porta, ecco che il furto d’identità diventa realtà ed il nostro Nev sarà pronto a trasformare questa storia in una puntata di catfish. Cosa spinge un utente a rubare l’account di un altro utente? Tante cose, dal voler dar via truffe a tuo nome a fingersi di essere Giovanni da Procida con l’obiettivo di approcciarsi con te. D’altronde, la personalizzazione del nostro account non fa altro che alimentare ed arricchire il nostro self trasformandoci in belle persone senza che nessuno ci conosca. Questo è il motivo per cui il catfish seleziona attentamente le sue vittime, utilizzando le nostre foto come meglio crede. Il profilo psicologico del catfish è solitamente quello di una persona con bassa autostima che difficilmente sarebbe riuscito a conquistare qualcuno con i suoi selfie, e la sua bassa autostima lo porta a cercare profili carichi di self per poter colmare la sua mancanza d’autostima, creando un account ricco di self che utilizza come scudo, in quanto sapendo dell’esistenza di tale scudo riesce a chattare apertamente con una persona senza alcun tipo di insicurezza. Caratteristica tipica del modello hyperpersonal, in quanto grazie alla comunicazione mediante computer fanno si che le interazioni fra individui avvengano nel modo più semplice possibile. Ma chi garantisce la nostra privacy
UN VASO DI PANDORA DA SCOPERCHIARE
Il paradosso della privacy consiste in quanto, mentre da un lato trasformiamo il nostro account Instagram nella telecronaca della nostra vita, in cui i nostri seguaci diventano telespettatori distratti, da un lato vogliamo la garanzia che la nostra privacy possa essere garantita. Nella network society idealizzata da Van Dijk fatta di intermediari, utenti col ruolo di mediare quello che accade sul web, nessuno ha voluto rivestire tale compito, trasformando il Web 2.0 in una bolgia senza costituzione, dove per un furto di dati o un atto di bullismo online o revenge porn subisci il criminale subisce il minimo della pena se non nulla, restando di fatto impunito. Nonostante da anni si parli dei benefici che potrebbe portare una E-Democracy, tanti altri problemi inaspriscono internet, che vanno dal digital divide fino ai social addicted. Questo perchè se con con l’avvento dei nuovi media si era arrivati al punto che tutto si potesse digitalizzare, anche i nostri pensieri, tanti sono i problemi della nostra società che si sono digitalizzati, finendo con l’essere uno dei motivi per cui internet viene considerato un luogo pieno di scetticismo, alimentando il fuoco del dibattito fra integrati ed apocalittici. Sostenuti da un lato da Geert Lovink, che definisce il termine media come una parola vuota poichè negli anni ha inglobato tanti altri media come la televisione, il cinema e la radio, un processo storico fondamentale da cui da un media si passa ad un altro. A differenza di questi media più soft il problema di base della network sociaty descritta da Van Dirk e Castells è che questi new media ti portano a pubblicare e a condividere sempre più contenuti finendo col parlare di psicopatologia dell’information overload. Il web 2.0 ci trascina in questo vortice, in cui l’utente non è difeso dalla città descritta da Castells, un luogo senza una costituzione che possa tutelarci o, per lo meno, garantirci che in questa città virtale non girino i nostri sosia.