Verona, 4 ottobre 2018. Il membro della Lega Alberto Zelger propone una mozione in questi giorni molto discussa: avviare finanziamenti in favore di associazioni che offrino un aiuto materiale a donne in gravidanza che, pur non volendo abortire, si ritrovano costrette a farlo per mancanza di mezzi economici. Le soluzioni sono molteplici, ad esempio partorire in segreto (progetto regionale “Culla segreta”) e dare il bambino in affidamento (si eviterebbe la tragedia dei neonati gettati nei cassonetti), aiuti economici (ad esempio tramite ‘adozione a distanza’ o ‘a vicinanza’ delle neo-madri –progetto Gemma e progetto Chiara-), assistenza psicologica e soprattutto ricerca di un lavoro. Tutto questo nel rispetto della legge 194, legge che quarant’anni fa legalizzava l’aborto in Italia. Nel quinto articolo della suddetta legge infatti possiamo trovare scritto: “il consultorio e la struttura socio-sanitaria […] hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, […] di esaminare con la donna […] le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza”. Ciò significa che il contenuto della mozione si sposa con quanto scritto nella legge, cercando di applicarla realmente, veramente, materialmente: l’intento di questa mozione nasce come aiuto effettivo alla donna, per darle le condizioni basilari necessarie per scegliere liberamente della vita propria e dell’embrione. Per questo, tale mozione (approvata) è stata votata perfino dalla capogruppo del (nientedimeno) Pd, Carla Padovani.
Ciononostante, molti sostengono che questa mozione sia ‘contro l’aborto’: una riunione di donne veronesi del pd (video di Repubblica in basso) vede nella scelta della capogruppo un tradimento alla 194 e alla libertà delle donne di decidere per la propria vita, leggendo in questa mozione un “integralismo cattolico”.
Ma è veramente di questo che stiamo parlando? Della proposta dogmatica di un gruppo religioso, contro la libertà di auto determinazione degli individui di sesso femminile?
Tutto il contrario. Questa mozione si inserisce in una visione molto più ampia, laica, la prospettiva del liberalismo: secondo quest’idea, uno Stato, oltre ad affermare il diritto dei propri cittadini di, per esempio, conseguire un’istruzione, si deve adoperare ulteriormente per assicurare che tale diritto si manifesti realmente nella vita concreta, ovvero di promuovere, in questo caso, un’istruzione gratuita, oppure aiutare le famiglie a comprare tutto il necessario per la scuola. In questo modo, la mia libertà di ricevere una formazione scolastica non rimane una vana idea, un principio scritto in una costituzione tutta rosa e fiori, che viene immediatamente smentita da un’impossibilità economica: se non posso permettermi la scuola, non è vero che sono libero di ricevere di un’istruzione, ma al contrario sono incatenato dalle mie condizioni materiali, rendendo quel principio assoluto un diritto per i soli ricchi. Al contrario, per essere realmente libero di decidere della mia vita, è necessario che ci siano le condizioni base necessarie, le condizioni minime strettamente economiche.
Lo stesso discorso vale anche nel caso dell’aborto: una donna non ricca, magari sola come spesso accade, che non può permettersi di tenere il bambino che porta in grembo, è costretta dalla sua condizione ad abortire, a prescindere dal fatto che voglia tenerlo o meno. Questa mozione vuole invece assicurare una libertà effettiva a queste donne, in modo che possano comportarsi in base ad una propria libera scelta, scelta che non viene intaccata in quanto non ci si oppone all’aborto in sé.

Inoltre, in aggiunta a questo aiuto concreto, la mozione si propone di offrire anche un altro tipo di aiuto, ovvero l’accesso all’informazione: nel testo è scritto infatti di come, a parer della Lega, non vengano “in nessun modo pubblicizzati i dati scientifici, relativi alle conseguenze sulla salute fisica e psichica della donna dovute all’aborto chirurgico e farmacologico”. Non si vuole con questa frase sostenere che una donna che abortisce andrà necessariamente a soffrire psicologicamente (anzi, molte donne sono di parere contrario), ma è necessario che si venga a sapere dei possibili rischi di qualsiasi genere. Si legge ancora: “la diagnosi prenatale può portare la donna ad abortire per vere o presunte malformazioni del feto; in realtà, come dimostrano le cure prenatali praticate da alcuni centri ospedalieri di eccellenza, molte malformazioni possono essere curate; è importante quindi informare le donne con maternità difficile di questa possibilità”. Un aiuto quindi anche nel conseguire tutte le informazioni necessarie per prendere una scelta misurata, ma soprattutto intimamente libera. Secondo il Pd questa mozione è un tradimento alla 194, mentre invece ne è il compimento; secondo il Pd è contro la libertà delle donne, mentre invece è a loro profondo favore; secondo il Pd questo è un “ritorno al medioevo”, mentre invece è un’importantissimo progredire verso uno stato seriamente liberale.

Il fatto e la controversia che ha scatenato pone anche un’altra interessante questione: la retorica utilizzata nel video dai membri del Pd vuole porre una frattura (artificiale) tra un presunto ‘dogmatismo cattolico reazionario’ ed un altrettanto presunto ‘sano e moderno sostegno della donna’: tale discorso porta a radicalizzare lo scontro tra partiti politici, dimenticandosi della reale condizione di povertà, disagio e disperazione di molte donne. Non ci si fraintenda, questa mozione è sicuramente di parte, nessun dubbio. Ciò non toglie però che in essa ci sia potenzialmente una parte di verità, condivisibile in quanto tale, al di là di ogni colore politico o religioso, come la (ormai non più) capogruppo Carla Padovani ha dimostrato.
Pol