Theresa May, Primo Ministro britannico
Lacerazioni interne
Le parole di Theresa May arrivano a seguito della crisi di governo che nei giorni scorsi ha visto le dimissioni di due elementi di spicco come Boris Johnson, titolare del Foreign Office, e David Davis, ministro con delega alla Brexit, in poche parole i ministri più “Brexitiani” del governo May. Questo a seguito delle polemiche rivolte alla Premier, che viene accusata di avere un comportamento “soft” rispetto a quelle che sarebbero le prerogative del Regno Unito nell’ ambito dell’uscita dall’ Ue. Gli euroscettici britannici sono convinti che la “linea morbida” sia un tradimento della volontà popolare, e delle promesse fatte dopo il referendum del 2016. Al punto che Johnson, nella sua lettera di dimissioni ha scritto: “Il sogno della Brexit sta morendo”, e sembra non sia l’unico a pensarla così.
Il Libro Bianco
Intanto ieri il governo londinese ha pubblicato il piano per le relazioni con l’Ue post-Brexit, l’atteso Libro Bianco. Se c’è un argomento che i più euroscettici non potranno contestare alla May, è sicuramente quello delle frontiere, scrive infatti sulla sua pagina Facebook: “Non accadrà più che la gente arrivi senza permesso dall’Europa con la remota speranza di trovare un lavoro. Saranno sempre benvenuti invece i professionisti qualificati che aiutano il nostro Paese a prosperare, ma per la prima volta da decenni avremo il pieno controllo delle nostre frontiere. E sarà il Regno Unito, non Bruxelles, che deciderà a chi sarà consentito vivere e lavorare qui”. Dichiarazioni che fanno temere i tanti lavoratori della Comunità Europea che vivono in UK. Ma oltre alla fine della libera circolazione delle persone ci sono altri due punti fondamentali del “White Paper”: creazione di una zona di libero scambio di beni e la possibilità per il Parlamento di non seguire la legislazione dell’UE.
Non regolarizzati
Ma i diretti interessati dalla chiusura delle frontiere, saranno soprattutto coloro i quali, lavoratori e studenti, si trovano già all’interno del Regno Unito. Il console generale d’Italia a Londra ha affermato che gli italiani presenti in territorio britannico siano 700mila, di cui solo 315mila sono registrati all’Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero), il che significa che oltre metà degli italiani nel Regno Unito si trovano in una posizione non regolarizzata. La legge prevede infatti che se un italiano ha intenzione di fermarsi all’estero per più di 12 mesi, debba iscriversi all’Aire entro 90 giorni dall’arrivo. Ne consegue, sull’onda dei timori di una forte presa di posizione nei confronti degli stranieri, che una “folla” di italiani mai comparsi nei dati ufficiali, stia emergendo in Gran Bretagna. Bisogna capire che effetto avrà la chiusura delle frontiere, nel flusso di italiani che ogni anno attraversano La Manica, in cerca di fortuna, e che soltanto nel 2017, secondo l’Ufficio Nazionale di Statistica britannico, sono stati 51mila, attestandosi come terza forza migratoria principale verso l’isola, preceduti solamente da romeni e polacchi.
Antonio Tedesco