Edoardo D’Erme, in arte l’ormai conosciutissimo Calcutta, ha trent’anni ed è originario di Latina. Capelli disordinati e coperti dal cappuccio delle larghe felpe , sguardo incerto e gregge di pecore sullo sfondo, Calcutta è diventato uno dei cantanti più apprezzati della scena ITPOP (un’evoluzione dell’etichetta indie) per la sua capacità di raccontare il senso di smarrimento di una generazione.
Attività
Attivo come musicista in diversi gruppi musicali locali fin dal 2007, fonda e partecipa senza sosta a svariate band fallimentari della sua città. Un giorno decide di fondare con Marco Crypta i ”Calcutta”, duo chimp pop all’italiana, una miscela indie fra Beat Happening e Lucio Battisti. Il gruppo si esibisce la prima volta al Sottoscala di Latina,l’entusiasmo generale li porterà a riempire qualsiasi buco possibile nella programmazione del locale.
Nel 2011 Marco lascia la band e di conseguenza Edoardo si ritroverà solo e cantautore. Nel 2012 pubblica per l’etichetta Geograph Records il suo primo disco intitolato “Forse…”, a seguito del quale si esibisce in diversi locali d’Italia. L’anno successivo pubblica l’ep “The Sabaudian Tape“, registrato in cassetta e tiratura limitata per l’etichetta romana Selva elettrica.
Il successo
Raggiunge la notorietà nazionale nel 2015 firmando con la label Bomba Dischi e iniziando a lavorare sul suo secondo disco, “Mainstream”, in collaborazione con Niccolò Contessa de ”I Cani” che lo aiuta in fase di arrangiamento e produzione. L’album esce il l 30 novembre 2015 anticipato dal singolo “Cosa mi manchi a fare” che supera velocemente il milione di visualizzazioni su YouTube. ”Mainstream” viene nominato per il premio Targa Elenco nella categoria “album dell’anno”.
Nel maggio 2016 pubblica il brano inedito “Oroscopo”, prodotto l duo Takagi & Ketra. La canzone ha ottimi risultati di vendita e viene certificata disco d’oro. Edoardo inizia anche un percorso da autore collaborando alla scrittura del brano “Mi Hai Fatto Fare Tardi” di Nina Zilli e alle canzoni “Milano intorno” e “Allergia”, pubblicate nell’album Comunisti col Rolex uscito nel gennaio 2017. Nell’aprile 2018 , esce il suo terzo album ; Evergreen , che stima più di 30.965 copie vendute.
Calcutta voce di una generazione
Sempre più giovani si immedesimano nei brani intimi e malinconici di Edoardo, il quale è in grado di raccontare una forma di solitudine e un senso di smarrimento che molti provano o, almeno una volta, hanno provato. La sua poesia si esprime con frasi semplici che riassumono piccoli dilemmi , come “Esco o non esco?”, l’incipit di Pesto che richiama (ai più intrepidi) una certa eco shakespeariana , oppure “Io ti giuro che ti cerco nel traffico”, che esprime l’amaro disagio di chi ha vissuto la sensazione di errare di continuo da un luogo all’altro.
Calcutta è la voce del disagio che pervade i giovani i quali, avendo paura dei propri sentimenti, non riescono a confessare di essersi innamorati, rimangiandosi goffamente le proprie emozioni : “mi sono innamorato, mi ero addormentato di te“; Una generazione che non riesce a creare legami ma che poi, paradossalmente, non è in grado di liberarsene perché “tanto tutte le strade mi portano alle tue mutande“, e che si vergogna delle proprie debolezze (Cosa mi manchi a fare). Ragazzi che per “noia” si mettono a disegnare svastiche in centro a Bologna, o che per fare la rivoluzione, come estremo atto di libertà, si concedono di non lavare i piatti con lo Svelto.
Calcutta e la filosofia di Galimberti
Insomma Calcutta ,oltre ad essere un capacissimo artista, si rivela nei suoi testi più profondi un quasi filosofo. E la sua filosofia ”per caso” si avvicina molto a quella del filosofo e sociologo contemporaneo Umberto Galimberti che, nel libro ”Un’ospite inquientante” , offre una panoramica sulla nostra generazione. La tesi di fondo che anima il saggio del filosofo è che il mondo di oggi, in particolare quello dei giovani, sia pervaso dal nichilismo il quale, aggirandosi tra i ragazzi, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella prospettive, orizzonti e valori, e fiacca la loro anima. Il nichilismo infatti è quell’ospite inquietante, ben descritto da Nietzsche a fine Ottocento, che oggi torna ad aggirarsi nella vita degli italiani.
”Di forza d’animo hanno bisogno i giovani soprattutto oggi perché non sono più sostenuti da una tradizione, perché si sono rotte le tavole dove erano incise le leggi della morale, perché si è smarrito il senso dell’esistenza e incerta s’è fatta la sua direzione.”
Riflessione
In un mondo che funziona esclusivamente secondo le leggi della tecnica e del mercato, scrive il filosofo, i giovani si sentono disincantati e sfiduciati, si scoprono disinteressati alla scuola, emotivamente analfabeti, inariditi dentro. Solo il mercato sembra interessarsi di loro per condurli sulle vie del divertimento e del consumo, dove però, avverte Galimberti , “ciò che si consuma è la loro stessa vita, che più non riesce a proiettarsi in un futuro capace di far intravedere una qualche promessa”.
Questo stato di disagio e di deserto emotivo, fa sì che le famiglie si allarmino mentre attecchiscono secondo, Galimberti i fenomeni di devianza giovanile noti alle cronache: il bullismo nelle scuole, le violenze degli ultrà negli stadi, l’ecstasy e le altre droghe nelle discoteche, i sassi gettati dal cavalcavia delle autostrade.
Ma come uscire da questo cupo scenario? Come andare oltre il nichilismo? La soluzione c’è, scrive il docente di Venezia. E passa ancora per Nietzsche, quando ne ” La gaia scienza” il grande filosofo tedesco scriveva: “La vita non mi ha disilluso. Di anno in anno la trovo sempre più ricca, più desiderabile e più misteriosa (…) La vita come mezzo di conoscenza. Con questo principio nel cuore si può non soltanto valorosamente, ma anche gioiosamente vivere e gioiosamente ridere”.
La proposta di Galimberti è dunque quella di risvegliare e consentire ai giovani di dischiudere il loro segreto, spesso a loro stessi ignoto. Se gli adulti sapranno insegnare ai ragazzi ” l’arte del vivere”, come dicevano i Greci antichi, che consiste nel riconoscere le proprie capacità, nell’esplicitarle e vederle fiorire secondo misura, allora con questo primo passo i giovani potrebbero innamorarsi di sé. E quell”ospite inquietante”, messo finalmente alla porta, non sarebbe passato invano dalle loro esistenze.
Calcutta e Galimberti , due figure così diverse ma che parlano la stessa lingua e raccontano lo stesso disagio, ci invitano ad innamorarci di noi stessi, accogliendo le nostre fragilità , apprezzando l’arte di vivere.