Ascoltiamo Milabù di Anderson .Paak o leggiamo il Canzoniere di Saba? Chi dei due riuscirà a donarci la tranquillità necessaria per affrontare la quarantena al meglio? Entrambi ricercano la pace di cui tutti abbiamo bisogno, vediamo perchè.
Affrontare la quarantena con la calma ritrovata attraverso la musica di Anderson Paak, può essere un’ottima idea. Un viaggio nei sentimenti con Malibù (album 2016) che entra nei nostri cuori e riscalda gli animi. È anche un viaggio nel passato per raggiungere la pace attraverso la consapevolezza, senza mai amarezza. Una ricerca che ci riporta ad Umberto Saba e al suo Canzoniere, un’opera intrisa di autobiografia e di bisogno di tranquillità interiore. Con i versi di Saba e la musica di Paak sarà possibile ritrovare la consapevolezza di noi stessi?
La calma ritrovata con Anderson .Paak
“Se siete agitati Anderson .Paak vi calmerà” scrive Giovanni Ansaldo nel titolo del suo articolo su Internazionale.it. Il giornalista consiglia, così, l’ascolto del cantautore per affrontare al meglio questi giorni di “reclusione” forzata. Un invito a vivere un viaggio nella memoria della vita del protagonista, vagando tra emozioni e sensazioni comuni a tutti nell’album Malibù. Il cantante e rapper californiano con l’album succitato compie un viaggio nella memoria della sua infanzia difficile, dell’abbandono del padre e dell’assenza della madre obbligata a tanto tempo fuori casa per lavorare. Non c’è amarezza, scrive Ansaldo, ma lo definisce un percorso catartico che, con delicatezza e dolcezza, salta da un ricordo all’altro. La musica sa essere poesia con le storie che racconta, ma anche con il modo in cui riesce ad accomunare i sentimenti degli ascoltatori. Non sarà questa la sede in cui si parlerà della qualità della musica, ma ciò che è possibile vedere è la profondità del testo. La quarantena può essere impegnata per nuove scoperte artistiche, dalla musica a nuovi libri di lettura, dall’arte al cinema. Per chi non lo conoscesse, Anderson .Paak potrebbe essere una nuova scoperta e nuova voce per i propri sentimenti.
Un’occhiata al testo The Bird
The bird è la prima canzone dell’album, un ritmo morbido che accompagna lentamente l’ascolto del testo. Quest’ultimo appare denso di significato, con alcune ripetizioni che ne intensifichino il senso dei versi. La canzone spiega la faticosa ascesa al successo del cantautore, laboriosa, dolce e paziente. “Un uccello dotato di parola” e “la dolcezza di un nido d’api su un albero” sono le prime due immagini che rievoca Paak all’inizio del suo testo, portando alla nostra mente la visione di un albero altissimo che se scalato permette un meraviglioso paesaggio. Ma per raggiungere la cima c’è un alveare ricco di dolce miele ma protetto dalle sue laboriose proprietarie. Armato di pazienza ha imparato dalle sue “antiche radici” importanti lezioni ed ha scelto di seguire le impronte dei migliori.
“A bird with the word came to me
The sweetness of a honeycomb tree
And now I look what’s taking over me
[…]
I had to wake up just to make it through
I got my patience and I’m making do
I learned my lessons from the ancient roots
I choose to follow what the greatest do”
Ed ecco il peso del suo passato che interviene, ma sembra che la leggerezza delle sue ali non sia mai stata appesantita, nonostante “il virus del gioco d’azzardo” avesse infettato la mamma e il padre fosse in carcere. Tutto ciò di cui avevano bisogno era amore e nient’altro.
“My uncles had to pay the cost,
My sister used to sing to Whitney,
My mama caught the gambling bug,
We came up in a lonely castle,
My papa was behind them bars,
We never had to want for nothing,
Said all we ever need is love
E nei versi conclusivi il cantautore, nonostante l’amarezza che potrebbe trapelare, torna alla realtà e deve andare, la sua bimba ha bisogno di lui. Nessun’altra lotta nella sua vita, nessuno scompiglio, ha fatto del suo meglio nonostante i suoi genitori. Ma la loro assenza non gli ha impedito di crescere e di fare le scelte giuste. L’amore e la musica l’hanno salvato, ma il suo passato è parte della sua storia e del suo vissuto, non va cancellato o dimenticato.
