Attentato Strasburgo: ancora terrore di matrice ISIS

Il bilancio provvisorio delle vittime è di 3 morti e 13 feriti (tra cui un giornalista italiano). L’attentatore ha colpito intorno alle ore 20, sparando ad altezza uomo nei pressi dei mercatini di Natale della città francese.

Foto assalitore diffusa dalla polizia francese

Cherif Chekatt, 29 anni, è l’uomo che ha esploso i colpi di pistola mortali nella notte del 12 dicembre; è di origini nordafricane ma è nato proprio a Strasburgo. È ancora a piede libero e, secondo le testimonianze, avrebbe agito per “vendicare i fratelli morti in Siria”. Dopo quello di Berlino del 2016, è il secondo attentato di matrice islamica avvenuto durante le festività natalizie, emblema della cultura occidentale. Dopo aver ricostruito la dinamica dell’attentato, si vedrà come l’incessante propaganda dell’ISIS continui a provocare morti e ad influenzare nuovi adepti, anche lontani dall’ideologia jihadista.

La dinamica dell’attentato

L’attentatore ha agito nei pressi di  Place Kleber, la piazza in cui si svolge il mercato natalizio, aprendo il fuoco indiscriminatamente sui passanti e urlando “Allah Akbar”.

Scappato dal centro, continuando ad esplodere colpi e utilizzando anche un coltello tra le urla dei civili e le prime mobilitazioni degli agenti di polizia che, in uno scontro a fuoco, riescono a ferirlo ad un braccio, Cherif sarebbe fuggito a bordo di un taxi: il tassista (risparmiato dall’attentatore perché anch’egli musulmano) ha riferito alle autorità che il killer avrebbe agito per vendicare i suoi “fratelli” siriani. Dopo essere stato avvistato nella periferia della città, è stato effettuato un blitz in un edificio che però non ha provocato il risultato sperato. L’uomo in fuga (in un primo momento si pensava che fosse fuggito in Germania) è stato intercettato proprio nel quartiere di Neudorf, dove era stato visto l’ultima volta.

Secondo quanto riportato Cherif Chekatt avrebbe sparato per primo, forse con la stessa pistola usata la sera precedente, e sarebbe stato ucciso da un agente. Il sindaco di Strasburgo ha confermato la morte di Cherif.

Strasburgo si trova proprio al confine con la Germania, nella regione dell’Alsazia.

L’uomo non era nuovo alle forze dell’ordine. L’intelligence lo avrebbe già segnalato in passato come minaccia per la sicurezza interna. La perquisizione dell’abitazione del killer, avvenuta prima dell’attentato secondo quanto dichiarato da  Stephane Morisse, membro del sindacato di polizia FGP, ha portato alla scoperta di materiale esplosivo. Le forze dell’ordine, riporta sempre Morisse, sarebbero andate nell’appartamento proprio per arrestare l’uomo.

Analisi sviluppo ISIS

Le zone d’azione dell’ISIS in Europa. Fonte: ansa centimetri

Come descritto dall’immagine, i principali attacchi riconducibili all’ISIS hanno colpito il cuore dell’Europa; in particolare la Francia è la nazione dove gli attacchi hanno provocato il maggior numero di vittime.
Si può notare anche che gli attentati più cruenti siano stati compiuti tra il 2015 e il 2016, periodo in cui la presenza dell’ISIS nel territorio siriano\iracheno ha raggunto la massima espansione.

Estensione dello Stato Isalmico dal 2015 al 2018. Fonte: BBC

Ad una prima fase di radicalizzazione sul territorio, relativa agli anni 2013-2014, in cui lo Stato Islamico ha cominciato la sua marcia in Iraq conquistando Falluja e Mosul, è seguita una fase di consolidamento ed espansione del “Califfato” anche in Siria: circa a metà del 2015 l’ISIS aveva raggiunto la sua massima espansione.

L’intervento armato delle forze occidentali (coalizione) in Siria, appoggiate dai Curdi, ha innescato la ritirata dello Stato Islamico che negli ultimi anni si è ridimensionato fino a raggiungere le dimensioni evidenziate in rosso scuro nella mappa. Senza entrare nel merito delle azioni militari compiute dalla coalizione, dall’Arabia e da tutti gli altri stati protagonisti del conflitto (Russia, Turchia, Israele, Iran), ciò su cui è opportuno soffermarsi è il fatto che ad un consistente ridimensionamento geografico dello spazio d’azione dell’ISIS sembra non essere conseguita un’altrettanto consistente diminuzione degli attentati nel mondo.

