Siamo tutti Truman show: il libero arbitrio che ci insegnò Jim Carrey

Il tema del libero arbitrio spiegato da Truman.

Jim Carrey, in una delle copertine del Truman Show

Cult pop dagli anni ’90, straordinaria prova attoriale del già volto hollywoodiano Jim Carrey, il Truman Show è forse uno dei film più pregni di filosofia mai realizzati. Sulla scia della moda nascente di raccontare la vita in televisione attraverso i reality show, Peter Weir fa suo il tema, lo ingigantisce, e finisce che intrappola Jim Carrey a Seaheaven lasciando Cristof a burattinarlo dalla falsa luna dove ha sede lo studio. Cioè: pura satira fantascientifica. Una pellicola che, oltre alla brillante realizzazione del suo regista, vanta un background culturale, umano e filosofico davvero notevole, che costringe a una riflessione ancor più profonda.

Filosofie dietro al Truman Show

Il Truman Show non è che un manuale di antropologia travestito da commedia e brillantemente realizzato. L’uomo di Seaheaven è un uomo che nasce libero ed è sempre in costante ricerca di libertà e verità, esattamente come l’essere umano in generale. Banale ma vero, nel Truman Show ci siamo noi. Il più profondo desiderio dell’uomo è proprio quello di farsi artefice del proprio destino, di costruire un rapporto genuino con il prossimo e di superare le proprie paure (come farà Truman nel film, quando supererà la paura dell’acqua e sfiderà “l’oceano” in cerca della libertà). E in questo senso il finale offre un riscatto liberatorio, come se un individuo, per quanto lo si possa ingabbiare, non possa essere imprigionato a oltranza. Tutte le interpretazioni del film poggiano su questa specifica base antropologica, per variare poi dall’ontologico fino al teologico. Alcuni lo accostano alla corrente dello gnosticismo, quella per cui il mondo in cui viviamo è fondamentalmente falso ed è il risultato del processo di creazione che il Demiurgo – figura dalla grande fortuna filosofica – ha portato a termine. Un altro riferimento religioso è quello al Libro di Giobbe, la stessa traccia che verrà ripresa da Kierkegaard, per cui Satana impone a Giobbe una serie di dure prove per vedere se desisterà nella sua fede. Altri ritrovano un’allegoria nel Giardino dell’Eden, che ha come protagonista il biblico Adamo e quindi lo stesso Truman. Poiché  ha mangiato dall’albero della conoscenza, ora il nostro Adamo/Truman se ne vuole andare dalla città perfetta: significativa in questo senso è la frase con la quale Christof apre il dialogo con Truman ”Io sono il Creatore di uno show televisivo”. E allora Seahaven Island diventa l’Eden, l’unico luogo dove l’uomo può essere ancora protetto dagli abusi e dalla malvagità del mondo, ma nonostante ciò ne vuole rifuggire. Lo stesso luogo dove è ambientato lo show viene chiamato Seaheaven, letteralmente ”rifugio di mare”, ”porto sicuro”; e ha in sé contenuta la parola heaven, che volutamente richiama l’idea di un luogo idilliaco.

Truman Burbank (interpretato da Jim Carrey) nella scena iniziale del film

La scelta dei nomi

I nomi dei personaggi del Truman Show non sono scelti a caso. E il primo infatti è Truman, composto dalle due parole inglesi true e man e che fanno di lui l’unico essere reale di tutto lo show. Tutti gli altri sono dei falsi: il migliore amico Marlon, come Marlon Brando, e la moglie Meryl, e quindi Meryl Streep, portano volutamente il nome di due celeberrimi attori, come a sottolineare ancor di più il loro carattere finzionale. Il creatore dell’universo di Truman invece è un’evidente allusione a Cristo. E infatti Christof ”il Creatore dello show” osserva il suo mondo dal cielo, all’interno della falsa luna dove ha sede lo studio, come Dio – in questo caso un po’ diabolico – di quel mondo. Ma non è un Cristo vero e proprio: piuttosto un Christ-off, un Cristo assente, che in realtà, alla fine, non c’è.

Immanuel Kant (1724-1804), fra i più importanti filosofi a occuparsi della questione della libertà

Il libero arbitrio

Quello del libero arbitrio è un tema filosofico dalle radici antichissime. Nasce nel momento in cui subentra il concetto di onnipotenza divina, e quindi la teologia cristiana, che necessariamente inizia a confliggere con la questione della libertà. Il primo a parlarne era stato infatti Agostino d’Ippona, uno dei padri della chiesa nonché tra i massimi pensatori cristiani. E infatti inizialmente traccia lo stesso percorso della riflessione teologica, muovendo dalla scolastica alle dispute tra Lutero, Erasmo e Calvino che seguirono la riforma, quindi molinismo e giansenismo. Nonostante l’affermarsi dopo Cartesio del pensiero moderno, che s’interessa più dell’esperienza terrena dell’uomo, sono molti i filosofi che tentano di conciliare la questione del libero arbitrio con quella di divinità. Primi fra tutti, o almeno i più completi, Leibniz e Spinoza. Come sempre sulla scia dei cambiamenti storici e delle nuove scoperte in campo scientifico, si faranno strada nel Settecento le solite correnti di determinismo e quelle opposte a esso, fino ad arrivare a sistemi imponenti come quello di Kant o quello ancor prima dello scozzese David Hume. Le declinazioni poi che assume la questione nel corso di Otto e Novecento sono complesse, profonde e articolate, e provare a spiegarle qui sarebbe riduttivo. Si può però dire che oggi a dominare la discussione sul libero arbitrio provano le neuroscienze, che vogliono affermarsi sulla filosofia e in questo toglierle terreno rivendicando una maggiore oggettività. Anche se come diceva Husserl ”Il fatto che la scienza ci permetta di raggiungere, matematicamente, la verità delle cose, non significa che quella stessa scienza sia il mezzo per raggiungere anche la verità dell’uomo, che è qualcosa di molto più profondo e, appunto, umano”.

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