“Sono le nostre scelte”: la filosofia dietro il rapporto fra Harry Potter e Voldemort

Due personaggi antagonisti, ma con un’inquietante somiglianza…

Fonte: https://unsplash.com/@rae_1991

Harry è il buono della storia, “il Prescelto”, “il bambino che è sopravvissuto”. Ma dentro di sé nasconde oscurità e tormenti interiori, tanto da dubitare del suo ruolo, della sua identità. É davvero così distante da Voldemort? Vediamolo attraverso la filosofia. 

Serpeverde o Grifondoro

Harry, alla fine della Camera dei Segreti, entra nell’ufficio del preside della scuola di magia di Hogwarts, il grande Albus Silente, affermando: “il Cappello Parlante aveva ragione, dovrei essere fra i Serpeverde”. Quest’ultima è una delle quattro case della scuola, famosa per essere quella che produce i maghi più malvagi della storia, ossessionati dalla “purezza” del sangue magico: tra cui il terribile Lord Voldemort, nemico del giovane Potter. Perché una domanda del genere? Durante l’intero corso della saga egli nota delle incredibili somiglianze caratteriali e comportamentali proprio con il mago oscuro, ma anche poteri molto simili: il più inquietante? Essere in grado di comunicare con i serpenti, tutt’altro che comune nel mondo magico, sintomo spesso di  malvagità. Le ragioni di questa connessione emergeranno durante il corso della saga, ma i dubbi, per Harry, continuano ad avanzare: è così diverso da Voldemort? È realmente un Grifondoro (la casa a cui è stata assegnato, tradizionalmente formata da streghe e maghi coraggiosi, difensori dei più deboli)? Tradotto in termini filosofici: cos’è che definisce davvero la sua identità? 

Lo stemma di Serpeverde, fonte: https://unsplash.com/@rhii

Oltre l’oscurità

L’ambiente in cui qualcuno cresce e le sue propensioni caratteriali sembrano descrivere in maniera esaustiva il ritratto di una persona: cosa siamo se non i nostri desideri, le nostre intenzioni, le nostre capacità? Sicuramente dipingono Harry e chiunque di noi, ma la vita è tale che ci porta a mostrare anche un altro lato, direbbe il filosofo Søren Kierkegaard: la necessità di scegliere. Del doversi mostrare, con il tempo, attraverso ciò che facciamo. Egli crede che l’uomo sia in una perenne condizione di equilibrio effimero, un mondo fatto di innumerevoli possibilità di vita attraverso le quali l’uomo deve imparare a compiere una scelta, ed è la natura di quest’ultima a rivelare la propria identità. Nell’Ordine della Fenice, parlando con il padrino Sirius Black, Harry confessa i suoi tormenti sulla somiglianza con Voldemort, ai quali il primo risponde: 

“Tu non sei una persona cattiva Harry. Sei una persona buonissima, a cui sono capitate cose cattive […]. Tutti abbiamo sia luce che oscurità dentro di noi. Ciò che conta è da che parte scegliamo di agire. È questo quello che siamo”.

Non sono le sue visioni aggressive, la sua rabbia sempre più crescente o i suoi particolari poteri a descriverlo: semmai, sono le sue reazioni a queste condizioni che mostrano chi è Harry Potter. Tutto ciò si basa sul fatto che le persone non siano un semplice aggregato composto dagli stimoli che l’ambiente gli presenta, un individuo in balia di eventi che hanno come risultato quello di produrre necessariamente determinati caratteri e sentimenti che identificheranno la persona. Nella visione di Kierkegaard c’è una sfera insopprimibile di libertà che all’uomo permette di resistere a ciò che la vita, alcune volte crudelmente, gli presenta. Sì, spesso siamo costretti a viaggiare controcorrente, ma il fatto di dirigerci contro di essa è già una scelta che ci definisce. Altrimenti, sarà la corrente a farlo al posto nostro. É il fatto di reagire a quel pozzo profondo di oscurità che vuole avvolgerlo che rende Harry diverso da Voldemort. Nulla è necessario: soprattutto nel modo in cui guardiamo a noi stessi secondo Kierkegaard. 

Lo stemma di Grifondoro.

“Sono le nostre scelte”

Gli eventi e i traumi del passato hanno sicuramente forgiato la personalità di Harry, ma non come degli artigiani che ne hanno plasmato interamente il carattere: il mago è il risultato della forza che ha avuto per rialzarsi da quelli, nonostante la loro presenza, coraggio che non ha avuto Voldemort. E a proposito di scelte, secoli e secoli fa un filosofo come Platone ha descritto nella Repubblica il mito di Er, nel quale si racconta come nell’aldilà le anime scelgano il tipo di vita che vorranno condurre in base all’esperienza della vita precedente. Così, una volta in vita, le azioni che compiono, che sembrano figlie del carattere casuale e fortuito con il quale la persona è nata, sono in realtà frutto di quella scelta originaria. Ora, non è importante verificare se il mito sia autentico o meno, perché Platone ci lascia un insegnamento più grande: siamo chi siamo in base alle scelte che compiamo fra gli eventi esteriori e i tormenti interiori, in base a come reagiamo a questi. 

Ma, in tutto questo, Silente cosa ha risposto a Harry? Non diversamente da come hanno fatto i filosofi citati:

“É vero Harry: possiedi molte di quelle qualità che Voldemort personalmente apprezza […]. Perché allora il Cappello Parlante ti ha assegnato a Grifondoro?”

E il ragazzo risponde: 

“Perché gliel’ho chiesto io”.

Allora Silente:

“Esatto Harry, esatto! Perciò sei diverso da Voldemort: non sono le nostre capacità che dimostrano chi siamo davvero, sono le nostre scelte”.

 

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.