The mule e Bordieu ci mostrano come vedere la socialità, divisa tra tempo e gioco

Capire il nostro aspetto sociale significa accettarne il valore, come in un gioco dove ogni pedina è connessa alle altre, solo se però decide autonomamente di parteciparvi.

The mule, il nuovo film di Clint Eastwood, ci mostra bene come l’uomo sia un animale sociale, ma fino a che punto? Dove finisce la socialità e inizia l’individualità? Bordieu ci aiuterà  a rispondere.

Un uomo normale, o un trafficante inafferrabile?

Earl, un uomo ormai alla fine della sua vita, sul lastrico, e odiato dalla famiglia, decide di intraprendere un pericoloso lavoro per dei trafficanti di droga. Quello che all’inizio sembrava solo un evento singolare, causato dalla disperata situazione finanziaria del vecchio, si trasforma lentamente in un vero e proprio secondo lavoro. Earl sembra ritrovare uno scopo, ed una ragione sociale. Si sente di nuovo importante per qualcuno. Sfrecciando con il furgone da una parte all’altra dello stato, consegnando droga, vediamo come la sua normalità ormai coincida con quella di un criminale. Tuttavia, per un uomo come Earl, era l’unica scelta possibile. Consegnare droga, o lasciarsi abbandonare ad un decadimento inesorabile, dove la famiglia e l’amore sarebbero stati solo un eco lontano.

Earl

Il campo sociale

Cos’è davvero la socialità? Per Bordieu diviene una sorta di rete, costituita da schiere di individui che la compongono, consciamente o no. Essa viene detta il campo sociale. Le differenze di ogni persona divengono un frammento essenziale del tutto, destinate a comporsi in una rete che li collega, completandoli e colmando le loro differenze. Tuttavia, il campo sociale, per essere sfruttato al meglio dall’individuo, richiede un adesione volontaria. La socialità diviene un gioco, le cui regole, vantaggi e svantaggi, devono essere accettati completamente dal giocatore, se vuole unirsi alla partita.

L’entrata è svelata, le carte sono sul campo, coperte e già pescate, i partecipanti si sono riuniti. Si stringeranno alleanze, si faranno scommesse, si stabilirà un capitale.La domanda è: come si può giocare al meglio delle nostre possibilità? La vittoria d’altronde è lo scopo del gioco!

Tata

È questo il nome in codice di Earl nel regno della droga e del sangue. Semplice, innocuo ed efficace, tata diviene il simbolo sociale di ciò che Earl ha ottenuto. È il suo trofeo, vinto “giocando” al tavolo dell’oro bianco. Ma come ha fatto a vincere? Puntando sulle carte giuste, ovvero sull’Habitus e sulla presentificazione.

Il primo può essere visto come un ponte, la cui importanza non risiede nel passaggio permesso, ma nelle due estremità collegate. L Habitus è il presente che riconosce le suo origini, accettando così il proprio potenziale. Esso è l’insieme delle nostre abitudini, ottenute tramite azioni ripetute ciclicamente dal nostro passato fino al nostro presente. Sono queste tuttavia, che formano e determinano una parte del nostro futuro. Le abitudini sono una ramificazione duratura che nasce nel passato, e si espande verso il futuro.
Il secondo asso nella manica del giocatore, come già detto, è la presentificazione, ovvero un riportare all’ora e all’adesso. Se il gioco è un’azione rivolta verso la vittoria, la presentificazione è il riportarla a noi. Predicendo il futuro, e ricordando il passato, li si riporterà al presente, per poter attuare così la miglior scelta possibile.

Se il passato ed il futuro sono le estremità del ponte dell’io, l’Habitus e la presentificazione sono il collegamento necessario per forgiare il presente!

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.