Nella letteratura italiana il centauro ha avuto molteplici declinazioni, assumendo via via valori diversi.

Tra le principali creature della mitologia greca, una delle più famose è sicuramente il centauro, figura biforme, metà cavallo e metà uomo. Il nome deriva dal capostipite, Centauro, nato dall’amore sacrilego tra Issione, re dei Lapiti, e Nefele. Centauro si accoppiò successivamente con le giumente del Monte Pelio, dando vita a una stirpe di ibridi. Vediamo i molteplici significati che questa creatura ha assunto nella letteratura.
1. I centauri nell’Inferno di Dante
“È il gran Chirón, il qual nodrì Achille.”
Ai centauri è dedicata un sezione dell’Inferno di Dante. Ci troviamo nel XII canto, nel primo girone del settimo cerchio, in cui sono puniti i violenti contro il prossimo. La punizione dei peccatori prevede che questi siano immersi nel sangue, più o meno profondamente, in base alla gravità dei loro crimini. I centauri corrono in fila e saettano i dannati che tentano di trarsi fuori dal sangue più di quanto è concesso loro. La descrizione dei centauri è preceduta da quella di un’altra figura mitologica, il Minotauro. Mezzo uomo e mezzo bestia, concepito dall’amore mostruoso di una donna per un toro, il mostro rappresenta la matta bestialità, la violenza, la stupidità priva di astuzia demoniaca. La presentazione dei centauri mira a evidenziare la contrapposizione tra questi e il Minotauro: i centauri sono composti, saggi, posati. Dante sottolinea la loro rapidità, in contrapposizione alla staticità del Minotauro, e ciò che risalta è un corpo ben ordinato e composto, a differenza della sproporzione del Minotauro, deforme, con una testa piccola su un enorme corpo taurino. Tra i centauri emerge la figura di Chirone, maestro di Achille, che la tradizione classica presenta come un saggio educatore, medico, astronomo e musico. Dante non conferisce a Chirone questi attributi, ma lo presenta come una figura meditativa, composta, saggia, dall’aspetto monumentale e imponente, che lo distingue dai compagni. Chirone è detto “grande”, e questo aggettivo si riferisce non solo all’imponenza, ma ha anche un valore morale. Ci troviamo di fronte non tanto al canto dei dannati, ma al canto dei loro guardiani, figure sagge e monumentali.
2. Il centauro come modello dell’uomo politico in Machiavelli
“A uno principe è necessario sapere bene usare la bestia e lo uomo.”
Nella sua opera più famosa, “Il Principe”, un trattato che mira a tracciare il modello del principe e le virtù che questi deve possedere, Machiavelli presenta il centauro Chirone come modello per il suo principe ideale. Alla base di questa teorizzazione vi è una concezione pessimistica: gli uomini secondo Machiavelli sono malvagi. L’uomo politico, dovendo agire in un terreno cosparso di individui “non buoni”, deve adeguare la sua attività politica a questo contesto e di conseguenza non può essere sempre virtuoso, altrimenti giungerebbe alla rovina. Il principe dunque deve, all’occorrenza, saper essere “non buono”, deve servirsi sia delle leggi sia della forza, la parte umana e la parte ferina. Per questo motivo viene individuato come modello del principe la figura del centauro: mezzo uomo e mezzo bestia. Machiavelli è ben consapevole che l’uso della violenza è proprio delle bestie, così come l’osservanza delle leggi contraddistingue l’uomo, ma riconosce la necessità di ricorrere alla forza nel momento in cui le leggi non sono sufficienti. Per accompagnare questa verità scomoda, Machiavelli chiede aiuto alla classicità: Chirone era precettore di Achille, e avere per precettore una creatura mezza bestia e mezza uomo indica, implicitamente, la necessità per il principe di utilizzare entrambe le nature.
3. La duplicità del centauro riletta da Marino
“Farmi veramente la figura biforme di quel misterioso Semicavallo ben confacevole al mio suggetto, come molto espressiva delle due necessarie e principali condizioni del Principe, dinotando per la parte umana il reggimento della pace, e per la ferina l’amministrazione della guerra.”
Nella dedica dell’Adone, pubblicato nel 1623, ritroviamo una nuova e duplice lettura della figura del centauro. Il rapporto tra Chirone e Achille si riflette nel rapporto dedicatore – dedicatario, quindi poeta – principe. Achille è chiaramente il modello a cui il sovrano deve ispirarsi, figura guerriera, forte, ma al contempo amante del canto e della musica, e suonatore della cetra. Il suo precettore era stato Chirone, e indicando come modello Achille, Marino voleva ricordare a Luigi XIII, dedicatario dell’opera insieme alla madre Maria de’ Medici, l’importanza della poesia. Così come Chirone offriva i frutti ad Achille, quando questi tornava dalla caccia, Marino offre il frutto del suo ingegno a Luigi XIII, di ritorno dalla guerra. La natura duplice del centauro diventa anche un modello per il comportamento del principe: la parte umana corrisponde al mantenimento della pace, la parte ferina all’amministrazione della guerra. Marino non mette sullo stesso piano le due cose: la guerra è tollerata solo come mezzo per il raggiungimento della pace, che lui considera infinitamente superiore.