Wall-E prova emozioni, un robot reale potrebbe fare lo stesso? Scopriamolo con John Searle

Che differenza c’è tra un essere umano e un automa? Davvero l’intelligenza artificiale è così diversa da quella umana?

L'impatto dell'Intelligenza Artificiale sulla vita delle persone - Il Blog di Beppe Grillo

In molti si sono interrogati sul rapporto tra intelligenza naturale e intelligenza artificiale, sull’incontro tra umanesimo e tecnologia, senza però arrivare a una soluzione definitiva. La questione è molto complessa e l’avvento di tecnologie sempre più avanguardistiche e “umanizzate” complica di gran lunga le cose, arrivando a rendere sempre più labile la linea di demarcazione tra umano e non umano.

Differenze tra organico e meccanico

Fin dall’alba dei tempi, l’umanità si è avvalsa di un’immane quantità di automi, infatti, l’intelligenza artificiale è più antica di quel che comunemente si crede (vd abachi); l’uomo ha inventato macchine automatiche per supplire alle proprie “deficienze”. Dunque, ogni automa dipende dall’uomo: l’automa dipende dall’anima molto più di quanto l’anima dipenda dall’automa perché senza l’anima l’automa resterebbe inerte.

In cosa le macchine si differenziano dall’uomo?

  1. Innanzitutto, gli umani sono sottoposti a urgenze vitali, a processi irreversibili: essi, infatti, hanno purtroppo, una fine, la morte. L’alternativa on/off nell’uomo può occorrere una volta soltanto, nel meccanismo -invece- più e più volte.
  2. Le macchine non pensano (almeno secondo John Searle): le macchine, infatti, manipolano segni e informazioni; ma non fanno attività più complesse, come interpretare e comprendere. Anche l’uomo, certo, fa uso di segni e “gestisce” dati e informazioni, ma attraverso la comprensione e la ragione, insomma non lo fa in maniera automatica (a differenza dell’automa).
  3. Le macchine non hanno l’intenzione. L’uomo può proporsi di compiere un’azione, l’automa no, esso non può decidere deliberatamente di fare una qualunque cosa, esso sottostà alle “leggi” informatiche della programmazione.

Searle e le macchine

John Searle (1932-) è un importante filosofo statunitense che ha dedicato parte dei propri studi all’elaborazione di una teoria sull’intelligenza artificiale. Secondo Searle, i computer sono macchine puramente sintattiche che manipolano simboli privi di significato (o meglio, che assumono un significato soltanto perché quest’ultimo viene attribuito, poi, dall’esterno, dall’uomo); è la mente umana ad attribuire un significato a un simbolo perché la mente è dotata di un contenuto semantico. Inoltre, il filosofo americano afferma che le macchine, non possedendo una mente, non hanno una coscienza e questa è la differenza ultima tra organico e meccanico.

Non avendo né una coscienza, né pensieri, né intenzioni, i robot non hanno neanche accesso alla sfera emotiva: non possono, cioè, provare emozioni.

Un sistema informatico può riprodurre gli atti umani automaticamente, ma non può comprenderli, né svolgerli con intenzionalità; è qui che entra in gioco la coscienza che permette agli esseri umani di pensare, di ragionare, di compiere azioni con un fine ben preciso, di provare emozioni.

Nessuno dei robot attuali è cosciente e fin quando l’uomo non sarà in grado di creare una mente artificiale con tanto di coscienza, allora non esisteranno robot capaci di emozionarsi e di pensare autonomamente.

Le macchine, infatti, sono automatiche, ma non autonome.

I robot provano emozioni?

Il robot più famoso della Pixar, Wall-E, prova emozioni ed è un vero tenerone: si emoziona quando ascolta una canzone, si sente solo e triste, fin quando, poi, non incontra E.V.E. e si innamora di lei… Wall-E è un piccolo robot umanizzato che prova solitudine, tristezza, gioia, amore e che ha una volontà propria. La domanda sorge spontanea: in futuro, potrebbero esistere robot come WALL-E?

L’uomo è influenzato dall’avere un corpo (che è fonte di emozioni, paure, istinto di sopravvivenza) e una coscienza (fonte di pensieri autonomi).

Una cosa che le macchine, per adesso, non riescono a emulare sono le emozioni; alcuni hanno provato che, in realtà, i robot sarebbero in grado di provare empatia perché imparano a relazionarsi con l’altro, osservando ciò che li circonda, osservando le reazioni e le espressioni dell’altro. Di recente, è stato condotto un esperimento che prova l’esistenza di una primitiva forma di empatia tra due robot; empatia intesa come la capacità da parte di un robot di predire il comportamento di un altro robot attraverso un’analisi visiva del comportamento dell’altro. Ma, se anche un robot potesse essere in grado di predire il pianto o la risata in un essere umano, almeno allo stato degli studi attuali il robot non può pensare autonomamente, né provare emozioni.

Solo l’intelligenza umana tiene insieme cognizione ed emozione (capacità che i computer non hanno). In breve, solo un umano può amare o odiare un altro umano.

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