“Hey, my little youth is crying
I’m almost home, almost home
Look no further riots, mmm
Working my fingers to the bone
See I do the best I can, mmm
Mama was a farmer, mmm
Papa was a goner,”
Un viaggio nei sentimenti
Anderson .Paak torna alla reltà con il pianto della figlia, comprendendo il suo essere a casa che pare sia in ripetizione come per confermarlo a se stesso. Ed è con il verso iniziale di quell’ultima strofa che sembra di fare un tuffo nel tempo, tornando al viaggio nei sentimenti di Umberto Saba. Quest’ultimo ce ne ha donato il suo percorso nel Canzoniere e la prima poesia che può saltare alla mente è Tre poesia alla mia balia della sezione Il piccolo Berto ( 1929-1931 il canzoniere, vol.2). Umberto Saba visse l’infanzia tra le braccia della sua amatissima balia, una contadina slovena. L’abbandono del padre fu un vuoto che segnò particolarmente il nostro autore che, privo di questa figura, vive la sua infanzia diviso dall’amore per la madre naturale (austera e severa) e la balia che, dopo la morte del figlio, riversò su Saba tutto l’amore e l’affetto materno che avrebbe potuto donare.
Il poeta con la sua amata moglie Carolina e l’arrivo della figlia adoratissima Linuccia, incontra un nuovo tipo di amore capace di donargli la serenità di cui aveva bisogno, come quella di Anderson Paak, senza cancellare il suo passato. Nel 1900 è iniziata la composizione di questo Romanzo in poesia (definito così da Saba stesso) e sarà opera portavoce del suo viaggio interiore. Tre poesie alla mia balia fungono da apertura della sezione in cui si trovano e, a differenza di Anderson, Saba inizia il suo sogno tra le braccia della figlia a casa. Questo luogo racchiude più significati nei componimenti del poeta e del cantautore: è casa la propria famiglia, è casa la moglie salvifica, è casa l’amore per la propria figlia. La casa di Saba è tra le braccia di questa, quella di Anderson è il pianto della figlia e il suo richiamarlo, un luogo dove la mente è al sicuro e può calarsi in un sogno rivelatore. Ciò che può risultare comune è la dolcezza della situazione, anche se può sembrare austera.
“Mia figlia /mi tiene il braccio intorno al collo, ignudo;/ed io alla sua carezza m’ addormento. //Divento/legno in mare caduto che sull’onda/galleggia. E dove alla vicina sponda/anelo, il flutto mi porta lontano.
Una dolce una dolce carezza, una dolce creatura tra le braccia, una dolce perdita di coscienza che lo rende legno in mare. Un galleggiamento in balia del flutto, inerte alla forza delle acque. Non è da considerarsi casuale l’accostamento della figura della figlia all’immagine del legno in mare. L’immagine dell’acqua ha tantissimi valori simbolici nella poesia novecentesca, partendo dalla sua forza come elemento primordiale alla sua protezione come il liquido amniotico.
Oh, come sento che lottare è vano!/Oh, come in petto per dolcezza il cuore/vien meno!/
A tale movimento non ci si può opporre, è vano lottare e resistere, a tanta dolcezza non si può avere cuore abbastanza duro da ritrarsi e non intraprendere il viaggio.
Al seno/approdo di colei che Berto ancora/mi chiama, al primo, all’amoroso seno,/ai verdi paradisi dell’infanzia//
Il nostro autore approda in una terra passata, all’amoroso seno di colei che ha colorato la sua infanzia e il suo bisogno d’amore. Così si conclude il primo dei 3, con l’inizio di un viaggio nel passato che condurrà alle risposte di cui ha bisogno cercando alle radici. Ritrova il passato e vuole superarlo con la poesia.
