Billy Milligan e la personalità multipla: ecco cosa succede quando nella mente si è troppi

Affascinanti e mozzafiato, i casi di personalità multipla sono stati il fardello e il fascino del Nord America negli anni Ottanta. Esaminiamo qui uno dei casi più famosi, quello di Billy Milligan.

In Italia, le personalità multiple sono state conosciute grazie alla divulgazione di libri e film, generalmente prodotti oltreoceano. Al di là degli studi degli specialisti, la conoscenza del disturbo da parte del gran pubblico è avvenuta anche in America tramite prodotti accessibili a tutti, quali quelli menzionati, a cui si sommano servizi mandati in onda alla televisione e sui social. SplitUna stanza piena di gente sono illustri rappresentanti della categoria di contenuti pensati per i non esperti di tutto il mondo. Entrambi sono ispirati dalla stessa storia vera, quella di Billy Milligan, da riconoscersi come uno dei casi più celebri di questa patologia psichiatrica.

Ventiquattro persone che condividono un corpo

Billy Milligan è uno dei personaggi più popolari della criminologia americana. L’uomo, affetto da disturbo di personalità multipla, rimane il primo criminale della storia statunitense ad essere assolto, nonostante il riconoscimento del crimine commesso, perché affetto da un disturbo psichiatrico e, quindi, scagionato per infermità mentale. Billy avrebbe sofferto, secondo gli esperti, di disturbo dissociativo dell’identità. Con quest’ultimo termine si intende quello che viene dai non addetti ai lavori definito una personalità multipla, ossia un individuo in cui convivono più identità o personalità, generalmente chiamate “alter“.

Il libro di Daniel Keyes Una stanza piena di gente, scritto nel 1981, è una biografia di Billy perfettamente attendibile, soprattutto perché scritta dall’autore in collaborazione con il protagonista della storia. Milligan appare vittima, secondo gli psichiatri e la psicologa che in vari e diversi modi lo interrogano e tentano di provvedere a una cura, dalla patologia di cui parliamo perché mostra ben 24 diverse personalità, ossia altrettante diverse persone che condividono il suo corpo e che prendono di volta in volta il controllo, sottraendogli la coscienza.

Il 27 Ottobre del 1975 Billy venne arrestato per aver rapito, stuprato e rapinato tre studentesse. All’età di soli vent’anni, l’uomo ha già collezionato diversi crimini sulla propria fedina penale, ma questa volta al suo reato si sommano il fatto che questo sia stato compiuto in piena mattinata e un nuovo e inedito interesse delle autorità di competenza per i suoi strani atteggiamenti, che presto vengono riferiti dai periti al disturbo.

Billy inizia un difficile percorso terapeutico e riabilitativo, che oscilla tra successi e ricadute, nel tentativo di ottenere la cosiddetta “integrazione” delle personalità, vale a dire un’unione di tutti i caratteri degli alter in un Billy che si possa definire unico e completo. L’obiettivo fu raggiunto nel 1991, anno in cui l’individuo fu rilasciato dall’ultimo dei molti manicomi in cui fu rinchiuso.

Billy Milligan

Il fascino degli alter

Daniel Keyes non è stato l’unico ispirato da questa affascinante storia. Il regista M. Night Shyamalan ha più volte dichiarato di essere rimasto colpito dalla storia di Billy e di aver deciso nel 2016 di girare Split proprio per questo motivo. Il film, prodotto negli Stati Uniti, vede James McAvoy nei panni di Kevin Wendell Crumb, personaggio liberamente ispirato a Milligan.

Nel film, Kevin è stato diagnosticato affetto da disturbo dissociativo dell’identità perché presenta 23 differenti alter ed è in cura presso una psicologa. Nonostante la terapia sia da tempo iniziata, il personaggio è ancora vittima del disturbo e si macchia di un delitto simile a quello di Billy, oramai divenuto uno dei criminali più noti d’America: rapisce due ragazze e le rinchiude. Alle due vittime si palesano di volta in volta le diverse personalità del soggetto.

