Storia di un processo tutto italiano: la Prima Repubblica sul banco degli imputati

Un ciclone che riuscì a spazzare via l’intera classe politica del tempo, finendo col macchiare per sempre l’immagine del nostro paese.

Da sinistra Di Pietro, Colombo e Davigo

Il processo Mani Pulite, conosciuto giornalisticamente parlando e nella memoria collettiva degli italiani come Tangentopoli, è stata la fine di un’epoca: quella della Prima Rebubblica. Aule stracolme, la fila in edicola per gli ultimi aggiornamenti, il neonato TG5 con le dirette dal tribunale e un Pubblico Ministero che divenne la star del momento.

ERA LUNEDÌ, 17 FEBBRAIO 1992

Era lunedì, 17 febbraio 1992, quando Mario Chiesa venne colto il fragrante mentre riscuoteva una tangente da sette milioni di lire da parte di Luca Magni, imprenditore di una piccola società di pulizie. Già qualche giorno prima lo stesso Magni si recò presso la Procura di Milano per denunciare le continue vessazioni di Chiesa. La denuncia fu raccolta da Antonio Di Pietro, magistrato e futuro protagonista dell’intero processo, che decise di posizionare una videocamera all’interno della valigetta contenete il denaro che Magni avrebbe dovuto consegnare a Chiesa. Inutile fu il tentativo di quest’ultimo di disfarsi delle banconote scaricandole nel water di casa, venendo additato da Bettino Craxi come un mariuolo”. Nasce così Mani Pulite, l’inchiesta le cui conseguenze furono senza precedenti: i partiti di punta della Prima Repubblica come Democrazia Cristiana ed il Partito Socialista cesseranno si esistere e, da quel momento in poi, l’Italia non riuscirà più a staccarsi l’etichetta della corruzione di dosso. A dirigere l’inchiesta sarà un gruppo di magistrati milanesi, fra questi quella del giovane e poco conosciuto Antonio Di Pietro, citato precedentemente. Quello che ne verrà fuori dopo anni di processi e di indagini, sarà un giro di tangenti utilizzato dai partiti per finanziare le loro attività. Nello scambio di denaro venivano coinvolti oltre ad esponenti politici anche imprese, intermediari e boss mafiosi. Tra il 1992 e il 1996, ci furono una media di duemila persone indagate per corruzione, concussione o altri reati cosiddetti “contro i doveri d’ufficio” ogni anno. Non mancarono neanche le manette, in quanto, da quel 17 febbraio in poi, fu un susseguirsi di arresti. Bata citare il caso di Roberto Cappellini, segretario milanese del PDS. Gli avvisi di garanzia venivano consegnati come i giornali la mattina, cosa che Severino Citaristi, tesoriere della DC, sa molto bene. Il 3 luglio del 1992Bettino Craxi fece un intervento alla Camera, riconoscendo che tutti i partiti si finanziavano acquisendo risorse in forma irregolare o illecita e sostenendo che, se questo era un crimine, era criminale l’intero sistema che se ne avvaleva. Lo stesso Craxi, all’epoca Presidente del Consiglio, presiederà al processo. Interrogato da Di Pietro, svuoterà il sacco, togliendosi qualche sassolino dalla scarpa. Verrà poi condannato in via definitiva per corruzione e finanziamento illecito. Cercherà invano di riportare il Partito Socialista Italiano al suo antico splendore, cercando di levare le pesanti calunnie mosse contro di lui e contro il suo partito, ma verrà sostituito da Scalfaro e dovrà dire addio alla sua presenza il Parlamento. Gli italiani davanti a questa pulizia gioirono come se avessero vnto un Mondiale, in quanto si stava radicalizzando quella possibilità che, dopo Tangentopoli, potesse esistere un paese migliore.

Antonio Di Pietro durante il processo.