Insonne/mi levo all’alba. Che farà la mia/vecchia nutrice? Posso forse ancora/là ritrovarla, nel suo negozietto?/Come vive, se vive? E a lei m’affretto,/pure una volta, con il cuore ansante./
Ritorna al presente il nostro poeta, guardando dall’esterno il passato sta volta. Saba sa di non poterlo rivivere e ritorna nella sua realtà, domandandosi ancora se la donna che lo chiamava Berto fosse ancora viva. Più che altro sembra ancora legato a lei, ancora alla ricerca della sua approvazione, delle sue braccia che vorrebbe lo carezzassero come la figlia, che con una tale dolcezza è riuscito a portarlo indietro.
Eccola: è viva; in piedi dopo tante /vicende e tante stagioni. Un sorriso/illumina, a vedermi, il volto ancora/bello per me, misterioso. È l’ora/a lei d’aprire. Ad aiutarla accorso/scalzo fanciullo, del nativo colle tutto/improntato, la persona china/leggera, ed alza la saracinesca.//Nella rosata in cielo e in terra fresca/mattina io ben la ritrovavo. E sono/a lei d’allora. Quel fanciullo io sono/che a lei spontaneo soccorreva; immagine/di me, d’ uno di me perduto…//
In questo ricordo Umberto Saba è fanciullo che però vuole dimostrare la sua forza nel soccorrere la donna. Proprio la parola “soccorrere” è di grande valore, oltre a riportare al testo di Anderson Paak, Saba sta donandoci una splendida immagine: la sua balia lo ha soccorso, donandogli un mare placido in cui naufragare, ma stavolta era lui a porgerle supporto e a chinarsi nelle prime ore del mattino, scalzo e leggero. “È a lei da allora” scrive, come se ancora le appartenesse o lei gli appartenesse e si osserva lì fanciullo, da lontano come spettatore del suo passato rimane intento a guardare quei momenti che lo hanno reso tale. Con la terza parte del componimento avviene il risveglio, il ritorno alla realtà che segna con “adesso”, solo in quel verso che taglia il passato dal presente:
…Un grido/s’alza il bimbo sulle scale. E piange/anche la donna che va via. Si frange/per sempre un cuore in quel momento./Adesso/sono passati quarant’anni.//Il bimbo/è un uomo adesso, quasi un vecchio, esperto/di molti beni e molti mali. È Umberto/Saba quel bimbo. E va, di pace in cerca,/a conversare colla sua nutrice;/che anch’ella fu di lasciarlo infelice,/non volontaria lo lasciava. Il mondo/fu a lui sospetto d’allora, fu sempre/(o tale almeno gli parve) nemico./Appeso al muro è un orologio antico/così che manda un suono quasi morto./Lo regolava nel tempo felice/il dolce balio; è un caro a lui conforto/regolarlo in suo luogo. Anche gli piace/a sera accendere il lume, restare/da lei gli piace, fin ch’ella gli dice:/”È tardi. Torna da tua moglie, Berto”.
Si scinde egli stesso “è Umberto/ Saba quel bimbo”, ma mai completamente. Entra in atto il tempo che scorre con l’immagine dell’orologio antico e il ritorno inesorabile al presente “è tardi, torna da tua moglie Berto”.
La consapevolezza
La consapevolezza è ciò che ha accomunato Saba e Paak, entrambi nel loro passato non facile hanno trovato le risposte, l’amore e la dolcezza di cui avevano bisogno e la ricerca della pace. Il poeta ci ha donato poesie ricche di scontri con se stesso, per coprire “l’abisso” con le “rose” e ricomporre quel cuore scisso con quei momenti di sollievo che la vita ancora gli offre. “morto” sarà il modo in cui definirà il se stesso del passato nella poesia conclusiva della sezione Berto, un tempo che non può più tornare. Paak anche è consapevole, ma il cantautore lascia trapelare una vena positiva attraverso anche le immagini che scrive nel suo testo: se per saba si galleggia in un mare primordiale, Paak ritrova la dolcezza del miele dopo le angustie. In entrambi però la consapevolezza è motivo di crescita, un gancio per arrivare alla pace interiore e proteggersi tra le candide innocenti braccia di una bambina, quella che riempirà d’amore e reclamerà quella figura paterna che sarà in grado di infondere in lei tutto l’amore di cui avevano bisogno.