Anna Frank e la morale di Kant ci aiutano a non dimenticare l’olocausto

Nella giornata della memoria ricordiamo le vittime dell’olocausto riaprendo la discussione sull’agire morale e la storia di Anna Frank.

Quasi tutti conoscono la storia di Anna Frank. In pochi invece conoscono il film italiano “Mi ricordo Anna Frank” in cui, nel contesto della Shoah, viene raccontata la storia di una forte amicizia stroncata dalla guerra.

“Mi ricordo Anna Frank”

Il film televisivo diretto da Alberto Negrin, ispirato all’omonimo romanzo di Alison Leslie Gold, è stato trasmesso in Italia in nel 2010 occasione della giornata della memoria. La pellicola racconta dell’amicizia tra Anna Frank e Hanneli Goslar, due olandesi ebree che vivono ad Amsterdam e che, a causa delle leggi razziali, subiscono la deportazione nel campo di concentramento di Bergen-Belsen. Il caso volle che le due amiche riescano a ritrovarsi nel campo. Tuttavia solo dopo la fine della guerra Hanneli, sopravvissuta all’olocausto, verrà a conoscenza della morte dell’amica.

In un’interessante scena del film incontriamo un SS che pare debba sostenere un esame e necessita di un insegnante. Conosciamo allora il rabbino che, quasi involontariamente elevato ad autorità nei confronti del soldato, lo interroga sul significato di massime morali. Alla fine dell’interrogazione decisamente insufficiente, il rabbino tirerà uno schiaffo al soldato, mostrando cosa vuol dire “legge morale”.

Il cielo stellato e la legge morale

Mentre il rabbino interroga il soldato SS, una delle domande che gli vengono poste è citando la celebre conclusione della “Critica della ragion pratica” di Kant, il significato della frase:

“Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”.

Il soldato risponde “significa che Dio è lontano da noi, e che gli uomini sono da soli. Perciò ognuno deve decidere per sé stesso”, quasi dimostrando la giustificazione dei suoi atti e delle sue idee. Ma cosa intende realmente Kant con questa frase?

Possiamo affermare con sicurezza che il soldato si sbagliava. La distanza del “cielo stellato” non può in alcun modo giustificare le raccapriccianti azioni compiute come “decisione per se stesso”.

Questa frase così emblematica in realtà si rifà alla distinzione umana del suo essere da un lato parte di un ordine naturale determinato da leggi necessarie, dall’altro essere un “animale” morale. In questo luogo, che è la moralità, si manifesta il carattere libero della scelta umana, la sua possibilità di regolarsi secondo ragione. Come una bussola, spiega il rabbino successivamente, che indirizza la retta via morale, ma che l’uomo può scegliere o meno di seguire.

L’agire morale in Kant

La frase citata precedentemente è solo un piccolo estratto di sistema filosofico e morale composto da due opere, la “Fondazione della metafisica dei costumi” e la già menzionata “Critica della ragion pratica”.

L’obbiettivo di Immanuel Kant è quello di ri-fondare una morale pura, fondata sulla ragione, slegata dalla tradizione empirista di Hobbes ma anche dal dogmatismo metafisico. Il problema morale è posto come il problema gnoseologico della “Critica della ragion pura“: trovare le condizioni a priori dell’agire morale.

Tale condizione è la legge morale, “l’imperativo categorico” inteso come dovere per il dovere. In quanto imperativo comanda, in quanto categorico è slegato da condizionamenti ed agisce solo per il dovere in sé.

Nella “Critica della ragione pratica” la legge morale è definita come un fatto di ragione, dunque che non necessita di deduzione. E che anzi la sua possibilità definisce la realtà pratica della libertà, perché senza libertà pratica sarebbe assurdo parlare di legge morale.

Tocca però, per onestà intellettuale, non pensare al sistema morale kantiano come chiuso e definito, ma anzi come ricco di problematiche circa il concetto di libertà, di legge morale e così continuando. Ma proprio grazie a tali problematiche è possibile continuare, ancora oggi, questo dialogo.

 

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