MAGISTRATI CHE DIVENTANO POP STAR

In un processo dove spiccavano i volti protagonisti della classe politica dell’epoca, ad essere il vero protagonista fu il pubblico ministero Antonio di Pietro: classe 1950, era un semplice magistrato lombardo nel momento in cui venne chiamato a sostenere il processo Mani Pulite e, per tale ragione, venne definito da parte di Cirino Pomicino come una persona in cerca di notorietà. Non a caso, durante ila deposizione di Pomicino che lo vedeva coinvolto nell’aver riscosso una tangente, gli verrà chiesto se volesse le telecamere, rispondendo con un accenno di sorriso e con una risata tale da provocare il riso dello stesso Di Pietro.  All’epoca infatti, Di Pietro aveva una grande responsabilità: quella di mandare in galera i grandi nomi della politica. Fu considerato un eroe già per il fatto che avesse trascinato quei grandi nomi dal Parlamento al Palazzo di Giutizia e, pr tale ragione, l’onda mediatica del processo lo coinvolse così tanto che si ritrovò immortalato sulle copertine di TV Sorrisi e Canzoni col titolo “Di Pietro facci sognare”. Folle di giornalisti lo attendevano sotto le scale del tribunale di Milano e, infine, una fiumana di ammiratori di cui uno che gli porse in dono il suo “orologio morale”. Le immagini di Di Pietro che sfida la classe politica in tribunale durante le deposizioni come se fossero le sue prede farranno il giro del mondo. Nacquero anche merchandising come il sapone Mani Pulite. A sorreggere la fama del pm in quegli anni furono, oltre gli italiani che lo dipinsero come un eroe popolare, ma politici come Umberto Bossi, pronti a prendere il posto della prima repubblica che Di Pietro avrebbe presto spazzato via. Mentre politici e segretari finirono dietro le sbarre e la DC per la vergogna avrebbe presto cambiato nome, Di Pietro era simbolo di quella faccia buona del fare politica che non si vedeva dai tempi dell’onorevole Aldo Moro. Il nostro magistrato milanese era già noto per essersi occupato del caso Carretta, famiglia che dopo aver annunciato ad amici e familiari che sarebbero partiti col loro camper per una vacanza non tornarono più a casa. Fu proprio davanti le telecamere del programma Chi l’ha visto?, all’epoca condotto da Donatella Raffai, che Di Pietro ammise che la pista della fuga fosse da telefilm. Dopo il ritrovamento della camper in un parcheggio di Milano, la pista della fuga ai Caraibi comincerà a vacillare. Ferdinando Carretta, ritrovato a Londra dopo essere stato fermato dalla polizia, confesserà il triplice omicidio durante un collegamento con Chi l’ha visto?. Una confessione libera, senza filtri, che farà portare a casa un’altra vittoria per Di Pietro.

UNA CONDANNA PER L’ITALIA

Dopo la fine del processo e con l’arrivo delle elezioni, nacquero nuovi partiti che avrebbero avuto il compito morale di mandare avanti il paese dopo quella figuraccia internazionale. L’onda mediatica che ebbe il processo, nonostante all’epoca ci fosse solo il TG5 e giornali come il Corriere della Sera, fu straordinaria, tale da macchiare per sempre l’immagine del nostro paese. Pochi erano i media diffusi all’epoca e, in Italia, non era neanche diffuso Internet. Si attendeva infatti davanti al televisore le ultime notizie sugli arresti e le ultime immagini di Di Pietro uscire dall’aula vittorioso. Fu proprio davanti le televisoni che gli italiani assistettero all’ascesa di Forza Italia guidata dall’imprenditore Berlusconi, pronto a “scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica”. Dall’altra fazione abbiamo invece la Lega Nord, presieduta da Umberto Bossi, con il progetto di unire i movimenti dell’italia lombarda. In un Italia che cambia e che viene travolta dalle nuove forze politiche, il sapore della corruzione resterà amaro su molte lingue.  La volontà di voler cambiare il paese verrà rimossa dalla corruzione e da altri reati che vedranno anche queste nuove figure politiche fare la fila in tribunale. Difficile che l’onda mediatica di Mani Pulite possa ripetersi, questo perché nonostante da anni ci fossero dubbi in merito al loro operato, quando finì in prima pagina la notizia dell’arresto di Chiesa gli Italiani cadranno dalle nuvole. Con i pochi mezzi e i pochi media dell’epoca si mise in atto quella che si potrebbe definire come una rivoluzione diplomatica ma che, di rivoluzionario, ha avuto ben poco

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