La guerra è tante domande e pochissime risposte, non importa se combattuta negli anni Sessanta o Duemila.
Attraverso la prima tra le “Lettere contro la guerra” di Tiziano Terzani e la canzone “Blowing in the wind”di Bob Dylan, ascoltiamo due voci che hanno cercato risposte all’assurdità della guerra.
TIZIANO TERZANI, LETTERE CONTRO LA GUERRA
All’indomani dell’11 settembre Terziani pubblica “Lettere contro la guerra”, una raccolta lettere precedentemente comparse sul Corriere della Sera. Qui l’autore cerca delle risposte, oltre che un senso, alla guerra partendo proprio dall’evento che in qualche modo ha cambiato per sempre il corso della storia. Particolare è il testo di apertura con cui Terzani risponde alla celebre lettera “La rabbia e l’orgoglio” di Oriana Fallaci, pubblicata diciotto giorni dopo l’attentato al World Trade Center. Qui Terzani prende per mano la giornalista, la conduce , e noi con lei, in un ragionamento che sembra procedere per prove ed errori, domande e non sempre risposte. Il punto è proprio questo: si può parlare dell’11 settembre, delle guerre mondiali, della guerra del Golfo, del Vietnam… ma non si troveranno mai le risposte a tutte le domande, probabilmente perché queste risposte nemmeno esistono. Terzani si chiede infatti “perché non fermarsi prima?”, perché si sente il bisogno di portare in extremis ogni situazione e farla degenerare in un qualcosa che è troppo più grande di tutti noi. La storia davvero non ci ha insegnato niente? Sembra proprio di no perché, in alcuni casi, la politica estera si basa ancora sul famoso “occhio per occhio dente per dente”, sulla vendetta cieca proprio come, ormai, è il mondo a furia di cavarsi gli occhi a vicenda:
la cultura occidentale ha le sue radici più profonde in alcuni miti […] intesi da sempre a ricordare all’uomo la necessità di rompere il circolo vizioso della vendetta per dare origine alla civiltà […]. La vendetta non è degli uomini, spetta a Dio.
Terzani compie queste riflessioni un una baita sull’Himalaya, lontano dal resto del mondo che anziché unire e costruire, divide e distrugge.
BOB DYLAN E IL SUO INNO ALLA PACE
Uscita nel 1963, “Blowing in the wind” è una delle tracce più celebri di Bob Dylan da molti considerato il cantante che più ha influenzato la metà del secolo scorso, definizione attribuitagli alla luce di importanti riconoscimenti quali in Pulitzer e il Nobel. La canzone è stata composta nei primi anni Sessanta, quando cioè l’America mandava i suoi giovani a morire sul fronte vietnamita per combattere una guerra che era tutto meno quello che si voleva far credere. Questo offrì a Dylan il destro per una riflessione che, rispetto a quella di Terzani, si costruisce su continue domande che non trovano risposte perché esse, appunto, “blowing in the wind”, volano nel vento. Il senso del testo non lascia spazio all’immaginazione: si tratta di una denuncia sotto forma di poesia, un inno alla pace sparito anch’esso nell’immensità del tempo. Le domande poste nel testo sono molteplici ma seguono tutte una medesima logica per cui l’autore si chiede “quanto ancora servirà prima che…”:
[…] How many times must a cannon ball fly before they’re forever banned?
[…] How many years can some people exist before they’re allowed to be free?
[…] How many deaths will it take till he knows that too many people have died?
The answer ,my friend , is blowing in the wind, the answer is blowing in the wind
Si tratta di un uomo che ha avuto il coraggio di scrivere, raccogliendo le testimonianze del popolo americano che ha lottato per i proprio amici, figli, fidanzati, mariti e padri mandati a combattere una guerra non voluta né cercata da chi poi la guerra l’ha fatta davvero.
THE ANSWER IS BLOWING IN THE WIND
La guerra è fatta per distruggere mai per rinascere, e questo Terzani e Dylan lo avevano capito molto bene. Le loro sono e sono state voci di pace forti ma non sempre ottimiste, voci che hanno combattuto contro un sistema che crede di poter risolvere le grandi controversie con le armi. Di per sé la guerra non è mai giustificata, è ormai una soluzione abusata che porta solo dolore e morti ingiustificate.Della parola “guerra” se ne riempiono la bocca in tanti, la usano come minaccia e scusa per tutte le mancanze che poi la generano. Assistiamo continuamente a schemi già visti, come se non volessimo (o volessero) guardare a quello che è stato: bisogna ricordare per non ripetere, è necessario voltarsi indietro e imparare dagli errori che hanno portato solo orrori. Da un ventennio siamo uscita da quello che è stato definito “il secolo breve”, durante il quale l’umano ha lasciato il posto al disumano ma tutto ciò, ad oggi sembra essere dimenticato. L’aspetto peggiore che Terzani e Dylan hanno evidenziato, è la perdita della vita e dell’innocenza delle persone comuni ,ingabbiate in giochi di potere che, come sottolinea Terzani, lasciano uscire solo una parte di verità. Per quanto tempo ancora dovrà essere così? Anche a questa domanda non è possibile rispondere ma una cosa è certa, finché il cambiamento non avverrà tutte le parole che sono state e saranno scritte voleranno nel vento.