Sono varie le testimonianze in letteratura: i testi latini ci descrivono la ‘bella vita’ dei Romani.

Siamo in tempi di festa, nonostante ci sia ancora ben poco da festeggiare, tra pandemia, alieni alle porte, e le vacanze stesse che, per chi ne abbia avute, stanno per finire. Intanto, perché non confrontarci con i nostri antenati sul tema della vita beata?
LE NOSTRE ABITUDINI
C’è un modo molto semplice per riconoscere l’affinità tra noi e qualcuno che ci ha preceduto. Basta guardarsi allo specchio, e notare quei tratti che ci fanno tanto simili ai nostri padri. Oggi, magari, lo specchio preferiamo usarlo in senso metaforico, date le tavolate… Che sia una questione di abitudini culturali legate al medesimo ambiente geografico e alle relative condizioni climatiche? Che sia l’innato istinto dell’animale-umano? Oppure ancora quella voglia irresistibile di lasciarsi alle spalle la città – per chi ci abita, s’intende – specialmente in un mondo iper-frenetico come il nostro ? Fatto sta che, in occasione della Pasquetta, gli italiani tradizionalmente desiderano ritirarsi in campagna, o in qualsiasi altro dove in natura, per condividere un pasto o passare del tempo con i propri cari. Questo è il secondo anno in cui è difficile dimostrare che sia davvero così. Ma attendendo tempi migliori, guardiamo a quelli passati.

QUESTIONE DI OTIUM
C’è una sostanziale differenza tra l’otium e il negotium. Un buon cittadino romano sapeva che per condurre una vita giusta serviva miscelare entrambe le cose nelle giuste quantità. Ma di cosa si tratta esattamente? Questi due termini sono delle etichette per identificare determinate attività. Nel primo gruppo, quello degli otia (piccola nota grammaticale per gli appassionati di grammatica latina: la –a è la desinenza dei neutri plurali) rientrano tutte quelle attività che si possono svolgere lontano dagli impegni della vita pubblica. Con i negotia invece si identificano le incombenze proprie della vita quotidiana: il lavoro, la vita del foro, insomma, quella che oggi chiameremmo ‘produttività’. Ma non è detto che l’otium coincidesse con il bivacco infruttuoso. Ne vederemo tra poco una testimonianza. Per vivere una vita beata, è intuibile, si presupponeva l’esercizio dell’otium. E nonostante le diatribe sul tema tra stoici, epicurei e cinici, tutti erano d’accordo su questo.
LA VITA BEATA NELLE LITTERAE
Il tema della vita beata percorre molta storia della letteratura latina. Era sicuramente un tema molto sentito, dato che la contrapposizione tra otium e negotium era cruciale nella vita dei Romani, e scandiva il suo ritmo tra attività pubbliche e private. Il primo esempio che viene in mente è forse proprio il dialogo De vita beata di Seneca. Non bisogna farsi ingannare dal titolo. Al contrario di ciò che potremmo pensare in un primo impatto, le idee del filosofo stoico, ruotano attorno ad una felicità interiore, raggiunta e vissuta tramite l’esercizio della virtù. Una giusta commistione di piaceri intellettuali e fisici la troviamo invece in Marziale che almeno negli epigrammi V-20, II-90 e X-47 ci mostra i suoi ingredienti perfetti: una casa di campagna, un focolare e la giusta compagnia, o ancora le terme, un podere fertile, la mancanza di impegni. Anche Plinio il Giovane dimostra di amare la vita di campagna che, come descrive nell’epistola XXXVI del libro IX, gli permette di rilassarsi e di esercitarsi nell’arte della parola. Il II epodo di Orazio, in fine della nostra breve carrellata, è una summa perfetta di tutto questo: l’uomo beato vive una vita idilliaca, in mezzo alla natura, fino a sentirsene parte. Leggendo questi brani proposti, si scopre il senso della pace e dell’equilibrio: due energie che, nel buio che stiamo vivendo oggi, possono rischiarare almeno un po’ i nostri animi fuori forma.