Un viaggio alla scoperta della fragilità del genio di Leonardo: passato e presente del “Cenacolo”

Tutti conoscono il nome e il genio di Leonardo Da Vinci. Che si sia appassionati di scienza o di arte, le opere del Da Vinci sono una presenza costante ed importante. Ma chi era davvero Leonardo?

Una delle opere più conosciute, discusse e problematiche opere di Leonardo Da Vinci è l’ “Ultima Cena”. Dan Brown l’ha collocata all’interno di una fitta rete di indizi lasciati per riconoscere la via che conduce alla scoperta del Sacro Graal. Molti artisti nel corso dei secoli l’hanno considerata come un’opera sperimentale destinata alla scomparsa. Gli stessi frati proprietari del convento l’avevano ritenuta persa ed avevano deciso di ricavare una porta proprio sotto di essa. Insomma, le teorie ed i “maltrattamenti” non sono mancati, ma anche le valorizzazioni sono state numerose. Scopriamo il perchè.

Leonardo – Cinquecento

Il film-documentario “Leonardo – Cinquecento” è stato prodotto da Francesco Invernizzi e distribuito nel Febbraio del 2019. Racconta la figura del Da Vinci sviluppando l’interesse del suo genio attraverso le varie discipline.Il racconto prosegue su due diversi livelli di pensiero di Leonardo: quello filosofico, di studio, e quello della realizzazione. Punto chiave del film, ciò che lo distingue, è il continuo rimando ai nostri giorni. Tutte le opere, le invenzioni, di Leonardo vengono attualizzate, anche quelle incompiute come le ali dell’aliante che avrebbe dovuto far volare l’uomo. L’intervento di numerosi studiosi, direttori di strutture museali e tecnici del settore raccontano lo sviluppo e la crescita del suo genio. Il Da Vinci è stato in grado di rivoluzionare ogni pensiero che analizzava, sia nella scienza che nell’arte. Il “Cenacolo” ne è dimostrazione.

L’arte del “Cenacolo”

“L’Ultima Cena che Leonardo da Vinci ha dipinto nel refettorio del Convento Domenicano di Santa Maria delle Grazie in Milano, è indiscutibilmente una delle più alte espressioni d’arte al mondo.”

Così l’UNESCO ha definito il Cenacolo vinciano, inserendolo all’interno dell’elenco dei beni da esso protetti e tutelati, ma perchè è così particolare?
È noto che Leonardo amasse sperimentare ed innovare, non solo in ambito scientifico. Si sa, inoltre, che Da Vinci non amava la tecnica dell’affresco. La riteneva troppo istintiva e non adatta ai suoi continui ripensamenti e perfezionamenti. Proprio queste particolarità sono alla base della tecnica usata per la realizzazione dell’opera. Leonardo, dopo aver steso un intonaco alquanto ruvido, dipinse sul muro con la tecnica tipica della pittura su tavola. Proprio l’uso di questa tecnica sperimentale rende l’ “Ultima Cena” così unica e così fragile.
Leonardo concluse l’opera nel 1498, ma già dal 1527 sono presenti documenti che la definiscono come “perduta” a causa del rapido degrado. Era talmente esteso da rendere il dipinto illeggibile e, per questo, i frati cappuccini decisero di considerare l’opera come “finita”.

La fine dell’Ultima Cena

Nel processo di riforma del convento, la parete su cui Leonardo dipinse il Cenacolo venne inclusa nel complesso architettonico. In origine la parete era una parte di confine: quando il Da Vinci eseguì l’Ultima Cena era presente solo un loggiato. A causa di questo cambiamento la parete si è asciugata e, nel processo di perdita dell’umidità, si è verificato il fenomeno di migrazione dei sali. Questo evento ha causato il presentarsi massiccio di efflorescenze (definibili come depositi di carbonato di calcio sulla superficie pittorica) saline che sono andate ad oscurare quasi completamente la leggibilità dell’opera. Oltre alla migrazione dei sali, i documenti testimoniano la presenza di Black Brown Carbon, ovvero degli annerimenti della parete, che si verificavano quando i padri domenicani pulivano la stanza causando la dispersione di polvere e residui di sporcizia.

Refettorio nel 1895

Un salvataggio particolare

I circa 11 restauri susseguitisi nel corso degli anni sono riusciti a recuperare e preservare l’opera, ma la mano dell’uomo non aveva ancora concluso il suo operato. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, il curatore del museo non aveva fondi sufficienti a provvedere alla messa in sicurezza del capolavoro, che rischiava di andare perduto. Inizialmente l’opera fu sorretta da una struttura costituita interamente da tubi innocenti, successivamente si ebbe l’idea di vendere quel materiale ai costruttori della zona per ricavare fondi sufficienti alla costruzione di un efficiente meccanismo di protezione. Proprio questa struttura, composta da un doppio sistema di cavalletti, ha salvato la parete. Senza di esso l’onda d’urto delle due bombe alleate che colpirono il compendio avrebbero distrutto tutto. Attualmente la stanza è gestita da esperti che si occupano del controllo del microclima e della regolamentazione degli ingressi, per preservare al meglio questo fragilissimo capolavoro.

Seconda Guerra Mondiale

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