Boom boom ciao, Platone: l’amore del Simposio nella Casa di Carta

Il vantaggio dell’amato e le difficoltà di chi ama esplodono davanti agli occhi degli spettatori della serie e si ritrovano anche nel cuore dell’erotica platonica: Socrate e Palermo affrontano il complesso gioco degli amanti.

Berlino e Palermo, un legame forte e complesso

Nel cuore della seconda rapina del millennio, barricati e sotto attacco nel Banco di Spagna, Palermo e Nairobi si confrontano con durezza inaudita. La contesa sul piano personale arriva ad avvolgere le rispettive vite e scelte amorose. Ne emergono due concezioni erotiche molto differenti, salgono in superficie amori inconfessati e dolorosi rimpianti. La legge dell’amore secondo Palermo è modellata sul discorso di Alcibiade che irrompe, ubriaco, nel Simposio che Platone allestisce nella sua opera omonima. In amore, l’amato è sempre più potente rispetto all’amante. dice Palermo (di sè). Platone vede lo slittamento del ruolo di Socrate da amante ad amato, in grado però di guidare gli innamorati verso le vere dimensioni erotiche, quelle ideali e spirituali.

Ti amo e tutte le altre parole che non ti ho detto

Dioscuro del compianto Andrés de Fonollosa, al secolo Berlino, Palermo è l’ingresso di maggior spessore nel cast della terza stagione della Casa di Carta. Lo è sotto vari aspetti: la forza del personaggio, l’intensità espressiva, la centralità narrativa, lo spessore umano e l’edificio valoriale. Cresciuto all’ombra di Berlino che è troppo centrato su sé stesso per accorgersi dell’amore incondizionato e quindi mai corrisposto dell’amico, Martin irrompe nella vicenda dei ladri più famosi di Spagna con ferocia e determinazione, sottigliezza e decisione. È infatti anche a lui che si deve la complessa macchinazione sottesa al colpo. Matematico raffinato, ingegnere visionario, Palermo è stato la spalla di Berlino nel progetto che grava sulle spalle del professore, come un eredità mai voluta e per questo indigesta. Per quanto si sforzi di apparire tale, Palermo non è e non può essere il capo del gruppo. Dentro di lui si agitano le furie della perdita irrimediabile dell’amato e della rabbia per la mancata espressione dell’amore e per la sua impossibile realizzazione. Proprio su questo letale vicolo cieco farà leva Nairobi (“l’amica etero sfigata”) in una scelta ad elevata intensità patetica, rispedendo al mittente i proiettili dialettici di Martin. Se lei vive di un amore che l’omosessualità di Helsinki rende altamente improbabile, per Martin la strada è sbarrata per sempre: la morte dell’amato chiude ogni orizzonte possibile, lasciando amarissimi rimpianti per non essersi nemmeno dichiarato. E proprio sulla nostalgia di quello che non potrà più tornare intatto come prima che si costruisce il tono emotivo di questa terza serie. È il rimpianto (ciò che non fu mai e non sarà) che scorre nel sottosuolo della narrazione. Di Berlino, rimarrà il simulacro che Martin proverà a replicare, emulandolo, superandolo. Leadership, decisione, spietatezza, risolutezza, visione: l’intero agire di Palermo ricorda e omaggia, senza però giungerne nelle stesse profondità, il vissuto di Andrés. Senza invidia, senza rancore, ma solo con incondizionata, terribile infatuazione. Non avendo nulla da perdere (ha già perso tutto), le sue decisioni appaiono infatti estreme e disperate. Non può ricominciare la normalità, dopo la morte inaspettata (solo il Professore era a conoscenza della malattia terminale) di Berlino, la strada non è l’accettazione ma la remissione, l’indurimento, l’anafettività , l’aggressività, la superficialità. La grossolana teoria del “Boom, Boom, ciao” sintetizza quel malessere, distillando una visione mefitica, ingenerosa e umiliante dell’amore (soprattutto quello verso le persone dello stesso sesso), visto dagli occhi dell’amante, destinato a sicura e indefettibile inferiorità dialettica e infelicità esistenziale (la sua, appunto).

