Qual è la connessione tra i caratteri fisici che si considerano distintivi dei personaggi più celebri e i loro caratteri personali?
La fisiognomica, parola che deriva dal greco physis (natura) e gnosis (conoscenza), indica una disciplina pseudoscientifica che affonda le sue ardici nell’antichità. Troviamo riferimenti allo studio di particolarità fisiche in rapporto alle particolarità soggettive a partire già dal V secolo e, almeno fino al XIX secolo, è stata utilizzata e considerata, con un apice di notorietà ed interesse durante il XIV secolo, quando veniva insegnata anche nelle università.
Lo studio dei caratteri dei personaggi
Che per determinate discipline fosse utile la tipizzazione dei personaggi è cosa nota, si pensi alle commedie di Plauto ma anche a molto del teatro posteriore, eppure essa può essere vista come un’arma a doppio taglio. Ridurre infatti le caratteristiche prima fisiche, e poi psicologiche, di un personaggio fittizio ad una serie di punti fissi è una cosa, con persone reali un’altra. La fisiognomica infatti può essere divisa in due filoni principali: il primo è quello che la definisce come predittiva assoluta, con la semplice deduzione a partire dalla natura dei tratti fisici; la seconda definita come “scientifica” che parte invece da considerazioni di tipo statistico attraverso correlazioni tra i tratti fisici del viso e quelli caratteriali, riallacciandosi al determinismo genetico del carattere. Il concetto di determinismo genetico infatti ipotizza che non siano i fattori sociali o ambientali a definire un carattere bensì i fattori biologici.
Questo tipo di considerazioni hanno fatto sì che si sviluppassero dei “personaggi tipo”, che si trovato fissati nella cornice stessa delle maschere. Questi personaggi ovviamente cambiano nel tempo e derivano da diversi stereotipi.
Per esempio uno sguardo inclinato verso sinistra indicherebbe una tendenza a proiettarsi verso il futuro, verso destra indicherebbe concentrazione, occhi piccoli temperamento energico, quelli grandi forte sensibilità. Cesare Lombroso (1835-1909), attraverso la teoria dell’uomo delinquente, ne aveva applicato i precetti all’antropologia criminale, anche attraverso lo studio del mento, delle sopracciglia, delle mani. La domanda risiede piuttosto in quali siano questi stereotipi e sopratutto come essi vengano utilizzati nella società di oggi.
I personaggi fissi e fissati
Quando si pensa a determinate categorie di personaggi, ed a volte anche di persone, si tende a raggrupparle in scompartimenti mentali abbastanza precisi, che non ammettono molte sfumature. Sembrerebbe lo stesso assunto di base che fonda il pettegolezzo di cui è difficile liberarsi. Ve ne sono di diversi tipi e si potrebbero quasi dividere per epoche differenti. Come Propp fa nella “Morfologia della fiaba” così possiamo fare anche per quanto riguarda le trame delle storie a noi più vicine.
Per quanto riguarda la storia antica pensiamo al carattere tipo “principe azzurro”, nel quale si condensano tutti gli aspetti positivi, colui che soccorre la damigella in pericolo, tendenzialmente anche lei bellissima ed assediata da diverse forze del male. Il concetto alla base sembra proprio quelle due parole greche “kalòs kaì agathòs”, cioè bello e buono dunque al bello corrisponde il buono. E viceversa. Sarà perché gli antagonisti hanno sempre più fascino, ma le categorie del brutto si sono diramate in ogni senso, fino a sfociare nel bello. In confronto i brutti buoni sono molti meno. La difficoltà di categorizzazione estetica appare evidente, se noi latini ad esempio deriviamo la parola stessa brutto dalla Britannia, ed in particolare dal senso che ha di “segno”, “tatuaggio”, tratto che al contrario oggi viene considerato bello dalla maggior parte della popolazione, che cerca di fuggire ogni stereotipo.
È utile per il nostro percorso tornare al concetto della fisiognomica applicato nel mondo del cinema moderno, notando come i personaggi, soprattutto nella commedia, tendano ancora ad essere plautini e stereotipati perché noi possiamo comprenderli meglio.
La fisiognomica recente nel cinema
In molti dei film dei quali siamo spettatori incontriamo figure che sin da subito sono riconoscibili nel loro ruolo di buoni o cattivi, primari o secondari. Se questi non esistessero, è da ricordare, ne dovremmo inventare di nuovi per poi categorizzarli ancora una volta: persino chi non voleva essere ricondotto a nessuna categoria ci è finito. Si pensi agli “outsider”, che a loro volta si assomigliano l’uno con l’altro.
Prendiamo come esempio il giovane tormentato, come Harry Potter, Percy Jackson, Frodo, simili, oltre che per carattere anche per fisicità, derivante anche dall’idea di un certa tipologia di occhi e di contrasto con il colore bruno dei capelli. Per rimanere nel campo di Harry Potter il bianco come colore di capelli riesce ad avere due connotazioni molto diverse, per Albus Silente e per la famiglia Malfoy. Il primo appartiene alla categoria del “vecchio saggio”, mentre il secondo alla categoria del diverso, che spaventa per via della sua anomalia. Ne è un celebre esempio anche Rosso Malpelo. Interessante anche il contatto con la cultura africana degli albini, che vengono associati alla magia, positiva e negativa, per via soltanto di una caratteristica fisica. Importante per definire un personaggio è anche il suo sorriso, che a seconda della piegatura delle labbra vuole indicare una diversa tipizzazione, dunque l’esempio di Joker, che ricorda in un certo senso il sorriso maligno.