Nel caso della personalità multipla, film e libri coinvolgono sempre il pubblico e riescono ad ottenere rilievo perché rendono il disturbo un fatto misterioso e curioso. Tutti si chiedono, guardandoli, come sia possibile che all’interno dello stesso corpo possano convivere tutte le personalità che di volta in volta compaiono e come possano differenziarsi tra loro in maniera così netta. Gli alter hanno, infatti, differenze di età, sesso, orientamento sessuale e atteggiamenti, a tal punto che ciascuno possiede una storia personale e, il più delle volte, un nome anagrafico proprio, che permettono di distinguere le identità tra loro.

Il fascino esercitato sugli spettatori dagli alter è indubbio, ma talvolta deve fare i conti con la pratica clinica, nella quale sintomi come la presenza di altre personalità passano in secondo piano rispetto all’aspetto più debilitante di questa patologia: le esperienze dissociative di tipo patologico.

Il film “Split”

La frammentazione dell’identità

La dissociazione è un fenomeno psicologico che tutti esperiamo. A tutti sarà capitato di iniziare a studiare e di realizzare di star fissando il vuoto, senza riuscire a ricordare nemmeno una parola del libro, oppure di guidare per un certo tragitto e di dimenticare specifici eventi o elementi, ma anche, ancora peggio, di dimenticare del tutto che si è alla guida, perché sovrappensiero!

Nonostante a tutti siano capitati questi specifici eventi, vi è una parte della popolazione mondiale che esperisce questi fenomeni in misura maggiore, a tal punto che essi diventano potenzialmente dannosi e, quindi, patologici. Questi sono il nucleo dei disturbi dissociativi o, per meglio dire, il loro sintomo principale. Di questi disturbi fa parte anche quello da cui era affetto Billy Milligan, il disturbo dissociativo dell’identità.

A discapito di quanto si possa credere, anche gli esperti, all’inizio, furono stregati dalla presenza di più sé nello stesso individuo, tanto che nei primi manuali diagnostici si parlava di personalità multipla proprio in riferimento alla pluralità di alter che coabitavano nello stesso corpo.

Ci si rese poi lentamente conto che ciò che risultava più ostico nel trattamento dei pazienti era sopperire al senso di frammentazione che essi esperivano. Le dissociazioni sono, infatti, definite come delle vere e proprie discontinuità della memoria e della coscienza. Se ognuno è aggrappato ai propri ricordi e alle proprie sensazioni, bisogna tener conto che gli alter sono sistemi totalmente distinti tra loro, ragion per cui le amnesie ricorrenti impediscono all’individuo di formarsi un proprio sé.

La sensazione di essere un Io, un tutto compatto e completo cui risponde la prima persona singolare, non è affatto scontato, dal momento che nella nostra psiche sono presenti rotture in ogni momento. Basti pensare a quante volte ci contraddiciamo o cambiamo idea durante il giorno! A discapito di questa difficoltà, ognuno di noi fa, in ogni secondo, immensi sforzi per non cadere nella più totale disgregazione e abbiamo imparato sin da piccoli come apparire un’unità agli occhi degli altri anche se siamo (pirandellianamente) centomila.

Per farlo, ci appoggiamo alla consequenzialità degli eventi che abbiamo vissuto e al fatto che siamo stati proprio noi a viverli. Quando si parla di continuità della memoria e della coscienza, si intende parlare del fatto che ci teniamo insieme grazie ai nostri ricordi e al fatto che siamo assolutamente certi che a viverli siamo stati proprio noi.

Nei soggetti affetti da disturbo dissociativo dell’identità, al contrario, ogni alter ha i propri ricordi e vive come un sistema a sé, senza che nessuno sappia altro se non le esperienze da esso stesso vissute. È per questo che siamo così stregati da questi casi psichiatrici: perché non possiamo fare altro se non chiederci cosa faremmo se ci fosse un altro a invadere  il nostro spazio mentale o se fossimo in tanti ad occupare un solo corpo. Cosa si prova, in fondo, a vivere sapendo che in una sola mente si possa essere una folla?

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.