Il momento del confronto sul tema erotico

Mi sento come l’effetto di uno sia stato morsicato da una vipera

Il Simposio è davvero un testo emblematico del Platonismo ai suoi massimi livelli. Composto dal filosofo ateniese nel pieno della maturità (387-377 a.C.) risulta il dialogo più letto degli ultimi anni. Le ragioni di questo successo sono molteplici ma, di fatto, si possono comprendere perché in questo testo Platone racchiude e mescola con efficacia concettuale e grazia stilistica, i vertici del suo pensiero (anche in riferimento alle Dottrine non Scritte, le parti che egli non trattò per iscritto), i tratti religiosi, etici e assiomatici della sua epoca e una penna feconda e mimetica, in grado di passare per più registri stilistici, sempre a volume altissimo. In casa del trageda Agatone, alcuni amici del poeta si trovano per festeggiare il suo primo successo (416 a.C.). Dopo aver pranzato, inizia il rituale del simposio, ovvero l’abitudine tutta ateniese di bere insieme discorrendo di vari argomenti. Su indicazione del medico Erissimaco, l’argomento a dibattito sarà Eros, con lo scopo di fare un discorso “più bello possibile”. Si susseguono i vari discorsi, alcuni destinati a essere immortali, come quello dell’Androgino di Aristofane, il confronto con Diotima evocato da Socrate, l’elogio epico di Agatone. Verso la fine della serata, irrompe il giovane e ubriaco Alcibiade che reclama del nuovo vino (ne berrà a secchiate) e vuole entrare nel simposio, è il colpo di frusta di Dioniso in un contesto dove regna un’apollinea sobrietà concettuale ed espressiva. Erissimaco gli ricorda le regole ma egli non accetta: non parlerà d’amore, ma del (suo) amato, Socrate. Da Amore a amato, da Eros a erotikos: Socrate, appunto. Il filosofo è brutto fuori ma prezioso dentro. Come Palermo, è attratto dall’amato ma anche respinto dai suoi discorsi. Egli confessa di aver provato a barattare la sua bellezza fisica con la sapienza e la virtù del maestro. È costume diffuso nel popolo greco, Platone non lo accetta e ne ha già rimarcato la critica: non sono beni commensurabili, stanno su piani completamente diversi. Nella sua originale teoria

Bere insieme: questo il significato letterale del termine Simposio

“Per Amare ci vuole coraggio” e bisogna trascendere la natura umana

Palermo rileva come l’amore sia obbediente alla biologia umana: da una parte l’istinto femminile è quello della riproduzione, prima e sopra tutto, dall’altra, in quello maschile, prevale quello che privilegia l’atto, la penetrazione, il riequilibrio della libido. Questo connotato differenzierebbe anche l’amore omosessuale maschile da quello femminile. Nel discorso di Alcibiade, vediamo cambiare, in senso Platonico, la posizione di Socrate. Egli avrebbe ingannato molti giovani presentandosi come l’amante, divenendo ben presto l’amato. La legge dell’amore secondo Palermo porta vantaggio a chi è amato perché è in quiete, non manca di nulla, non è quell’Eros ingegnoso e manchevole descritto da Diotima che non possiede nulla ma ha mezzi per trovare ciò che trova, non deve necessariamente amare chi lo ama. Infatti, Nairobi ama Helsinki che ama Palermo (che amava Berlino, come esploderà a breve). Palermo non ama nessuno. Come Palermo, Socrate nasce amante poi diventa amato ma il filosofo è molto più audace (“per amare ci vuole coraggio”, dice Nairobi), porta a un piano successivo l’amore. Superando il rapporto tra anziano e giovane (accettato dall’aristocrazia ateniese come vantaggioso scambio vicendevole), si supera la barriere dell’amore fisico e carnale. Il sesso materiale non è per sé vituperabile, lo diventa solo quando rimane l’unica dimensione erotica. Svincolato dalla carne e, come dice Martin, dalla “biologia”, il sentimento omoerotico supera l’aspetto materiale per attingere alla bellezza interiore verso la virtù profonda della nostra anima, la conoscenza

 

1 commento su “Boom boom ciao, Platone: l’amore del Simposio nella Casa di Carta”

  1. Molto interessante. Peccato non aver visto riferimenti al de rerum natura, che per moltissimi aspetti si avvicina al discorso di Palermo!

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