Assassinio sull’Orient Express: la ‘Zona Grigia’ tra Giusto e Sbagliato

Nel romanzo di Aghata Christie ‘Assassinio sull’Orient Express’, ora al cinema con un cast d’eccezione, il celebre investigatore Poirot si trova alle prese con un caso che mette in dubbio le sue certezze riguardo all’inequivocabile dicotomia tra giusto e sbagliato scoprendo così la presenza di una ‘zona grigia’, di cui si è occupato  anche il filosofo francese Pierre Bayle.

Assassinio sull'orient express
L’investigatore Hercule Poirot interpretato da Kenneth Branagh

E’ l’estate del 1933 e sul settimanale statunitense The Saturday Evening Post compare un romanzo a puntate: ‘Assassinio sull’Orient Express’, un giallo destinato a fare storia che porta la firma della scrittrice inglese Agatha Christie. Ideato durante un viaggio verso Baghdad e steso nella camera 411 dell’Hotel Pera Palace di Instanbul, il romanzo è diventato una delle opere più celebri all’interno dell’estesa produzione della Christie. Già nel 1974 il regista Sidney Lumet aveva realizzato un film ispirato al best-seller che vantava la partecipazione di molteplici star del cinema, come Sean Connery, Ingrid Bergman, Anthony Perkins e Vanessa Redgrave. Ora ‘Assassinio sull’Orient Express’ torna nelle sale diretto e interpretato da Kenneth Branagh con Johnny Depp, Michelle Pfeiffer, Judy Dench e Penelope Cruz.

Figura centrale è l’investigatore belga Hercule Poirot, personaggio dal baffo nietzschiano già protagonista di molti altri romanzi di Agatha Christie. Dopo aver risolto un caso di furto a Gerusalemme, il detective viene contattato dall’ambasciata inglese per un altro incarico e per questo motivo sale a bordo del lussuoso Orient Express. Il tragitto di alcuni giorni viene però ostacolato da una valanga che blocca l’accesso ai binari, e subito dopo uno dei passeggeri viene ritrovato morto nella sua cabina. Il capotreno, che per amicizia aveva riservato all’ultimo un posto sul treno a Poirot, gli chiede di fare luce sul delitto. La vittima, che si era registrata con il nome di Rachett spacciandosi per un commerciante di anticaglie americano in realtà si rivela essere un italiano di nome Cassetti, in fuga dalla giustizia statunitense poiché ricercato per l’omicidio di una bambina.

Tra indizi fuorvianti e testimonianze lacunose, il detective finisce per intuire che quello su cui sta indagando non è un semplice caso di omicidio con una vittima e un carnefice: l’efferato crimine di cui Cassetti si era macchiato aveva causato altre morti, che a loro volta avevano spezzato le vite dei loro affetti. Proseguendo con le indagini, Poirot realizza infatti che alcuni passeggeri del treno avevano in qualche modo avuto a che fare con la famiglia della bambina uccisa da Cassetti, una coincidenza difficilmente trascurabile.

Assassinio sull'orient express
Il libro di Agatha Christie

L’aspetto che più troviamo interessante in quest’avventura del baffuto investigatore belga è il modo in cui l’indagine sull’Orient Express lo porta a riflettere e cambiare idea sull’inequivocabilità della dicotomia tra i concetti di ‘giusto’ e ‘sbagliato’. All’inizio del romanzo Poirot non ha alcun dubbio: “Ci sono solo giusto e sbagliato. In mezzo non esiste nulla”. Una volta chiarita la responsabilità del delitto, però, il detective riconosce che si debba ammettere l’esistenza di una ‘zona grigia’ – impossibile da connotare in termini assoluti – tra il bianco e il nero della giustizia in termini legali. E’ l’aspetto viscerale dell’animo umano che emerge nella riflessione finale di Poirot, abbattendo ogni schema a cui il detective si era rifatto fino a quel momento. Secondo i sistemi giudiziari, ciò che concerne una pena deve essere in qualche modo equiparato al tipo di reato commesso, attraverso una relazione che supera il brutale principio della ‘legge del taglione’. Se però la ‘giustizia’ è esercitata in modo ‘privato’, ovvero la punizione di un crimine scaturisce dalla scelta deliberata di uno o più esseri umani che non rappresentano gli organi deputati a decretare una pena, l’antica massima “occhio per occhio, dente per dente” torna a ‘regolare i conti’, sotto l’influsso del coinvolgimento emotivo degli individui.

La tematica della ‘giustizia privata’ è stata affrontata dal filosofo francese Pierre Bayle, vissuto nella seconda metà del XVII secolo. Nella sua opera più importante, il ‘Dizionario Storico-Critico’, Bayle espone la sua teoria contro la Teodicea (un ramo della teologia che studia il rapporto della giustizia con Dio e la presenza del male nel mondo) e contro il pensiero di Agostino di Ippona, il quale sosteneva che il male non avesse sostanza. Il filosofo francese si concentra in particolare sul concetto di libero arbitrio, che spoglia della sua connotazione cristiana ma che comunque riconosce come un dono divino. Attraverso questo ‘potere’, il singolo uomo può esercitare la giustizia punendo coloro che ne hanno fatto un uso scorretto. In poche parole, Bayle sembra scindere Dio dall’Essere Umano, ritenendo quest’ultimo come unico e solo responsabile delle proprie azioni in virtù di quel libero arbitrio esercitato nella realtà dei rapporti umani. Se un assassino compie un delitto per il proprio tornaconto, commette un peccato, ma sfrutta la sua libera intenzione di agire. E fino a qui, Bayle pare concordare con un altro filosofo cristiano, cioè Tommaso D’Aquino: se il Male coincide con l’intenzionalità, togliere la vita a un uomo rende il soggetto agente un colpevole omicida. Ma è il passo successivo a far terminare il breve ‘connubio’ con la Teodicea cristiana: se un essere umano punisce un suo simile per rimediare a un crimine commesso da quest’ultimo, il soggetto in questione rimedia al cattivo uso del libero arbitrio esercitato dal criminale. E’ però lo stesso Bayle a sottolineare la contraddizione presente tra un dono di divina bontà e la possibilità di farne un uso scorretto a cui occorre rimediare: per questo motivo, egli arriva a negare l’esistenza di un Dio unico che sia al contempo creatore e benefattore dell’uomo.

Assassinio sull'orient express
Il filosofo francese Pierre Bayle

Che l’omicidio di un assassino sfuggito al giudizio della legge sia giusto o comunque ‘meno sbagliato’ di altri omicidi è una tesi estremamente opinabile: lo stesso Poirot, che prima del caso dell’Orient Express era solido nella sua convinzione che non esistesse nulla tra un ‘giusto’ e uno ‘sbagliato’ assoluti, finisce per rendersi conto che a volte non può esistere un giudizio imparziale e inattaccabile. Per questo motivo, lasciando il treno e i viaggiatori al loro destino, decide di non formularne uno.

Perania