Dalla scienza arrivano le risposte su come e perché le spade laser non vedranno mai la luce e gli scontri spaziali non assorderanno nessuno
Correva l’anno 1977 e nei cinema usciva Guerre Stellari, noto poi come Star Wars: episodio IV – Una nuova speranza, il film che ha dato il via a uno dei franchise più conosciuti al mondo. La saga è costellata di oggetti, personaggi e citazioni iconiche, ma quante di queste sono scientificamente accurate e realizzabili?
Le spade laser: una brillante idea impossibile
Se dici Star Wars, dici per forza (la battuta non è voluta) spade laser. Dal blu al rosso al verde, hanno una moltitudine di colori diversi e sono onnipresenti nella saga, compresi gli spin-off più disparati, costituendo l’arma prediletta da jedi e sith. I problemi però ad essa associati sono moltissimi. Tralasciando il fantasioso stile di combattimento acrobatico, cerchiamo di capire perché non possiamo realizzarle. Laser è l’acronimo di Light amplification by stimulated emission of radiation: in pratica si sfrutta una serie di atomi eccitati per concentrare una gran quantità di fotoni ed emetterla in un raggio unidirezionale e coerente. Una volta emesso, però, il raggio non si ferma se non è assorbito da un corpo: le spade laser dovrebbero essere di lunghezza infinita! Un bel problema da gestire, se non si vuole rischiare di tagliarsi da soli un arto e devastare tutto ciò che ci circonda. Si può pensare di utilizzare degli specchi per confinarlo, ma se anche si riuscisse a mantenere la spada ad una lunghezza accettabile, al nemico basterebbe coprire se stesso o l’astronave con una giusta dose di superfici riflettenti per essere al sicuro. Ma non solo: i laser sono prodotti con una tecnologia che utilizza energie elevate e che pertanto richiede un sistema di raffreddamento di dimensioni non indifferenti. Ve lo immaginate Obi-Wan che gira con un frigorifero sulle spalle?
Spettacolo e realtà, due mondi distinti
Nemmeno la spettacolarità che associamo agli scontri sarebbe realizzabile, per ben tre motivi. Innanzitutto un raggio laser è generalmente invisibile: solo se l’aria è molto polverosa o ci sono vapori abbastanza densi si può intravedere il bagliore. Nel quotidiano lo possiamo vedere con i puntatori laser: non vediamo un raggio continuo, ma solo il pallino rosso sulla parete. Una buona idea per accecare il nemico, ma certo poco pratica da gestire. Poi, due raggi di luce non possono cozzare come nei film: si attraverserebbero senza problemi, come del resto fanno tutti i raggi luminosi che ci circondano, visibili o invisibili che siano. Infine, un laser non produce suono, nemmeno se si rotea il dispositivo che lo produce. Gli swoosh così d’effetto, sono mera finzione: efficace, certamente, ma non veritiera. Qualche studio sulla fattibilità delle spade laser è stato condotto, ma i risultati sono univoci. I laser sono pericolosi? Molto, come dimostrano tutte le avvertenze che si trovano negli appositi laboratori fisici. Una spada laser è realizzabile? Con ogni probabilità no, salvo che in futuro non si faccia una qualche scoperta eccezionale che ci sveli una “Forza” in grado di controllare a tal punto la luce.

Battaglie epocali nel silenzio siderale
Un altro punto spesso criticato nei film di fantascienza è la quantità di suoni prodotti dagli scontri tra navicelle e dalle loro esplosioni al di fuori dell’atmosfera dei pianeti. In fisica, un suono è un’oscillazione delle molecole o atomi di un mezzo: in particolare si parla di onde di pressione perché le particelle si muovono attorno ad una posizione di equilibrio trasmettendo la perturbazione alle particelle vicine. Per questo motivo nello spazio non si dovrebbero sentire suoni: non c’è un mezzo fluido (anche se il suono si può trasmettere anche nei solidi) le cui particelle oscillando veicolano l’onda. A seconda di caratteristiche del mezzo come la densità o il calore specifico, è possibile calcolare la velocità a cui il suono si propaga in esso: nell’aria, ad esempio, viaggia a circa 340 m/s. Nello spazio però la questione è diversa: al di fuori dell’eventuale atmosfera di un pianeta, la materia è pochissima ed estremamente rarefatta, se non assente. Ciò in generale impedisce la propagazione del suono.

Voyager 1: una “nuova” speranza per il suono nello spazio
Nonostante tutto si può speculare sugli effetti sonori dei film, soprattutto grazie ad un annuncio della NASA risalente al 2012/2013. In quegli anni, infatti, la sonda Voyager 1 che era stata lanciata da Cape Canaveral nel 1977 era finalmente arrivata alla zona di eliopausa, ovvero la fascia di plasma interstellare dove si ferma il vento solare. Il plasma altro non è che gas ionizzato e costituisce una sorta di quarto stato della materia, dove prevalgono le forze elettriche. Cosa centra con il suono tutto ciò? Incredibilmente, è proprio grazie al suono che sappiamo dove si trova la sonda. Nonostante il sensore per le onde di plasma si fosse danneggiato nel 1980, gli scienziati sono riusciti a captarne per ben due volte le vibrazioni, a novembre 2012 e a maggio 2013, capendo così che Voyager 1 aveva raggiunto la zona di plasma. Si tratta di veri e propri suoni, registrati nello spazio alla massima distanza dalla terra cui siamo mai riusciti a mandare un oggetto da noi costruito. Lo spazio non è dunque tanto silenzioso quanto si credeva, ma è una magra consolazione per la fantascienza, visto che sarebbe improbabile ambientare tutti gli scontri in zone del genere.
Questo video, realizzato e pubblicato dalla Nasa, consente di ascoltare i suoni del plasma interstellare: sono sibili e fischi, ma nonostante ciò rappresentano un’importante scoperta.