Cosa chiede il Pride: differenziamo un baccanale da una esigenza legislativa

 

Sei entrato per avere informazioni sul percorso storiografico del Pride? Questo articolo non fa per te.

Non scherziamo, se hai un’età inclusa tra i 10 e i 60 anni, sai cosa sia il famigerato Gay Pride. Meglio che ci si soffermi sull’aspetto legale che porta gli italiani giù in strada.

Cenni storici

La domanda che ci perplime è: una parata all’insegna della nudità, della sessualità esplicita e di tutto ciò che fino a 50 anni fa sarebbe stato considerato “contrario al buon costume”, perché si spaccia per una manifestazione politica?

Per rispondere, invochiamo una carta trappola: “cenni storici”.

Ebbene, senza tediarti con un dozzinale articolo sulla storia della marcia per i diritti LGBTQIA+, precisiamo che, d’ora innanzi, ci si riferirà ad un periodo storico che vede collocare il suo esordio negli anni ’70. Parliamo, dunque, dell’anno in cui avvennero le prime rivolte omosessuali contro le autorità. Medesime rivolte, con base a New York, che posero le basi per quello che noi oggi chiamiamo Pride. Per il momento, soffermiamoci, però, sulla realtà italiana. Inizialmente, i “padri pellegrini” della comunità lottavano per il riconoscimento sociale, nonché la parità legislativa. Ma, nell’atto pratico, cosa si chiede allo Stato?

  • Depenalizzazione;
  • Riconoscimento della modifica del genere rispetto a quello di nascita;
  • Nessuna discriminazione in campo lavorativo;
  • Legislazione sul matrimonio estesa alle coppie del medesimo sesso;
  • Adozioni estese per le famiglie, cosiddette, “arcobaleno”.
Roma Pride, 2016

Acquisizione dei diritti di “nuova” generazione

Ad oggi si possono collocare quattro importanti tappe nel percorso LGBTAEIOUY.

La prima si colloca il primo gennaio 1980, data nella quale entra in vigore la legge denominata “Zanardelli”, per la quale gli omosessuali non sono più punibili per la colpa di essere tali;

Con la legge #164 del 14 aprile 1982, la Corte di Cassazione riconosce il diritto di cambiare genere rispetto a quello di nascita, purchè subordinato ad intervento chirurgico;

Per ciò che concerne il secolo corrente, sin dal 2003 l’Unione Europea non consente discriminazioni in campo lavorativo. Tuttavia, questa non porta a sè ulteriori normative con firma italiana;

Parlando, invece, del periodo più adiacente, non è opzionabile citare la legge Cirinnà. Questa, dal 2016, consente alle coppie omosessuali di unirsi civilmente.

Se da un lato è vero che questi traguardi vanno a tutelare i diritti detti “di nuova generazione”, è altrettanto vero che non sono altro che l’applicazione della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino. Dichiarazione che, seppur figlia della Francia, ispira carte costituzionali dal 1789, la nostra inclusa. Già all’alba del giorno seguente la rivoluzione francese, questa usava come soggetto “l’individuo” come titolare di diritti. Se questo è consolidato da giusto qualche annetto, perchè ad oggi si sente il bisogno di scendere nelle strade a manifestare? Adozioni a parte, è vero che esiste una disparità legislativa?

Treviso Pride, 2016

“Acquisizione” dei diritti di nuova generazione

Fatto questo breve excursus possiamo finalmente andare al punto.

In campo legislativo, la comunità ha ottenuto gli onori già citati, ma è davvero tutto oro quel che luccica?

Ebbene, no. Chi si riconosce nella community LGBT non gode degli stessi diritti degli etero.

Le unioni civili che vengono tanto spacciate come matrimonio, ad esempio, non lo sono neanche legalmente parlando. Forse, per l’etimologia del termine, è giusto non venga usato “matrimonio” ambo i casi, ma non che ciò porti a una differenza legislativa sostanziale.

Per essere più chiara, faccio una breve comparazione dei due istituti:

Matrimonio:

  • Tra persone del sesso opposto;
  • Obbligo di fedeltà e collaborazione;
  • La moglie prende il cognome del marito;
  • Lo scioglimento prevede un periodo di separazione.

Unione civile:

  • Tra persone dello stesso sesso;
  • Nessun obbligo di fedeltà o collaborazione;
  • La coppia sceglie il cognome comune;
  • Lo scioglimento ha effetto immediato.

Queste differenze potrebbero portare a riflettere pure all’inverso, però. Ovvero sul perchè non venga aggiornata la legislazione sul matrimonio, alla luce di punti più progressisti insiti nelle unioni civili.

Adesso si può fare comingout senza essere penalizzati nel senso tecnico del termine, il che non è poco, ma comunque insufficiente per poter considerare lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersessuali, asessuati e chi più ne ha più ne metta, alla stregua degli etero cisgender. E, visto che parliamo di una comunità di, mediamente, 17 milioni di persone per stato, non è irrisorio.

Dunque, sì. Non importa a quale sessualità tu appartenga o non, partecipare ai Pride è necessario per i diritti dell’individuo. Nessuna eccezione.

Davvero sono necessari gli eccessi che vedono protagonisti i manifestanti dei Pride?

Proviamo a rigirare la domanda: se manifestassero solo uomini in giacca e cravatta che sorseggiano un campari attorno a un tavolino, otterrebbero tutta questa risonanza mediatica? Il famoso quadro dei cani che giocano a Poker è tale perchè sono uomini o perchè sono cani?

l’obiettivo è quello di ottenere l’attenzione del legislatore, senza il quale non si potrebbero avere i riconoscimenti richiesti. Al legislatore cosa interessa? Beceramente, i voti. Quale altro metodo è migliore del raccimolare un bel gruzzoletto di cittadini che, rumorosamente, gli fanno sentire quanto elettorato si sta perdendo ignorando il problema? Dunque: lato arcobaleno della forza, unisciti.