Il ruolo della propaganda ISIS

Come si può spiegare questa discrepanza? Innanzitutto è d’obbligo considerare l’immenso lavoro di propaganda condotta attraverso i media dello Stato Islamico; l’ultimo “manufatto” è stato ritrovato dal SITE (il sito d’intelligence che si occupa di analizzare l’attività online di gruppi estremisti).

Immagine di propaganda ISIS utilizzata per incentivare gli attacchi dei lupi solitari durante questi giorni. Fonte: siteintelgroup.com

“Non lasciate le vostre case, siamo assetati del vostro sangue”. È l’ultimo messaggio di propaganda dell’ISIS, come sempre contro la cultura occidentale, contro le abitudini e gli stili di vita, degli “infedeli”. Come il resto della propaganda dell’ISIS, anche in questa immagine sono evidenti le 6 principali tematiche attorno a cui orbita l’ISIS:

  • la brutalità delle azioni
  • la misericordia per i martiti
  • il vittimismo (usurpati contro usurpatori)
  • la guerra contro gli “infedeli”
  • l’appartenenza ad una religione diversa
  • l’utopia degli obiettivi

Cos’è ISIS?

Oltre ad una componente di propaganda, collegata all’ideologia, all’Islam e alla politica, un elemento imprescindibile dall’analisi riguarda proprio l’identità dello Stato Islamico. I mass media hanno contribuito a creare e definire la concezione dell’ISIS come un “para-stato” attivo in Medio Oriente (in particolare Iraq e Siria) che è riuscito ad infiltrare dei “lupi solitari” nei paesi del resto del mondo.

Eppure ciò che si evince confrontando l’espansione territoriale dell’ISIS e la sua presenza nel mondo, è che non esiste “uno” Stato Islamico. Oltre all’ISIS radicata sul territorio, possiamo identificare una “seconda” tipologia di ISIS, scollegata dalla componente territoriale, quella “cibernetica”: rientrano in questa categoria i lupi solitari che, ispirati dall’ideologia estremista islamica, agiscono però svincolati dall’apparato centrale (molto forte qui il ruolo della propaganda). Un’altra tipologia di ISIS fa riferimento a tutte quelle “franchises” ISIS: Boko Haram e tutti gli altri gruppi di terroristi “esterni” che si rifanno ad attentati di matrice islamica.

Generazione ISIS

È proprio per questo che è importante distinguere gli attentati e i loro autori: per ricondurli ai veri mandanti. Molte volte vengono attribuiti all’ISIS attentati che invece sono stati compiuti da soggetti “indottrinati” senza alcun rapporto con lo Stato Islamico. 
Molti di questi attentatori rientrano infatti in quella che viene definita la “generazione ISIS”; giovani che non conoscono le tradizioni o l’ideologia del proprio paese d’origine ma che ne abbracciano la causa prima di tutto per disagio giovanile più che per fanatismo religioso.

L’odio canalizzato dall’ISIS attraverso la propaganda attecchisce facilmente grazie al web in quei giovani che vogliono dare un senso alla propria vita ma che non rientrano in quei gruppi di estremisti notoriamente conosciuti dall’intelligence. Anche per queste ragioni risulta più difficile identificarli o prevedere i loro comportamenti. Basti pensare che tra tutti gli attentatori, circa il 60% sono nati in Francia o comunque francofoni, inoltre parlano poco arabo e non sono particolarmente praticanti.

Quali possibili soluzioni

Cosa fare quindi per contrastare l’attività terroristica dell’ISIS? Esistono delle misure efficaci?

Le principali misure di risoluzione riguardano tutte l’intervento sul suolo iracheno e siriano ma nessuna di queste sembrerebbe essere particolarmente efficace. C’è chi ipotizza la risoluzione attraverso un’operazione militare, inviando contingenti armati a terra (così come è stato per la prima e la seconda guerra del golfo), per uccidere Assad ed instaurare un nuovo regime “democratico” (la storia insegna che ciò non è mai servito a contrastare l’insorgenza di nuovi gruppi terroristici); altri propongono di adottare una presenza strategica “light” nei territori interessati (è ciò che accade tuttora); si parla anche della possibilità di negoziare politicamente con l’ISIS per giungere ad un compromesso.

Tra tutte queste “bad policy”, che includono il ricorso ad operazioni militari e che comunque non garantiscono la ripresa economica dei paesi interessati, l’opzione più allettante sembrerebbe anche la più semplice: disingaggiare e lasciare che se la vedano i “governi” locali.

Gian Marco Renzetti

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